mercoledì 10 Aprile 2024
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Dario Ciarlantini: “Adesso si aumenta di dieci centesimi la tazzina ma ormai è troppo tardi e non bastano già più”

La parola all'esperto:"Oggi siamo di fronte ad un loop dove l’espresso e cappuccino costano poco, il titolare non incassa a sufficienza e il barista prende uno stipendio basso. Questo loop è generato da un cortocircuito: lo stipendio del barista è indissolubilmente e indirettamente legato al prezzo dell’espresso (e cappuccino)."

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MILANO – Dario Ciarlantini, oggi consulente e formatore di grandi aziende legate al mondo del caffè e dell’espresso italiano tradizionale, offre il suo punto di vista sulla situazione del barista. Che oggi è legata a doppio filo soprattutto al costo della tazzina. Ma non soltanto a quello. Perché i costi d’esercizio, a cominciare dalle tasse di tutti i tipi, sono tali da scoraggiare i meno decisi. Riportiamo qui sotto l’intervento di Dario Ciarlantini.

di Dario Ciarlantini

“Ma se aumentassi il prezzo del “caffè” poi non entrerebbe più nessuno.” A volte mi verrebbe da rispondere: “Meglio, così vai a fare un lavoro più redditizio”.

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Cinico? Forse, obiettivo, direi.

Oggi siamo di fronte ad un loop, un gatto che si mangia la coda, dove l’espresso italiano e il cappuccino costano poco, il titolare non incassa a sufficienza e il barista prende uno stipendio molto basso. Questo loop è generato da un cortocircuito: lo stipendio del barista è indissolubilmente e indirettamente legato al prezzo dell’espresso e a quello del cappuccino.

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Dario Ciarlantini (foto Romedia)

Vediamo qualche esempio da altri settori. Un commesso di un negozio di elettronica raramente è un tecnico elettronico o un ingegnere informatico. Così come un commesso di abbigliamento non è sempre un esperto di tessuti.

Eppure entrambi questi addetti hanno un contratto di lavoro simile o spesso migliore di un barista altamente professionale. Figuriamoci rispetto ad un barista, seppur esperto, ma non formato a dovere.

Ripeto spesso questa frase per introdurre un concetto: almeno l’80% dei locali che cercano personale non potrebbero permetterselo, e il resto approfitta della situazione. Questo è dovuto ad uno scarso approccio manageriale.

Molti locali in Italia sono a conduzione familiare che spesso è sinonimo di gestione approssimativa. Parlare di drink cost o business plan sembra tempo sottratto al lavoro.

Per questo la linea guida è sempre “cercare di risparmiare sui costi”, non “ottimizzazione” ma risparmio. In casi estremi si aumenta il prezzo di vendita “ma non troppo, altrimenti…”. E il costo più facile e corposo su cui risparmiare è sempre lo stesso: il personale.

Tantissimi locali italiani sono in sofferenza

L’aumento generalizzato e vertiginoso dei costi delle materie prime ha enfatizzato questo cortocircuito. Così si corre ai ripari aumentando la tazzina di 10 centesimi. Ma ormai è troppo tardi, non bastano più. Tantissimi locali sono in sofferenza.

Il dibattito attuale verte sul fatto che “è giunto il momento di puntare sulla qualità (del prodotto e del servizio)”.

Concordo. Anche nel mio mondo ideale un espresso dovrebbe costare almeno 1,50€, ma stiamo parlando di un’altra categoria di prodotto: chi vende ora un espresso ad 1,50€ lo vendeva allo stesso prezzo anche 6 mesi fa.

C’è però un 90% (stima personale) di locali italiani dove il costo della tazzina oscilla tra 1€ (a volte meno) e 1,20€, e molti di loro difficilmente riusciranno a fare il salto di qualità. Per questa categoria potrebbe essere utile la consapevolezza di una situazione che probabilmente già sanno inconsciamente.

Che cioè l’espresso e il cappuccino sono dei prodotti civetta, come l’acqua di sorgente o la pasta in offerta nei supermercati. Servono cioè per attirare clienti e marginare con altri prodotti.

È lì dove si gioca la partita che il drastico calo delle slot machine, ha reso più interessante perché ha costretto ad uno sforzo di fantasia e capacità. Così adesso ci si orienta sul food, sui drink, sui servizi aggiuntivi, diventati oramai sempre meno accessori e sempre più spesso fondamentali per la sopravvivenza dei nostri locali tradizionali.

Ciarlantini: I titolari devono assumere una nuova consapevolezza di tipo manageriale

Di pari passo deve crescere la competenza dei titolari, che farebbero bene a staccarsi l’etichetta di ‘conduzione familiare’ ed iniziare un percorso più manageriale.

Il loop, il ciclo continuo di cui parlavamo rischia di generare un vortice: il disamoramento dei giovani per questo lavoro, sempre più temporaneo, di passaggio. Per ragazzi che hanno altre ambizioni. Infatti di questi tempi sono sempre meno le persone giovani che ci costruiscono sopra il proprio futuro.

Una volta si diceva che il barista era uno dei mestieri più belli del mondo.

Sì, anche oggi. Ma lavorare per 800€ o, per i più fortunati, 1000€ al mese per 40 ore settimanali abbassa notevolmente l’entusiasmo. Poi ingenuamente ci si lamenta della carenza di personale e dei ragazzi che non studiano da baristi ma da cuochi, pardon da chef, pardon da Masterchef. O c’è chi sceglie di fare il corriere per Amazon.

Per riassumere:
1. Consapevolezza di quale tipo di business si sta portando avanti.

2. Formazione manageriale continua dei titolari.

3. Selezione naturale dei locali non economicamente sostenibili.

4. Contratti di lavoro adeguati.

E ne usciremo più forti di prima… forse… speriamo.

Dario Ciarlantini

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