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Edy Bieker, triestino, è tra i maggiori esperti del caffè in tutta la filiera, è intervenuto riguardo la sua partecipazione al Trieste Coffee Experts, l’ultimo evento organizzato dai Bazzara (ne abbiamo parlato qui).
Il Trieste Coffee Expert ha delineato un ampio giro d’orizzonte sul mondo del caffè toccando tutti gli aspetti della filiera: dal verde ai torrefattori, fino ai bar
Bieker: “Mi è piaciuto ed è stato interessante ascoltare tutte le iniziative in corso, soprattutto quelle che riguardano l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e i possibili sviluppi futuri: nel complesso è stato un evento stimolante anche se, talvolta, un po’ autoreferenziale.
Mi ha sorpreso però che ci si sia fermati ai bar, con scarsa considerazione per il consumatore finale”.

È sempre necessario aggiornarsi
“Assolutamente. L’aggiornamento è una costante in qualsiasi lavoro e nel caffè in particolare. Basta vedere come il settore sia cresciuto negli ultimi dieci anni, un’evoluzione che non si era mai vista prima.
L’aggiornamento, lo studio e la condivisione delle esperienze aiutano a far crescere questo mondo, che purtroppo è ancora troppo poco considerato”.
Bieker, la filiera del caffè si aggiorna?

“Sì e no. I giovani, i piccoli torrefattori, soprattutto chi lavora negli specialty, ha più voglia e necessità di aggiornarsi. Anche una parte della grande industria è costretta a rinnovarsi per non restare indietro. Però non tutti lo fanno allo stesso modo: c’è chi lo vive in modo costruttivo e altri solo perché sembra essere un obbligo inevitabile.
Nel mondo del bar la situazione è ancora più evidente: ci sono molte persone poco aggiornate. E ciò che più mi colpisce è che questo tipo di messaggio di preparazione non arriva quasi mai al consumatore finale, che è quello che in realtà mantiene tutta la filiera”.
Un aggiornamento continuo

“Sì perché permette di vedere anche l’altra faccia della medaglia, di crescere, di verificare se ciò che si fa è corretto a può essere migliorato e se può dare più risultati sul mercato. Non ci si può fermare dicendo “si è sempre fatto così”, o “così faceva mio padre”. L’aggiornamento deve essere continuo”.
Bieker, l’impressione all’evento è che tra colleghi ci sia stato comunque dialogo e confronto
“Sì, è stato positivo e utile vedere persone della stessa filiera confrontarsi apertamente. In un contesto come questo sarebbe grave se non ci fosse almeno un minimo di allineamento. In generale ho percepito una buona voglia di crescere, chi più chi meno”.
Il consumatore non c’era. Come si può coinvolgerlo? È il consumatore che paga tutto, ma è anche quello che ne sa di meno, spesso volutamente.
“Sì, volutamente, perché non si è mai davvero cercato di raggiungerlo in modo concreto. Il caffè è forse una delle pochissime materie di consumo alimentare che non ha vissuto un vero percorso educativo verso il pubblico. È una domanda che in tanti ci poniamo da anni senza trovare una soluzione concreta.
Il consumatore spesso è ignorante in materia e non gliene si può fare una colpa. Non gli si può parlare in modo troppo tecnico: si annoierebbe. Bisogna incuriosirlo, dargli poche informazioni ma semplici. La parola chiave è semplicità. L’espresso poi è consumato in piedi, spesso di fretta: non è il momento ideale per fare cultura.
È un lavoro lungo e complesso. Condivido un’esperienza: molti anni fa seguivo un bar innovativo aperto in centro a Trieste con il dottor Vinko Sandalj, I Paesi del caffè, troppo avanti per i tempi. C’erano 8 o 9 tipologie diverse, tra monorigini e miscele, e avevamo fatto dei cartelloni con descrizioni semplici e rapide delle loro caratteristiche. Il cliente entrava, magari non leggeva subito, ma tornava incuriosito e iniziava a chiedere informazioni, per poi scegliere in modo guidato. Funzionava.

Poi, per poca volontà di continuare quel modello e per la ricerca di maggior incasso, si è perso tutto. Credo che la strada sia quella: semplicità, poche nozioni chiare, e incuriosire il cliente finale“.
Cosa pensa delle associazioni dei consumatori e della Ioro assenza?
“Questo è un dato molto significativo e dimostra quanta poca considerazione abbia il caffè nell’ambito dell’alimentazione. Se nemmeno le associazioni dei consumatori riconoscono il valore del caffè, non si va lontano. Il chicco ha un peso enorme nel mondo, ma non riusciamo a dargli la dignità che merita. Dovrebbe esserci uno sforzo da parte di tutta la filiera per valorizzare il caffè.
Il mondo caffeicolo sembra procedere col freno a mano tirato e siamo fermi allo stesso punto. Chi dovrebbe smuovere la situazione? Le associazioni di categoria, le scuole che formano i baristi e le caffetterie: sono loro in primis che dovrebbero prendere sul serio il caffè, trasferendo ai loro allievi un sapere che arrivi fino al consumatore finale. C’è poi da considerare che on line esistono già delle realtà formative professionali create ad hoc per stimolare e incuriosire soprattutto i consumatori ma che hanno, purtroppo, difficoltà ad affermarsi per lo scarso interesse verso la materia ”
All’orizzonte si vede un altro problema: molte torrefazioni piccole e medie passano la mano
“È una conseguenza del fatto che al caffè non viene riconosciuto un valore adeguato né come prezzo né come prodotto. Con i costi attuali, tra materia prima, gestione, energia, eccetera, per una piccola torrefazione è quasi impossibile sopravvivere. La marginalità è bassissima. Non è un caso che all’estero un espresso costi 3, 4 o 5 euro a seconda della qualità.
Ovviamente viene proposto in maniera diversa: in Italia l’espresso si beve in piedi in 30 secondi. Sembra quasi impossibile aumentare il prezzo e le associazioni dei consumatori sono molto rigide su questo punto. Ma finché non si riuscirà a dare un prezzo proporzionato al valore del prodotto, come accade nel vino e nella birra, sarà difficile che piccoli e medi torrefattori possano prosperare”.
Cosa vede nel futuro del caffè?
“Credo che nella vita ci sia sempre stato un continuo cambiamento e che quasi tutte le battaglie per affrontarlo abbiano trovato un esito positivo. Sono ottimista. Non so quanto tempo ci vorrà, né quale sarà il costo in termini economici e di fatica, tuttavia questa è l’unica strada che il caffè, almeno in Italia, può percorrere: chi si ferma è perduto”.



















