mercoledì 10 Aprile 2024
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Con 1895 Coffee designers by Lavazza: tra grandi caffè e alta pasticceria, Michele Cannone conduce a Identità Milano ’24 verso una tazzina differente

Il principale cambio di paradigma, però, riguarda la natura del consumo. «Il caffè - conclude Cannone -, non è solo una bevanda funzionale, ma un piacere che possiamo concederci più volte al giorno». Ed è anche una bevanda che, come tutte, deve essere coerentemente e correttamente «degustata e abbinata». I dolci sono l'ambito ideale per esercitare questo abbinamento

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MILANO – Cultura del caffè, assaggi e grande pasticceria a Identità golose Milano dove hanno tenuto banco i torrefatti di 1895 Coffee designers by Lavazza raccontati con dovizia di particolari e tanta verve da Michele Cannone Lavazza Global Brand Director Away from homes che ha intrattenuto tre gruppi successivi di preparatissimi visitatori, tutti professionali, sull’evoluzione del caffè nel mondo dell’alta pasticceria, dell’hôtellerie e del fine dining. Caffè fatti assaggiare dalla coffelier Stefania Zecchi di 1895 con tre estrazione differenti. Mai in espresso, però, all’insegna della disobbedienza come voleva il tema di Identità Milano 2024.

Sì perché il tema dell’incontro era la disobbedienza che, è stato subito detto, non va inteso come qualcosa di negativo ma legato al concetto dell’innovazione. In questo caso connessi alla caffetteria, all’alta pasticceria e alla ristorazione dolce. Idealmente speciali colazioni per la mattina o pause caffè distribuite nell’arco della giornata.

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Esordisce Michele Cannone:

Michele Cannone, Lavazza Brand brand director away from homes
Michele Cannone, Lavazza Brand Away from Home Director

“Per noi di Lavazza guardare al passato serve a progettare il futuro.” E sullo schermo scorrono le immagini di un video emozionale dedicato allo Yemen che racconta delle radici del caffè. “Ecco la fine del viaggio, questo è il caffè che cercavo”, dice soddisfatta l’espressiva voce narrante, congedandosi.

“Noi partiamo da qui per disobbedire con il caffè contemporaneo. Le prime notizie sul caffè risalgono al 1400, in Etiopia da dove proviene. Poi i primi coffee shop, se usiamo una definizione attuale, nati nello Yemen attorno al 1.500. Oggi, con alcuni assaggi, cercheremo di collegarci a questa storia, in modo contemporaneo, parlando di italianità e di espresso, anche. In realtà nel mondo del caffè è accaduto veramente poco, sino all’inizio del novecento. Una storia che, come 1895 by Lavazza, abbiamo reinterpretato.”

Con una diapositiva Cannone prosegue il suo racconto parlando dell’Italia. Con un lungo periodo nel quale non è accaduto praticamente nulla, fino all’inizio del 900.

Il caffè viene considerata una bevanda corroborante. Sono cambiate le tecniche di estrazione, ma di pochissimo. Poi, nel 1883, la svolta. A Torino Angelo Moriondo realizza la prima macchina per il caffè espresso. Si chiama espresso perché la macchina viene presentata vicino ad una stazione di treni. Davanti a questa invenzione noi italiani non abbiamo fatto granché.

Ci siamo però alzati ed abbiamo cominciato a bere il caffè espresso in piedi come continuiamo a farlo anche oggi, al banco perché abbiamo inventato la macchina. Al contrario di quello che succede fuori dall’Italia, dove il caffè si beve seduti.

Negli ultimi 100 anni ci sono stati dei passaggi che hanno lasciato il segno. E noi italiani abbiamo piazzato diverse invenzioni lungo questa strada. Per questo siamo molto famosi nel mondo. Poi, in rapida successione sono accadute diverse cose. Sono arrivati Starbucks e le piccole caffetterie. Quindi, se dobbiamo essere disobbedienti, diciamo che nel 1990 sono nati i primi coffee shop moderni.

Una grande innovazione ma sempre caffè si beveva. Poi sono arrivati gli specialty, il caffè che può essere paragonato al vino, con centinaia di origini e varietà diverse e provenienti da tante località del mondo.

Oggi siamo arrivati ad incontrare il caffè e a scoprirlo celebrando il rito, a rendere omaggio alla qualità della materia prima e ad associarlo ad abbinamenti di momenti di degustazione di piacere unici.

Il caffè non è più soltanto una bevanda funzionale ma è uno dei pochi piaceri rinnovabili, e più volte, durante il giorno. Anche perché, come l’acqua, non ha calorie.

Cannone poi affronta un’altra imminente disobbedienza:

È quasi pronto, debutterà in estate, un caffè coltivato a Cuba in modo biologico e poi affinato sempre sull’isola caraibica in barrique di rum che hanno contenuto il liquore da stagionare per 150 anni.

Il principale cambio di paradigma, però, riguarda la natura del consumo. «Il caffè – trae le prime conclusioni Cannone -, non è soltanto una bevanda funzionale, ma un piacere che possiamo concederci più volte al giorno». Ed è anche una bevanda che, come tutte, deve essere coerentemente e correttamente «degustata e abbinata».

I dolci sono l’ambito ideale per esercitare questo abbinamento, come sottolinea la coffelier Stefania Zecchi, abile guida sensoriale per tutte le degustazioni delle masterclass a Identità Milano 2024.

Entra in scena lo chef pasticcere Diego Crosara di Marchesi 1824 di Milano che arriva portando tutto il valore dei 200 anni della sua insegna “che però si sente giovane anche se vuole mantenere le tradizioni pur disobbedendo con i macchinari e ricettazione. Ma la base della ricetta rimane quella. Una mimosa deve essere una Mimosa. Manteniamo salda la tradizione”, argomenta Crosara per presentarsi.

Diego Crosara (foto Prada Group)
Diego Crosara (foto Prada Group)

Per l’occasione presenta un assaggio di una preparazione che definisce marmellata e poi la catena di pasticcerie-caffetterie. Spiega Crosara: “Tre punti vendita a Milano uno a Londra più un Prada caffè e Forte dei Marmi. Per noi di Marchesi 1824 la disobbedienza una rivisitazione di un classico che fa parte della tradizione ed è un classico pane e marmellata con pane sfogliato al burro e una confettura disidratata è una preparazione innovativa che intendo farvi assaggiare”.

Da Marchesi il caffè si può anche berlo seduti, con il rituale classico. E da aprile arriva un nuovo torrefatto particolare, il Precioso firmato Lavazza 1985 su misura per la catena che è di proprietà come la griffe della moda di Miuccia Prada.

Siamo partiti seguendo il filo logico enunciato da Crosara. Che cosa vuole dire pane e marmellata nel rituale del caffè, pane preparato in pasticceria con lievito madre che è tenuto in vita da 200 anni.

Ma torniamo alla più classica delle colazioni italiane: quel pane, burro e marmellata che le nostre mamme hanno utilizzato con generazioni di bambini.

Il pane in pane, burro e marmellata di Diego Crosara, dopo la prima lievitazione viene sgonfiato e poi sfogliato con burro con i classici tre giri di pieghe a tre formato come una tipica treccia da colazione e poi arrotolato per ottenere un nodo. In questa speciale preparazione il burro diventa gelato e la marmellata – per la prova d’assaggio era di lamponi – viene disidratata e spolverata sul nodo farcito, che diventa così uno specialissimo pane, burro e marmellata.

Spiega Crosara mentre lavora la sfoglia: “Il segreto? Non tanto l’elaborazione, ma l’ingrediente che rimane principe: qui il burro che è piemontese perché, tutte le volte che possiamo, usiamo materie prime italiane”.

In abbinamento, il caffè Precioso di Lavazza 1895 dall’aroma delicato, gusto dolce e leggera acidità con note che ricordano la mandorla e il cioccolato al latte. Precioso sarà servito in esclusiva dal 2 aprile nello speciale “rito del caffè” con abbinamento di mignon, nei locali milanesi di Marchesi 1824.

Prosegue Michele Cannone, che per l’occasione, con la coffelier Stefania Zecchi, propone un estrazione Moka. “Quanto di più semplice eppure reinterpretata con l’uso dalla Moka Aladina di Lavazza che ha un filtro particolare che permette la migliore estrazione possibile rispettando il caffè senza bruciarlo e quindi rimuovendo l’amarezza. Filtro che consente anche un controllo della temperatura dell’acqua evitando di bruciare il caffè, grande problema quando si usano caffè speciali in Moka.”

E per questa prima prova nella Aladina sarà utilizzato uno specialty coffee, uno di quelli che rientrano nel 3% della produzione mondiale. Un’eccellenza. “Usiamo un Guatemala, lo abbiamo chiamato Precioso, ottenuto da una selezione di caffè guatemalteco della finca El Gigante di Osvaldo Suchini. È un’esclusiva per Marchesi 1824: sarà disponibile dal 2 aprile nei due punti Marchesi 1824 in Galleria Vittorio Emanuele e in Via Monte Napoleone. Si tratta di un caffè speciale e particolare perché come i migliori guatemaltechi che sono molto soavi molto piacevoli senza amarezza per cui gestiamo il metodo di estrazione con una materia caffè che è naturalmente poco amaro che non copre i sapori della pasticceria.”

Poi da Cannone qualche dritta sull’uso della Moka in generale e della Aladina Lavazza in particolare:

“Ricordo sempre che dobbiamo scordarci in realtà buchini della nonna o della zia sul pannello di caffè. E anche la montagnetta perché non vanno bene perché impediscono un risultato omogeneo. Perché sfatiamo tutti i miti disobbedienti, ma con rispetto.”

«Il caffè è sempre stato uno dei nostri elementi distintivi fin dai primi anni del Novecento, quando Pasticceria Marchesi divenne una rinomata caffetteria milanese», afferma il Pastry Art Director Diego Crosara. «Oggi, portiamo avanti questa tradizione e valorizziamo questo ingrediente grazie al nostro Rituale, da scoprire nei punti vendita e alla creazione dei nostri iconici prodotti al caffè. Tra cui il tiramisù, il gelato e le brioches. Inoltre, stiamo lavorando su una nuova serie di creazioni dedicate che sarà lanciata ad aprile in occasione del nostro bicentenario».

Dopo una pausa per il cambio della scena e dello chef, riprende Michele Cannone: “La tradizione, il rito italiano, non è soltanto un rito ma anche una continua ricerca di materia prima. Sempre all’insegna del fatto che caffè e cibo sono dei piaceri rinnovabili tre volte al giorno. Per il caffè ci sono centinaia, migliaia di origini molte sconosciute. E in un territorio unico vi sono diverse varietà di caffè.”

“Per il secondo assaggio abbiamo puntato su un Kalima una varietà Castillo, un arabica della Colombia. Il produttore è considerato uno dei maggiori esperti di tecniche di processo cioè di trasformazione del caffè soprattutto che dà al caffè sentori e aromi differenti più complessi di quanto già non siano nel verde di qualità. Tutto nasce dal mondo del vino. Il coltivatore usa ghiaccio e acqua. Così introduce nuove tecniche di lavorazione in una zona dove tutti erano convinti  di essere i migliori produttori di caffè del mondo.”

“Questo noi crediamo che possa essere il futuro del caffè. Processo di fermentazione di 96 ore con uno choc termico esattamente a quanto accade nel mondo del vino e viene pure stimolato con l’aggiunta di lieviti. Il risultato è unico. La disobbedienza in questo caso è una disobbedienza semplice soprattutto una provocazione.”

Sul palco si prepara un’altra preparazione, non in espresso, sempre per disobbedire, altra preparazione, con il Chemex, un altro chef pasticcere, Ugo Alciati del Ristorante Guido di Fontanafredda (Cuneo) da 50 anni stella Michelin che presenta una disobbedienza alla natura con un tartufo al cioccolato. Che, realizzato in una forma di silicone, ha lo stesso aspetto di un tartufo vero.

Guido Alciati (foto Guido Ristorante)
Guido Alciati (foto Guido Ristorante)

Esordisce convinto e motivante Ugo Alciati: “Abbiamo resistito a tutto ciò che è passato in cucina: nouvelle cuisine, sferificazioni, sifoni e qualsiasi altra moda. E continuiamo a farlo. Noi crediamo molto nei tempi della natura, tanto che 4 anni fa abbiamo dato vita al progetto “Tempo permettendo” per raccontare in maniera contemporanea ciò che facciamo da sempre al ristorante Guido. Papà e mamma, già 60 anni fa, giravano e cercavano materie prime di altissima qualità e a rischio di scomparsa, provando a convincere i piccolissimi produttori a continuare la loro attività. La strada dell’ecosostenibilità, della natura, della pulizia e dell’ordine è quella che ci piace di più.”

Subito Alciati indica la natura e ciò che regala come fonte primaria d’ispirazione. “Una delle nostre ultime disobbedienze è stato imitare la natura. Abbiamo cercato di chiudere la differenza estetica tra il tartufo di cioccolato e quello reale: con il mio collaboratore Emanuele Guido ci abbiamo impiegato 2 anni a progettarlo e realizzarlo, ma ce l’abbiamo fatta e ne valeva la pena.”

Il Tartufo regale – “così battezzato perché è prodotto all’interno della Tenuta Fontanafredda, che fu rifugio amoroso del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II” – è “in tutto e per tutto simile al fungo ipogeo ma con un cuore di super cioccolato criollo in scaglie e pasta, e nocciola tonda gentile del Piemonte tagliata assolutamente a mano per creare anche internamente una texture simile a quella del tartufo.”

Precisa analitico Ugo Alciati: «Per fare un Tartufo regale, che si può grattare e lamellare proprio come un tartufo vero, servono 32 passaggi manuali, stampi e forme ottenute da calchi in silicone di tartufi veri”.

In abbinamento un caffè filtro preparato in Chemex, un filtro molto stiloso, elegante, tanto che è esposto al Moma, il Museum of modern art, di New York. Il Chemex lo ha inventato un chimico tedesco di nome Peter Schlumbohm nel 1941.

Per la preparazione si usa un Lavazza 1895, Calima, colombiano della finca El Paraiso di Diego Samuel Bermúdez Tapia che fa 96 ore di fermentazione con shock termico e aggiunta di lieviti, servito in calice come un buon vino! E che non è caffè ma è molto di più, spiega Alciati. Naturalmente macinato al momento per poter apprezzare tutti gli aromi. Come deve essere fatto sempre.

“Pesando il caffè – chiosa Cannone – perché, come si fa in cucina dove si pesa tutto anche con il caffè va fatto per stabilire quanto solido riesco a portare nel liquido. E anche il tempo, perché l’acqua deve avere il tempo preciso per estrarre la materia prima. Non è complesso ma è una regola che va rispettata. E alla fine la nuova frontiera è quella di abbinare un dolce ad un grande caffè servito in bicchiere di vetro perché è si caffè ma è anche molto d’altro.”

Per questa triplice occasione si ribadisce “Oggi niente espresso perché i momenti di piacere sono più belli quando durano di più nel tempo”. E il tartufo è bello e buono.

Ultimo passaggio fondamentale il servizio in calice di cristallo sia per festeggiare i momenti felici sia per poter abbassare la temperatura nel vetro perché i caffè nascono a 90-94 gradi ma vanno degustati da 65 gradi e il vetro è quello che abbassa la temperatura più rapidamente.

Michele Cannone non si muove, assediato di domande dal presenti mentre sul palco si affaccia Paolo Griffa dal 2022 chef de al Caffè Nazionale di Aosta

Una delle disobbedienze di Griffa e di sua moglie Titti Traina al Caffè Nazionale è proporre l’experience della degustazione di caffè all day long: “Da noi il caffè non si prende in piedi, facciamo solo servizio al tavolo per spiegare ciò che viene servito e i diversi metodi di estrazione”. Una rivoluzione nei modi in un Paese in cui la velocità con cui si ordina e si beve, trasforma il consumo dell’espresso al bancone in un gesto automatico, spesso privo del piacere che se ne dovrebbe trarre.

Paolo Griffa (foto Identità Golose)
Paolo Griffa (foto Identità Golose)

Argomenta Griffa: “Noi vogliamo dare qualcosa di diverso, permettere a chi entra da noi di dedicarsi del tempo”. E di gustare il territorio circostante. Precisa Griffa: “Credo che chi arrivi al Caffè Nazionale voglia conoscere gusti e profumi della montagna che noi raccontiamo nel piatto usando soltanto prodotti locali di nicchia. Anche i nostri dessert da degustazione seguono il percorso e la filosofia della carta e, siccome al Caffè Nazionale raccontiamo la natura, abbiamo voluto portarla anche nel dolce.”

Subito lo chef che ne dà una dimostrazione con Falò, dessert con cui “si sintetizzano i sapori del bosco partendo dal ricreare in bocca i profumi che si sprigionano quando si accende un fuoco nel bosco.”

Come? Aromatizzando un marshmallow con olio di Cedro dell’Himalaya, una conifera sempreverde che ha trovato nei boschi della Valle d’Aosta un habitat ideale. Un prodotto ricchissimo di olio essenziale e noi proponiamo all’ospite di arrostirlo e mangiarlo prima di svelare il “cuore” del dessert.

Poi un finto tronco che è una meringa con tè Lapsang affumicato contenente un biscuit con fava di Tonka bagnato con uno sciroppo di resina di gemme di abete rosso, una mousse preparata con panna infusa al larice, e una crema di castagno. Il tutto nascosto da una decorazione sottile in cioccolato che va a riprendere gli anelli di un tronco d’albero.

L’abbinamento con uno dei torrefatti di Lavazza 1895 è con un Mora Azul, caffè colombiano della finca Morador nel Centro Sud della Colombia che fa sperimentazione di fermentazioni a 1.300 metri, estratto a freddo in 4/6 ore a seconda della concentrazione che vogliamo ottenere, ma senza riscaldarlo.

Tanto per disobbidire anche in questo caso.

Questo Mora Azul ha “Una gran bella complessità aromatica” chiosa Paolo Griffa. “Il fatto che non ci sia choc termico che è importante – dice Cannone – fa si che non ci sia amarezza nel preparato una preparazione ricca, piacevole non ossidata molto aromatico fresco floreale indimenticabile grande dolcezza.

Questo caffè è solo caffè o nell’infuso c’è dell’altro, chiedono incuriositi dalla sala?

Replica Cannone; “Siamo in un nuovo mondo con standard di ricerca molto avanzati, pazzeschi per andare oltre. Estratto in modo perfetto, tra l’altro senza usare una macchina ma semplice infusione a freddo. E spesso, anche nei ristoranti, la macchina è affidata all’ultimo arrivato, con risultati in tazza talvolta discutibili”. Per questo aggiunge Paolo Griffa, nei nostri locali abbiamo deciso soltanto il servizio del caffè al tavolo per poterlo spiegare al cliente ed offrirglielo nella forma migliore.”

Aggiunge Cannone avviandosi alla conclusione della giornata: “Il caffè se è buono non stancherà mai. E avremo un altro vantaggio. Perché il caffè è come l’acqua, ha zero calorie e ci permette di essere indulgenti ma responsabilmente. Questo è uno dei motivi per cui questa bevanda ci può accompagnare durante tutta la giornata, magari senza quel latte che serve per nascondere il troppo amaro. Fine pasto, long drink durante la giornata, con bevande vegetali a base di avena. Sì, perché così, durante la giornata, si entra in un’altra dimensione quella della bevanda versatile.”

Aggiunge ancora Cannone: “Il caffè non deve essere tutto uguale, ma si aprirebbe un altro capitolo sconfinato. Siamo grandi fruitori ma siamo abituati a caffè molto amari molto tostati. Questo quando ci sono altri paesi che non hanno questa cultura di base e che si sono aperti più in fretta come nel nord Europa o in Giappone a caffè più fruttati e dolci.”

“La differenza – conclude Cannone – la fa il mondo con il quale entriamo a contatto con il mondo del caffè. È l’opportunità che abbiamo tutti i giorni di scoprire qualcosa di nuovo.

 

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