giovedì 11 Aprile 2024
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Scalla, il commodities trader: “Testimone di tutti i problemi che la filiera ha affrontato”

Il Senior Vice President of Trading StoneX Financial Inc.: "La domanda sta tornando appena ora ai livelli pre-pandemia, con una ripresa più forte negli Usa. Se il Brasile aumenterà di molto la sua produzione, imitato da altri paesi, subentrerà un suplus produttivo e il mercato crollerà”

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MILANO – La filiera del caffè è un organismo ampio, complesso, abitato da tanti attori che contribuiscono al risultato finale in tazza: questo ecosistema è spesso influenzato da numerose variabili che si riflettono sul prezzo e la Borsa. Per navigare in questo oceano ogni giorno in movimento, abbiamo parlato con Albert Scalla.

L’esperto del mercato, con l’occhio puntato sulle sue oscillazioni, adattandosi ai cambiamenti climatici e alle nuove esigenze, ci ha fatto un po’ da guida tra numeri e fenomeni spesso complessi da analizzare senza l’aiuto di un professionista.

Scalla: ci racconta qualcosa del suo percorso professionale e di come è diventato un esperto di trading nel campo delle commodity?

“Lavoro ormai da trent’anni nel mercato del caffè. Sono un commodities trader e lavoro per StoneX Financial. Insieme aiutiamo gli operatori della filiera, dal produttore al torrefattore, compresi i coffee shop, nell’hedge e nel risk management del caffè, che è uno dei prodotti più volatili che ci siano, innanzitutto a causa del clima. Mettiamo, ad esempio, che si verifichi un periodo di siccità o di piogge eccessive in Brasile: ciò avrà sicuramente delle ripercussioni in Borsa.

Attualmente sono vicepresidente di Stonex, una delle più grandi compagnie di analisi di tutte le commodities, dal petrolio all’olio. Per il caffè, StoneX è il massimo operatore mondiale sui mercati dei futures. Contiamo 87 uffici in 18 Paesi, 5 dei quali sono specializzati nel caffè. In Brasile abbiamo 17 uffici. I tre che si occupano esclusivamente di caffè si trovano in Varginha, Patrocínio e Campinas.

In trent’anni ho visto oscillare i prezzi degli arabica da un minimo storico di 43 centesimi a un massimo di 3 dollari e 18 centesimi. Sono stato testimone di tutti i problemi che la filiera ha dovuto affrontare. Abbiamo subito la pandemia, una tripla gelata, e una serie di difficoltà, mai viste in trent’anni di lavoro, che si sono manifestate tutte assieme in soli due anni.

Attualmente, c’è molta volatilità e movimento nei prezzi. E una maggiore probabilità che ci siano defaults, principalmente dal Brasile, dalla Colombia e il Centro America.”

Come vice presidente di StoneX, ci può illustrare i servizi offerti dal vostro gruppo alle aziende del settore?

“Condividiamo studi di mercato e offriamo supporto sul risk management attraverso i contratti dei futures, in modo che torrefattori e produttori possano assicurare e chiudere il prezzo e svolgere tutte le operazioni che consentono di ridurre i rischi legati alla volatilità dei prezzi. Forniamo inoltre un po’ di visione sul lungo periodo in rapporto agli accadimenti attuali.

Ogni anno realizziamo uno studio relativo al raccolto brasiliano, che rappresenta quasi il 40% della produzione mondiale. Due volte all’anno pubblichiamo un market report, il prossimo sarà a marzo 2023. A gennaio e febbraio il nostro team di agronomi sarà in viaggio per esplorare le aree produttive brasiliane e compiere rilievi e valutazioni, in base ai quali saremo poi in grado di compilare il nostro report nella seconda settimana di marzo.
Faremo un ulteriore viaggio a giugno-luglio. Tra due settimane soggiorneremo in Brasile, insieme ai torrefattori e ai nostri agronomi, per circa 21 giorni. Saremo così in grado di osservare la situazione post-fioritura e valutare in tal modo l’andamento vegetativo delle colture. A gennaio-febbraio – come già detto -gli agronomi condurranno un’indagine per valutare in prospettiva l’andamento della produzione.”

Qual è il suo giudizio sull’attuale situazione del mercato del caffè? Secondo lei, la situazione di “backwardation”, che caratterizza tanto New York quanto Londra, è destinata a continuare ancora a lungo? (ora a New York si è ristabilito il contango, mentre Londra rimane sempre in una situazione di mercato inverso, ndr.)

“Un mercato agricolo come quello del caffè è normalmente un carrying charge market (situazione in cui sul mercato dei futures la differenza di prezzo tra i mesi di consegna rispecchia i costi complessivi di interessi, assicurazione e immagazzinaggio, ndr.). I mesi futuri sono più ampi di quelli presenti. Il carrying charge è pagato dal mercato per l’immagazzinaggio e tutti i costi per il riporto dell’inventario da un mese all’altro. Quando si verifica uno shock sul mercato – come una gelata o una siccità – avviene un’inversione o backwardation. La borsa risente delle forti pressioni sul mercato spot, a fronte del rischio di inadempimenti immediati con relative penali.

Normalmente, di fronte a una siccità o una gelata, gli stock di NY e Londra cominciano a scendere. Nonostante le scorte di caffè certificate siano una percentuale molto piccola rispetto al totale delle scorte mondiali, provocano comunque movimenti importanti sulle borse. Nel 1996/1997, gli stock certificati scesero praticamente a zero e il mercato fece un’inversione di 40 centesimi da un mese all’altro.

Tornando alla situazione attuale, le scorte certificate sono quelle che attualmente costano di meno. È dunque normale che si sia cominciato a dare fondo a queste scorte e che esse si siano, via via, assottigliate, pur essendoci stock per milioni di sacchi caffè disponibili sul mercato.

Non credo che ci sia la possibilità che il livello delle scorte possa crescere. Bisogna fare riferimento allo stato dei differenziali con i paesi produttori per i prezzi Fob. Se il valore è elevato, nessuno porterà il caffè a New York per esser certificato, perché rende molto di più vendere a un torrefattore piuttosto che certificarlo in borsa. In questo momento non è economicamente conveniente portare il caffè alla certificazione. Quindi è normale piuttosto che il caffè esca dagli stock certificati e arrivi nei magazzini dei torrefattori.

Quello della backwardation è un fenomeno che generalmente non dura a lungo. Una volta che sarà ripresa la produzione nei vari paesi, gli stock certificati di borsa inizieranno a crescere e New York tornerà ad essere un mercato di carrying charge.

Ma se gli stock scenderanno ancora, il differenziale negativo tra una scadenza e l’altra salirà di nuovo. Dopo, ancora più importante sarà considerare il dato della produzione per il raccolto brasiliano 2023/24. Tutti si aspettano il raccolto più abbondante della storia. Si parla di oltre 70 milioni di sacchi.

Ma di qui all’inizio delle operazioni di raccolta, che partiranno ad aprile con i robusta, tutto può ancora succedere. Attualmente possiamo affermare che, dopo ottobre, una volta arrivate le piogge, la fioritura è stata meravigliosa. Le precipitazioni sono state adeguate e magari ne arriveranno delle altre nelle prossime settimane.

Il crollo dei prezzi al quale abbiamo assistito negli ultimi 2 mesi e mezzo è stato causato – per l’appunto – dalle grandi aspettative che si sono create per il prossimo raccolto brasiliano, che come già detto inizierà ad aprile, per i robusta, e a maggio per gli arabica. Tutta questa agitazione, dovuta ai fattori climatici, è iniziata nell’ultimo trimestre del 2019.”

Quali sono i fattori che incidono maggiormente sui prezzi e sulle dinamiche di mercato, tra: crisi logistica, crisi politiche internazionali, effetti del mutamento climatico, persistere delle anomalie climatiche legate al fenomeno La Niña?

“Principalmente il clima. Abbiamo visto la situazione che si è delineata a partire dell’estate del 2020, determinata dall’arrivo de La Niña, che ha influito sulla fioritura in Brasile ad agosto dei robusta e a settembre degli arabica. Nel primo caso, questo fenomeno ha portato piogge eccessive e viceversa nell’area degli arabica un ritardo nelle precipitazioni, che ha determinato siccità. I riflessi sugli arabica abbiamo cominciato a vederli nel primo/secondo trimestre del 2021, quando i prezzi hanno cominciato a salire. Le conseguenze della siccità del 2020 cominciano dunque a farsi vedere nel 2021.

A luglio abbiamo subito le conseguenze dell’arrivo di masse d’aria fredda in Brasile, che hanno fatto scendere le temperature portando tre gelate una dopo l’altra. La seconda è stata la più dura. Il volume totale di raccolto perso questo motivo è stato da noi stimato in 5 milioni di sacchi. E ciò è andato ad aggiungersi agli effetti negativi della già citata siccità.

Il mercato quindi è salito, si è invertito. Come abbiamo già visto, i torrefattori hanno cominciato a prendere consegna del caffè certificato essendo per loro molto più conveniente. Considerando la situazione della supply chain, con il costo del container salito di dieci volte il suo valore iniziale, il caffè nei magazzini certificati in Europa e negli Usa è diventato di gran lunga quello che costa di meno.

Entriamo nello specifico di quest’anno, in cui ci sono stati due momenti importantissimi per il futuro del chicco: in primis, era necessario passare l’inverno brasiliano senza che si verificasse un’altra gelata e per fortuna così è stato. Secondo punto, era indispensabile che la stagione delle piogge non cominciasse in ritardo.

A settembre, le piogge sono arrivate puntuali, ma il contratto “C” è rimasto inizialmente sopra i 2 dollari e 20 centesimi. Le quotazioni hanno cominciato a scendere appena due settimane più tardi, quando si è appurato che il fenomeno era significativo. Infatti l’altra cosa da considerare in questi casi è che una volta che comincia a piovere, le piogge devono durare a lungo.

Visti i dati sui volumi delle precipitazioni, il mercato è infine crollato. Tutti in Brasile hanno fatto delle stime che non vanno, in nessun caso, al di sotto dei 70 milioni di sacchi. Le aspettative dei mercati superano attualmente i 65 milioni di sacchi e ciò non può sostenere prezzi superiori ai 2 dollari.”

Secondo lei, quale andamento assumeranno, di qui a fine anno, i prezzi di Ice Arabica e Ice Robusta?

“Partiamo in Brasile – come già detto – proprio per rispondere a questa domanda. Dopo le piogge arriva la fioritura. Bisogna quindi monitorare la situazione idrica e capire infine come si sta sviluppando il raccolto. Già nella seconda settimana di dicembre potremmo capire l’effettivo stato di salute della piantagioni. In quest’ultimo periodo c’è stata tanta pioggia e anche grandine, quindi vogliamo comprendere qual è lo stato d’animo dei produttori e degli intermediari, delle cooperative, degli esportatori e intercettare la loro aspettative.

E poi ovviamente vogliamo valutare qual è lo stato delle coltivazioni. In gennaio – febbraio, andremo nuovamente in Brasile per condurre – come ho già spiegato – un’ulteriore indagine sul campo. Come noi anche altri faranno lo stesso. Da questo viaggio deriveranno le stime per l’anno prossimo, con tanto di numeri accurati.

C’è un’altra situazione adesso da considerare: i torrefattori, con il mercato sopra i 2 dollari e 20 centesimi, attendevano ad acquistare perché il prezzo era molto alto. Allo stesso tempo, i produttori a quel livello non volevano vendere, perché si aspettavano invece che il mercato potesse salire ulteriormente.

Dopo un crollo di quasi 75 centesimi in 65 giorni, ora i produttori sono preoccupati. Nel caso dei produttori colombiani, il differenziale è crollato da 82 centesimi sino a 48 centesimi, con perdite tanto sulle quotazioni quanto sui differenziali.

L’unico fattore che ha salvato un Paese come la Colombia è lo svalutarsi della moneta locale. Se il mercato comincerà a salire un’altra volta, i produttori torneranno a venderanno spinti dalla preoccupazione di dover guadagnare qualcosa. A fine dicembre vedremo come cominceranno a cambiare i rapporti tra gli operatori. Uscirà un report della Usda, che farà il punto sui consumi mondiali: la guerra è un problema globale, che si riflette anche sui consumi, che in Europa rimangono un po’ deboli.

La domanda sta tornando appena ora ai livelli pre-pandemia, con una ripresa più forte negli Usa. Se il Brasile aumenterà di molto la sua produzione, imitato da altri paesi, subentrerà un suplus produttivo e il mercato crollerà”.

Tutte le principali fonti statistiche (compresa StoneX) hanno recentemente ridimensionato le loro stime sul raccolto brasiliano di arabica. Quali sono, nel vostro caso, gli elementi e le circostanze che maggiormente hanno inciso su tale revisione?

“Abbiamo ritoccato al rialzo la stima sui robusta conillon e al ribasso quella sugli arabica, di circa 600mila sacchi. Per quanto riguarda la produzione di conillon abbiamo aspettative molto alte. C’è chi parla di un dato vicino ai 22,5 milioni. E prevediamo sostanziali incrementi produttivi dei robusta brasiliani nell’arco dei prossimi due e tre anni.”

Come si presenta poi la situazione in Colombia, la cui produzione è, a sua volta, in calo?

“Il fenomeno La Niña, che in Brasile determina siccità, porta al contrario piogge abbondanti in Colombia. È un evento che si è manifestato in maniera simile negli anni 2007/2009. Per la Colombia, ciò si traduce lunghi periodi di precipitazioni, che indubbiamente favoriscono la fioritura, ma come sappiamo la pianta ha anche bisogno del sole per la fotosintesi. Nel 2008/2009 la situazione fu aggravata anche da altri problemi agricoli, che contribuirono a far cadere la produzione della Colombia del 40% 50%.

Quest’anno la produzione scenderà da 13,5-14 milioni di sacchi, a meno di 11 milioni, con un calo di 2-3 milioni di sacchi, per effetto innanzitutto delle piogge eccessive. Ma c’è un ulteriore problema da considerare: in Colombia è programmato un piano di rinnovo costante delle piantagioni (circa 80mila ettari all’anno, ndr.), che ha segnato il passo in tempi recenti per mancanza di risorse da investire. Questi due fattori hanno determinato il calo della produzione.”

Quali sono le prospettive in America centrale, tra problemi climatici, emergenza Roya e conseguenze dell’esodo rurale?

“Nel Centro America, per esempio, il Guatemala – rispetto ad altri Paesi come il Brasile e la Colombia – non ha avuto il vantaggio della svalutazione della moneta. I costi di produzione sono lievitati in tutta l’area. L’esodo rurale e l’emigrazione verso gli Usa hanno ridotto la disponibilità di manodopera rendendo ancora più acuti i problemi di redditività dei produttori. C’è poi il problema della Roya, che stanno affrontando da tempo. La prospettiva in Centro America è dunque che la produzione complessiva scenda ancora.”

Considerando gli effetti del cambiamento climatico e del ridursi delle terre coltivabili dovremo rassegnarci a pagare di più, in futuro, il caffè di alta qualità?

“Stiamo osservando che tutto diventa sempre più caro un po’ ovunque. Il livello di inflazione in Europa, così come nel resto del mondo, ci porterà a pagare tutto di più, non solo il caffè. Il caffè arabica costa oggi 1 dollaro e 60 centesimi – senza considerare i differenziali – ed è più o meno quello che costava 20 anni fa (calcolando anche l’inflazione, ndr.)

Sarà necessario pagare di più il produttore, che è anche chi solitamente guadagna di meno lungo tutta la filiera. Buona parte del valore aggiunto si genera infatti alla fine della filiera, non all’origine. Guardando il prezzo del caffè verde, ci rendiamo conto che il farmer dovrebbe essere pagato di più. Dobbiamo farlo, se vogliamo riequilibrare la filiera: pensateci.”

ALBERT SCALLA, vicepresidente senior del Trading StoneX Financial, Inc.

Albert Scalla, Senior Vice President of Trading di StoneX, ha unito la sua considerevole conoscenza dei mercati del caffè, del cacao e dell’olio di palma con la sua esperienza nel settore del commercio. conoscenza dei mercati del caffè, del cacao e dell’olio di palma con la sua esperienza nella strategie di gestione del rischio in Futures, Opzioni e Prodotti Strutturati nei mercati delle mercati internazionali delle materie prime.

Albert è entrato a far parte di Hencorp Futures, successivamente acquisita da StoneX, 30 anni fa, dove è stato un pilastro importante per lo sviluppo di programmi di gestione del rischio di prezzo per tutti i partecipanti ai mercati del caffè, del cacao e delle partecipanti ai mercati del caffè, del cacao e dell’olio di palma, dai produttori ai  consumatori finali.

Albert è stato invitato come relatore ospite a diverse conferenze nazionali e internazionali sul caffè per parlare di conferenze nazionali e internazionali sul caffè per parlare di gestione del rischio di prezzo per i partecipanti al mercato del caffè e consumatori.

Albert ha conseguito una laurea in Business Administration con specializzazione in Finanza presso la Florida International University. Albert è stato presidente della Pacific Coast Coffee Association (PCCA).

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