sabato 04 Maggio 2024
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Brazilcafè, da Ragusa, ecco la rivoluzione dello specialty che coinvolge la torrefazione

Il racconto dei torrefattori: “Abbiamo incontrato diversi personaggi legati a questo prodotto, come Mauro Laruffa, Paolo Giovinazzo, Marcello Geraci, Adriano Cafiso, Helena Oliviero, e così ci siamo innamorati dello specialty. Abbiamo iniziato un piccolo progetto con un caffè dell’Etiopia riconosciuto dallo Sca e pian piano cerchiamo di introdurli nel mercato. Certo resta un po’ difficile darlo da noi in Sicilia. Fino a qualche annetto fa usavamo solo una miscela, poi abbiamo allargato l’offerta a un 50% e 50% e poi a un 100%, che ha qualità superiori rispetto ad altre di Arabica."

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RAGUSA – Continua il nostro viaggio di esplorazione tra le torrefazioni del sud Italia che vogliono intraprendere un percorso differente, legato ad una proposta di caffè di qualità, specialty e formazione non solo degli operatori ma degli stessi tostatori. Brazilcafè fa parte del cambiamento necessario per l’intero comparto produttivo, spinto dalla passione e dall’apertura di tre ragazzi, Alfredo e Giovanni Battiato (rispettivamente l’amministratore delegato e il torrefattore – o il cuoco come scherzosamente lui stesso si è definito -) e Marco Randazzo, loro socio e addetto al marketing. Tutti insieme, ci hanno restituito il quadro di questa loro impresa sulla via dell’evoluzione, che addirittura li ha portati sino in Calabria a sviluppare nuove competenze aiutati da Paolo Giovinazzo, di Caffè Cannizzaro.

Brazilcafè nel 1973 è nata dal duro lavoro del padre di Alfredo e Giovanni e dallo zio di Marco, Salvatore Randazzo

Insieme hanno iniziato lavorando con una tostatrice a legna. Alfredo racconta sempre della fatica che si faceva, non era certo come adesso che si è attrezzati con la tecnologia. L’azienda è cresciuta negli anni e ora sta andando verso nuovi standard.

Triestespresso

Marco: “Scontrandoci spesso con un contesto un po’ conservatore. Abbiamo pensato che però fosse fondamentale ormai coinvolgere il cliente nel nostro lavoro, facendoglielo comprendere a fondo, insieme al concetto di qualità che utilizziamo per le nostre miscele. Il nostro 100% Arabica che nel 2021 ha vinto uno Iiac, porta indicate tutte le informazioni geografiche, di processazione e di tostatura. Il consumatore finale al momento non è così coinvolto nel mondo della caffetteria che si sta evolvendo. Deve pian piano invece esser accompagnato dentro questo settore, così che la qualità dell’espresso e delle altre estrazioni vengano valorizzate. “

Alfredo si inserisce: “Abbiamo creduto da sempre nel valore della formazione e i primi su cui abbiamo investito siamo stati proprio noi stessi. Il confronto con le altre realtà durante le fiere di settore, ci ha fatto comprendere sempre di più quanto sia importante rimanere al passo con i tempi ed essere aperti alle novità. Purtroppo però ci siamo presto accorti dello scollamento che esiste tra la nostra formazione e quella di chi lavora il prodotto: baristi e banconisti in primis, ma anche i consumatori finali che poco o nulla conoscono di quel mondo fantastico che è racchiuso dentro una tazzina di caffè. Conseguenza la volontà di far nascere la Academy.

Abbiamo tentato di trasferire la nostra conoscenza ai nostri clienti, organizzando nel nostro piccolo, dei corsi di formazione. Per questo abbiamo creato l’Academy tre anni fa, in collaborazione con Giuseppe Fiorini. Non ci siamo voluti accontentare: volevamo dare un quid in più rispetto agli altri. Cerchiamo di prendere spunto da tutte le novità per inserirle nel mondo della caffetteria in modo accessibile a tutti. Giuseppe riesce a coinvolgere tutti.
Ora faremo lo stesso con il brewing per abbattere il pregiudizio che ancora esiste attorno al caffè filtro, insieme ad Andrea Cremone. E in questa occasione raccontare il prodotto specialty, la tracciabilità, la qualità.

Dentro la scuola di formazione (foto BrazilCafè)

Siamo felici perché ci sono molti operatori e gestori che hanno aderito e hanno reagito con bei risultati. Molti continuano a chiedere di fare altri corsi: abbiamo pensato il corso di caffetteria per fare in modo che anche chi pensa di avere già una certa esperienza sul campo, realizzi che in realtà non conosce i passaggi necessari all’estrazione corretta dell’espresso e del cappuccino. A lezione si parla di tutto, dal servizio al bancone, alla pulizia delle macchine, alla cultura botanica. “

Torrefattore e barista dovrebbero collaborare di più per fare cultura

Marco: “Alfredo ha pensato a questo proposito di organizzare un vero e proprio giornale con l’agenzia di comunicazione che si occupa di Brazilcafè. Sarà un trimestrale che è la conseguenza naturale del nostro sogno di coinvolgere il consumatore finale andando oltre l’Academy. Si chiamerà “Ottogrammi”, un marchio già registrato, e sarà in un formato cartaceo fornito gratuitamente ai nostri clienti e poi si svilupperà anche in un format online. Stiamo cercando dei distributori in Sicilia, per far conoscere il mondo del caffè in trasparenza. La bilancia per noi si sposterà verso la qualità, grazie alla formazione e all’educazione.”

Quando avete conosciuto lo specialty voi di Brazilcafè?

“Abbiamo incontrato diversi personaggi legati a questo prodotto, come Mauro Laruffa, Paolo Giovinazzo, Marcello Geraci, Adriano Cafiso, Helena Oliviero, e così ci siamo innamorati dello specialty. Abbiamo iniziato un piccolo progetto con un caffè dell’Etiopia riconosciuto dallo Sca e pian piano cerchiamo di introdurli nel mercato. Certo resta un po’ difficile darlo da noi in Sicilia. Fino a qualche annetto fa usavamo solo una miscela, poi abbiamo allargato l’offerta a un 50% e 50% e poi a un 100%, che ha qualità superiori rispetto ad altre di Arabica.

Intanto abbiamo presentato questo 100% Arabica (un Brasile che poi è anche la base per tutti i nostri prodotti, Alta Mogiana, del Perù, dalle note molto fruttate e poco acide, miscelato con un’Arabica dall’India e dall’Etiopia, sottoposto a una tostatura delicata), per cominciare a far emergere le differenze con la Robusta a cui sono abituati. Abbiamo pensato di coinvolgere i clienti nei corsi di formazione, nel discorso specialty. In questo modo, i baristi dovrebbero comprendere e trasferire il loro know how al consumatore finale.

La tostatura fatta con estrema cura da Giovanni (foto Brazilcafè)

Giovanni per la tostatura fa un grande lavoro: tosta separatamente le diverse varietà, con curve dedicate. Gestisce il gas piano piano senza far alzare troppo la temperatura, fa il preriscaldamento. Per ora utilizziamo una Trabattoni a induzione, ma siamo entrati già nell’ottica di cambiare entro fine anno con una IMF. Tutto l’impianto sarà rinnovato nell’ottica 4.0. “

Capitolo capsule: pro e contro di questa soluzione per la sostenibilità e la qualità

“Siamo stati tra gli ultimi a aderire al monoporzionato. Dal ‘73 abbiamo lavorato solo con l’horeca e con una miscela sola, senza una linea premium. Dal primo giorno abbiamo ragionato nell’ottica di crescere nella qualità. Solo ultimamente abbiamo preso in considerazione le capsule, ci appoggiamo a terzi per il confezionamento, ma forniamo il nostro prodotto al loro interno: il caffè che diamo al bar è identico a quello contenuto nelle cialde e nelle capsule. Per garantire di ritrovare lo stesso aroma anche in casa. Abbiamo proposto anche la nostra miscela 100% Arabica.

Dal punto di vista della sostenibilità restano sicuramente un problema. Ma le cialde dovrebbero guadagnare più margine a lungo termine rispetto alle capsule. Sono convinto che aumenterà la loro quota di mercato. I nostri clienti ristoratori ne acquistano tante, insieme a macchine professionali a due gruppi italiane con lance a vapore, caldaia separata, e soprattutto che garantiscono la qualità. Perché l’essenziale è mantenersi sempre all’insegna di una bevanda di qualità per concludere bene il fine pasto. Ci fanno tutti i complimenti.

Insomma, siamo arrivati tardi su questo settore per nostra scelta. Abbiamo sempre cercato di rimandare sino all’ultimo per rispettare il lavoro del barista, che si trova un po’ a concorrere con questo sistema.”

La candidatura Unesco invece? Voi di Brazilcafè come lo intendete?

“E’ una storia italiana: l’espresso si beve qui. Uscendo dall’Italia non è lo stesso. Certo anche nello Stivale non è che lo si beva sempre buono ed ecco che sono fondamentali i corsi come i nostri: di lavoro da fare, soprattutto al Sud, ce n’è tanto. L’Unesco sembra l’ultimo tentativo di recuperare un primato che avevamo e che ora abbiamo perso. Il mondo intero ormai beve l’espresso in un modo differente. Questo è una maniera di aggrapparsi a un simbolo che ora è una rarità. Si aprono i bar con troppa facilità e il vero operatore esiste ma non è molto diffuso: il mestiere è visto come un ripiego ancora oggi. E questo purtroppo è dannoso per l’intero settore. Siamo d’accordo: preferiamo una maggiore professionalità della figura del barista e delle barriere per aprire il bar.”

Il comodato d’uso invece che cosa implica per il settore?

“Anni fa le torrefazioni difficilmente lavoravano con il comodato d’uso. Poi con il suo arrivo è cambiato tutto, probabilmente spinti dalla forte concorrenza tra le aziende. Bisogna riflettere su questo fenomeno: i torrefattori offrono la qualsiasi pur di accaparrarsi il cliente, a discapito della qualità e di chi vuole acquistare le attrezzature di proprietà e offrire un prodotto differente. Qua la pratica del comodato d’uso è ormai diffusissima.
Crediamo che bisogna formare il consumatore finale, perché è lui che avrà l’ultima parola.”

Il costo della tazzina lì com’è?

“In provincia di Ragusa, dove ha sede la Brazilcafè ed è il nostro mercato di riferimento, viviamo diverse situazioni. A Ragusa è aumentato dai dieci ai 20 centesimi in più, ma perché è così su tutta la zona costiera. Nella realtà di Vittoria, solo pochi clienti hanno aumentato l’espresso. Ma ci sono zone interne alla Sicilia che hanno un costo ancora sotto l’euro.”

Aumento materie prima, energia, trasporti: Brazilcafè come ha reagito alla situazione critica?

“Abbiamo assorbito noi come Brazilcafè la maggiorparte dei rincari. Speriamo che col tempo torni tutto come prima. Per i ritardi, abbiamo la fortuna che a Pozzallo c’è il deposito della Logamed che fa direttamente stoccaggio e sdoganamento del caffè crudo. Da quel punto di vista siamo fortunati, è a soli 40 chilometri da noi. Abbiamo pochi costi di spedizione e trasporti. Il problema vero riguarda le attrezzature, che arrivano in tempi molto prolungati.”

Con Brazilcafè, volete sviluppare una rete diretta con i coltivatori?

“È una discussione che abbiamo avuto anche recentemente con Paolo Giovinazzo. Sarebbe un sogno per noi, perché significherebbe raggiungere il nostro obiettivo. È un po’ difficile al momento, ma resta tra i nostri progetti futuri. Con l’Etiopia abbiamo e con gli specialty abbiamo avuto come intermediario Adriano Cafiso e così ci siamo avvicinati un po’ di più a questo modello.

Il prodotto la Dugi che contiene l’Etiopia al suo interno ed è più costoso, si vende più nelle zone turistiche di Ragusa Ibla con un bacino di utenti già abituato a gustarlo. Ma sono ancora troppo esigue le quantità richieste per investire ulteriormente. “

 

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