giovedì 11 Aprile 2024
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C’è il Caffè di Balistrieri: 12 chili di verde coltivato nella piantagione in terra sicula

Cafiso, il consulente crudista: "Abbiamo deciso di aprire la farm per permettere a professionisti del settore di provare l’esperienza diretta della raccolta del caffè e del suo processamento in Italia, senza doversi recare in una piantagione all’estero. Il corso ha una durata di tre giorni"

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MILANO – L’Italia Paese dell’espresso, che trasforma il chicco da verde a torrefatto: ultimamente sono diversi i casi che abbiamo riportato, dal progetto di Morettino all’Orto di Nonno Nino dei due fratelli Rosolino, di piccole piantagioni siciliane che stanno dando i loro frutti. Il cambiamento climatico sta spostando progressivamente le regioni produttrici e questi sono alcuni piccoli segnali di questo processo in avanzamento. Questa volta raccontiamo della storia dell’agricoltore Giovanni Balistrieri che in provincia di Ragusa è arrivato al quinto raccolto del suo caffè, con il supporto tecnico di Adriano Cafiso, crudista con alle spalle oltre 15 anni nei Paesi produttori tra Brasile, Uganda e Congo e con un passato da coffee hunter per Caffè Moak.

Partiamo dall’inizio: quando avete deciso che il terreno di Giovanni Balistrieri potesse esser idoneo alla pianta del caffè? Dove si trova questo campo?

“La coltivazione di caffè di Giovanni Balistrieri si trova a Santa Croce Camerina di Ragusa ed è la più antica su suolo: è stato lui che più di quindici anni fa ha deciso di coltivare delle piantine provenienti dalla Colombia. Oltre a quello portato avanti da Giovanni, esiste un altro esperimento di questo genere all’interno dell’”Orto di Rosolino” a Terrasini e nella zona di Milazzo, che andrò a visitare non appena rientrerò dall’Asia.”

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Siete alla quinta raccolta: quali varietà avete coltivato e quanti sacchi avete raccolto? Da dove arrivano i semi?

“Siamo ormai giunti al quinto raccolto che processiamo, ma come ho già accennato la piantagione ha più di quindici anni alle spalle. Inoltre, sappiamo che le piante di caffè cominciano a produrre dopo tre anni. Se i primi semi di Coffea Arabica erano colombiani (varietà Bourbon rossa e gialla), in seguito abbiamo coltivato Pacamara e Geisha del Perù, alcune Heirloom Etiopi, e altre prove di ulteriori specie (Canephora, Pourpurienses, Liberica). In questo arco di tempo abbiamo ottenuto le figlie delle prime piante che sono a loro volta diventate produttive.

La ciliegia siciliana di Balistrieri (foto concessa)

Ovviamente sappiamo che non possiamo importare direttamente le piante, e per questo puntiamo a creare il nostro patrimonio genetico. Regaliamo per questo motivo tanti alberi (figli dei nostri) agli agricoltori della zona, agli appassionati e anche alle torrefazioni che ne fanno richiesta.

Per quanto riguarda delle stime più precise, bisogna considerare che più o meno la produzione di una pianta adulta in Sicilia che non supera il chilo di drupe. Questo significa che un albero può produrre 150 grammi di caffè verde secco. La piantagione di frutta tropicale in tutto è di un ettaro.

balistrieri
Il periodo di fioritura (foto concessa)

Sono quantità che nessuno riesce a ottenere in Sicilia e ancor meno in generale in Italia, quindi sono notevoli anche se sembrano limitate”.”

E il primo raccolto com’è andato? Cosa avete imparato da allora a oggi?

“Già dal primo raccolto abbiamo subito capito che dovevamo lavorare sulla consistenza e sulla densità del chicco. La piantagione si trova a livello del mare (poco distante dalla famosa Casa di Montalbano), e questa collocazione la rende ancora più unica al mondo. La densità del chicco cresce all’aumentare dell’altura e l’unica possibilità che ci restava era quella di intervenire sul nutrimento e sul benessere della pianta stessa.

Come ho raccontato prima, una pianta adulta in Sicilia non può riuscire a produrre più di un chilo di ciliegie, questo vuol dire che una pianta non può superare i 150 grammi di caffè verde (oro): avendo a disposizione un’ottantina di piante adulte in produzione, non riusciamo ad ottenere più di 12 chili di caffè verde, equivalenti a una decina di chili di caffè tostato siciliano, a cui si aggiunge chiaramente, la cascara.”

Parliamo di processi: avete tentato con il lavato per poi passare all’honey. Ci spiega che cosa è successo per una questione di umidità?

Il lavoro di processazione (foto concessa)

“Abbiamo applicato il metodo lavato per due anni, poi abbiamo provato a utilizzare il processo honey per altre due volte. Quest’anno invece abbiamo deciso di ritornare alla prima modalità perché l’umidità della nostra zona (Sicilia sud-orientale), per lo più dovuta alla presenza del mare, non permette un’asciugatura molto costante scegliendo l’honey.”

Che altro si coltiva in questa piantagione siciliana?

“La nostra è una coltivazione privata: non vendiamo né frutti né caffè, facciamo tutto solo per passione. All’interno del terreno ci sono papaye, manghi, pitaya, banani e tantissimi altri frutti tropicali e non.”

La piantagione Balistrieri vista dall'alto (foto concessa)
La piantagione Balistrieri vista dall’alto (foto concessa)

Ma il vostro caffè che risultati ha dato all’assaggio?

“Lo abbiamo assaggiato a Milano ed è davvero buono, direi unico per essere siciliano: molto floreale con sentori di arancia, mandorla e Carrubba. L’ho portato anche in India e chi l’ha provato è rimasto molto colpito.”

E ora avete pensato di aprire la farm per la formazione: qual è il programma, i costi, a chi è rivolto?

“Abbiamo deciso di aprire la farm per permettere a professionisti del settore di provare l’esperienza diretta della raccolta del caffè e del suo processamento in Italia, senza doversi recare in una piantagione all’estero. Il corso ha una durata di tre giorni: oltre a raccogliere la materia prima, misureremo le temperature ambientali e del caffè stesso, l’avanzamento e la velocità della fermentazione attraverso la misurazione del ph e dei gradi brix. Inoltre sperimenteremo una doppia fermentazione, prima in solido e poi sommersa. Il corso sarà gratuito, ma stiamo acquistando piccole attrezzature che serviranno alla piantagione stessa.”

Avete già superato il numero di iscritti, è possibile ancora partecipare? Magari nella prossima edizione?

“Sì, il corso ha già superato il numero degli iscritti, ma potrebbero esserci delle disdette. In ogni caso proporremo l’esperienza annualmente in concomitanza del periodo della raccolta. Quest’anno sono felice innanzitutto di rivedere tanti amici da tutta Italia, per cui più che un corso sarà un’occasione di confronto e di crescita.”

Voi state realizzando il sogno del paese dell’espresso, includendo l’origine della filiera in Italia, da sempre importatore e trasformatore del chicco: qual è il suo ruolo in questa novità rivoluzionaria?

Giovanni Balistrieri che lavora la pietra (foto concessa)

“Faccio quello che posso e metto a disposizione la mia esperienza ventennale vissuta nelle nella coltivazione di Giovanni Balistrieri, che oltre essere mio vicino di casa è stato come un padre per me. Mi piace molto la parte agronomica, dalla germinazione alle potature alla concimazione, ma anche quella dei processi: per esempio con la doppia fermentazione, metodo che applico sia in India che in Perù, abbiamo sempre ottenuto ottimi risultati.

Sottolineo ancora che facciamo tutto questo per passione e per divertimento: non abbiamo altre velleità se non quella di creare interesse fra gli altri agricoltori, torrefattori e appassionati, mettendo a disposizione gratuitamente la nostra esperienza e proseguendo sulla strada a favore dei caffè specialty e delle coltivazioni tropicali in Sicilia al posto dell’orticoltura.”

Cosa c’è quindi nel futuro della piantagione Caffè di Balistrieri?

“Credo che possa essere il vero patrimonio genetico delle piante siciliane e un’esperienza concreta, reale e aperta a tutti, che dimostra che il caffè in Sicilia è coltivabile all’interno delle serre al posto di tante altre coltivazioni estensive di ortaggi che già abbiamo. Questo permetterà un recupero maggiore sia della vitalità del suolo, sia del recupero di CO2, e poi chissà… forse le prossime generazioni di piante si abitueranno a vivere all’esterno delle serre, anche se rimango scettico a riguardo: penso che i cambiamenti climatici non favoriscano questi processi (soprattutto a causa dei fenomeni estremi: tempeste, tifoni etc.). Ricordiamo che il primo esperimento in Sicilia è avvenuto più di cento anni fa e che l’inverno rigido del 1909 ha ucciso le venticinque piante di Coffea Arabica al terzo anno di crescita.”

Riferimenti per informazioni e contatti:
Piantagione: Caffè di Balistrieri
Posizione: Santa Croce Camerina di Ragusa
Altitudine: Sul livello del mare
Varietà: Bourbon red and Yellow
Adriano Cafiso: cafisoadriano@gmail.com

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