mercoledì 10 Aprile 2024
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La forza delle professioniste dell’espresso: Caroli, Di Dio, Goppion, Ninfole, Pirovano, Vergnano, Zanon e Zecchi

Donne che si impegnano, diventano campionesse, spingono la cultura del caffè, costruiscono macchine, tostano, valutano il verde, viaggiano alle origini, avviano startup e chapter internazionali, fanno ricerca sulla materia prima, fondano associazioni

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MILANO – L’8 marzo, giornata internazionale dei diritti delle donne, è un momento di riflessione sulla condizione della donna nella società, inserita nel mondo del lavoro, e allora, capiamo qual è la situazione attuale nel dettaglio del settore caffè: coinvolte in questa occasione, alcune delle voci di professioniste che da anni si muovono sul campo, dietro al bancone, dietro i banchi di scuola, dietro gli stand nelle fiere di tutto il globo, alla guida di torrefazioni.

Mantenendo l’equilibrio tra vita personale e lavorativa, che è così difficile ancora oggi da mantenere proprio per le donne.

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Donne, che non solo faticano per farsi strada all’interno di un sistema impostato al maschile, ma devono a volte competere anche con le altre, quasi che non bastasse lo spazio per tutte.

Donne che si impegnano, diventano campionesse, spingono la cultura del caffè e dell’espresso, costruiscono macchine, tostano, valutano il verde, viaggiano alle origini, avviano startup e chapter internazionali, fanno ricerca sulla materia prima, fondano associazioni e poi…tornano a casa.

Portandosi con loro le responsabilità e i successi di una carriera a volte più difficile di quanto non dovrebbe essere.

Dà il via Carolina Vergnano, CEO di Caffè Vergnano

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Carolina Vergnano, ceo Caffè Vergnano (immagine concessa)

“Mi considero una donna molto fortunata per essere a capo di una realtà così importante e questo anche grazie a chi mi sta a fianco, ogni giorno, nella conduzione della nostra azienda familiare: mio padre, mio zio, mio fratello e mio cugino. Il nostro è davvero un lavoro di squadra. Con loro, condivido da sempre anche la convinzione dell’importanza delle donne nelle aziende.

La loro passione, la loro determinazione, rappresentano un valore aggiunto per tutti, e non solo in un’impresa famigliare come la nostra.

Questo pensiero, costante negli anni, mi ha portata anche a schierarmi concretamente dalla parte delle donne e a costruire un progetto fortemente voluto e ambizioso, come Women in Coffee.

Un sogno in rosa di sostenibilità sociale, con l’obiettivo iniziale di supportare progetti che promuovono il ruolo delle donne nelle piantagioni di caffè ed oggi divenuto un vero e proprio contenitore di iniziative che parlano di equità di genere, di cultura e di inclusione.
Women in Coffee è quindi il mio desiderio per il futuro, con lo scopo di contribuire ad educare le nuove generazioni al rispetto e alla consapevolezza del sé.”

Sul legame tra la questione di genere e culturale rispetto al fare imprenditoria in Italia, Rossella Ninfole risponde così:

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Rossella Ninfole (immagine concessa)

L’impresa e il lavoro interpretato al femminile sono misure anti-cicliche per eccellenza. Un posto di lavoro dato ad una donna, corrisponde alla creazione di altre tre nuove occupazioni destinate ad esempio al settore dei servizi, della cura e dell’assistenza. Pertanto investire nelle donne non è solo un fattore etico, morale, culturale, ma anche economico che ad ogni impresa che agisce sul mercato dovrebbe interessare.

Poi come Ninfole abbiamo preso a cuore l’idea che per fare buona impresa su ogni territorio bisogna far sì che localmente si sia in grado di vedere realizzate e compiute tutte le opportunità di accesso e fruizione all’educazione, alla formazione e alla cultura.

Un territorio evoluto dal punto di vista culturale risponde meglio alle richieste che ad esempio l’Europa ci richiede verso la transizione economica, ambientale ed energetica.

Essere donna, in questo senso, non è un discrimine, ma è un valore aggiunto, che io alla guida di una società storica (la Torrefazione Ninfole è nata nel 1921), con all’interno uomini e donne che condividono tali valori, sono in grado di sostenere proprio alla squadra che siamo riusciti a creare”.

Silvia Goppion, amministratore delegato della Goppion Caffè di Preganziol (Treviso):

silvia goppion
Silvia Goppion sul campo (immagine concessa)

“Parte di quello che siamo oggi e del sentimento che accomuna noi di famiglia parte anche dal trascorso di mio nonno Angelo, mandato in Etiopia per motivi militari negli anni trenta del Novecento.

Una volta in Italia e dopo la fine della guerra, sempre Angelo inizia a lavorare il caffè in un piccolo laboratorio nel centro della città di Treviso. È il 1948. Altri due fratelli partono per il Venezuela dove faranno lo stesso mestiere diventando anch’essi torrefattori.

Dopo questa generazione di uomini la nostra azienda ha visto l’ingresso di due donne in azienda: prima mia cugina Paola, poi io. Oggi la direzione è alla metà femminile e questo vale anche per i nostri collaboratori e per i nostri responsabili di reparto.

Io ho potuto capire da mio padre Sergio, che aveva imparato da suo padre Angelo, la bellezza di assaggiare il caffè affiancandolo nel comporre le miscele che sono il nostro gusto. Oggi Paola è responsabile comunicazione e marketing, mentre io mi occupo della selezione del caffè crudo e di tutto quello che riguarda il suo acquisto, con le mille difficoltà che comporta. Posso dire di esser felice di fare questo lavoro.

Tornando all’azienda: la flessibilità negli orari rende possibile una vita, anche familiare, migliore. La riduzione delle pause lasciano liberi tutti prima, alla sera, e al venerdì dalle 16.

Con CSC (Caffè Speciali Certificati) del quale facciamo parte dal 1996 abbiamo avviato una collaborazione con la Onlus romana Amka a favore di 80 donne indigene del Guatemala che hanno potuto iniziare a produrre caffè buono e raggiungere una loro indipendenza.
Sono piccole azioni ma che si proiettano verso il miglioramento di situazioni di vita difficili nel mondo.”

Cristina Caroli dà il suo contributo per l’8 marzo da dietro al bancone

Un primo piano di Cristina Caroli (foto concessa) sca
Un primo piano di Cristina Caroli (foto concessa)

“Ho iniziato in caffetteria al contatto con i clienti e poi in vari ruoli ed attività che questo settore offre a chi si pone obiettivi più ambiziosi. I limiti di genere mi fanno ridere, sono come la superstizione: esistono solo se ci credi.

Credo invece che precisione, empatia e naturale multitasking siano dotazioni femminili vincenti, lo dimostra il fatto che vediamo sempre più donne nelle competizioni e fregiarsi del titolo di Campionesse.

Una cosa vorrei sottolineare: la forza e determinazione di tutte le colleghe professioniste che ogni giorno coniugano ruoli impegnativi di compagne, single o madri, con la vita davvero dura e complicata della barista. Sono loro per me le vere Wonder Woman.

Alessandra Di Dio, Marketing & Communication Coordinator SCA Italy:

Stefania Zecchi a sinistra e Alessandra Di Dio a destra SCA Italy
Stefania Zecchi a sinistra e Alessandra Di Dio

“Non c’è un unico modo di essere donna, di questo sono sicura, e personalmente mi mette i brividi constatare che spesso la “vera donna” è un’etichetta maschilista, che ci vede come mogli devote, madri premurose, pronte al sacrificio, che non si negano quel filo di trucco.

In ambienti come quello di SCA, per fortuna, siamo lontani da questi stereotipi. È una piccola rivoluzione, infatti, puntare sulla formazione dei baristi, per esempio, anziché sul loro genere o sull’aspetto fisico e io sono felice di farne parte!”.

Dalla stessa Associazione, Stefania Zecchi, Membership Coordinator SCA Italy ricorda un’altra figura femminile importante del settore

“Ogni anno in occasione della Festa della Donna il mio pensiero va a colei che prima di tutti ha dimostrato un grandissimo interesse e passione verso il mondo dei caffè speciali. Erna Knutsen iniziò la sua carriera come segretaria di un’azienda commerciale di caffè e rimase affascinata dai caffè speciali che venivano scambiati insieme ai caffè commerciali di base.

Fondò la sua società la Knutsen Coffee ltd. combattendo fermamente contro un mondo maschilista che non permetteva ad una donna di prendere parte ad una sessione di cupping come da lei stessa raccontato.

Le newsletters che Erna inviava ai suoi clienti divennero ben note grazie al suo stile e ispirarono generazioni di coffeelover e professionisti. Erna ha dato un linguaggio al movimento del caffè speciality.

Il termine Specialty è stato proprio coniato da lei. Mi sarebbe piaciuto tanto sedermi al tavolino con lei e sorseggiare una tazza di caffè speciale!”

Elonora Pirovano, Presidentessa IWCA Italia ripercorre il lavoro fatto anche alle origini:

Eleonora Pirovano, IWCA Italia (foto concessa)

L’Empowerment femminile racchiude l’essenza del nostro impegno come associazione, questo termine indica un percorso che ha come obiettivo la consapevolezza e il controllo sulle decisioni e sulle scelte da parte delle donne.

In questi anni abbiamo riunito aziende e istituzioni che vogliono essere parte del cambiamento, attraverso l’acquisto di caffè proveniente da piantagioni gestite da donne.

È questo è solo l’inizio: vogliamo fare molto di più in maniera sempre più attiva. Insieme al capitolo IWCA brasiliano vogliamo dare la possibilità ai nostri associati di volare in Brasile per un viaggio alla scoperta delle piantagioni a 360 gradi per vedere da vicino il mondo del caffè al femminile.

IWCA Italia si impegna anche su territorio nazionale; grazie alla collaborazione dei nostri associati abbiamo attivato corsi di caffetteria professionali volti ad aiutare donne con trascorsi di vita difficili a reinserirsi nel mondo del lavoro.

Una donna libera di scegliere è una donna felice.”

E Renata Zanon, da trainer e consultant si aggiunge al coro con una nota dissonante:

renata zanon
Renata Zanon, Coffee and Latte Art Training

“Non siamo uguali. Ammettiamolo. Dal punto di vista genetico, biologico, fisiologico e anatomico l’uomo e la donna sono diversi. Questo però non dovrebbe più essere discriminatorio a livello di opportunità e, soprattutto, di rispetto. E invece è ancora così.

All’estero, nonostante avessi personalmente smontato, rimesso in funzione e rimontato un grinder, le persone non mi rivolgevano la parola, ma parlavano solo con il mio collega. Purtroppo però il peggio l’ho visto qui in Italia, con certi imprenditori che dicono alle loro dipendenti che “una donna in età fertile o già mamma è un problema”.

E poi ci siamo noi. Le donne, quelle che puntano il dito contro le altre donne. Per non sminuirsi bisognerebbe capire che utilizzare il proprio corpo come immagine di marketing, è una conseguenza del sistema in cui viviamo, nel quale il main sponsor sono gli uomini.”

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