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L’Università illycaffè compie 20 anni: per celebrarli una giornata di educazione e formazione

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TRIESTE – Era il 1999 quando l’ Università illy apriva le porte del mondo del caffè agli operatori del settore. Un taglio del nastro avvenuto a Napoli, un passo importante per un’azienda che si è posta da subito l’obiettivo di rendere reale il sogno di Ernesto Illy: “insegnare al mondo a preparare l’espresso perfetto”. Un punto d’arrivo molto ambizioso, perseguito attraverso la creazione di un blend unico, caratterizzato da 9 componenti, tutti Arabica,di volta in volta bilanciati per garantire il risultato più omogeno nella tazzina in ogni angolo del globo.

Sono passati vent’anni dal giorno in cui questo polo di Alta Formazione ha inaugurato una nuova stagione per i professionisti. A Trieste si festeggia insieme a Daria Illy, Coffee Culture Director per illycaffè, e al Direttore dell’università Moreno Faina. I quali hanno vestito i panni di docenti per la stampa italiana ed estera, donando alcuni piccoli assaggi di caffè e sul caffè.

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Università illy condivide il concetto di Joyful

Sul quale ha insistito molto Daria Illy, in quanto definisce lo stesso brand, seguendo le tre direzioni di “good, goodness and beauty”. Ovvero della qualità, della sostenibilità economico-sociale-ambientale e della cura dell’estetica. È ancora lei a sottolineare come le aule di questa università siano il luogo in cui apprendere tutto della materia prima. Sia in termini chimico-fisico, che di storia della filiera, metodi di lavorazione, management… insomma: un quadro il più completo possibile di un mercato variegato e complesso.

Al di là del legame con il marchio illycaffè, all’interno delle 28 sedi sparse nel mondo, il fine ultimo resta quello di diffondere conoscenza e competenze

Per valorizzare l’intera catena di coltivazione, produzione, consumo. Su questo stesso punto ha insistito Moreno Faina, il quale ha fatto riflettere su un dettaglio all’apparenza banale, ma sintomatico: il logo della stessa Università illy, dalla sua prima ideazione sino al 2013, non comprendeva il marchio aziendale. Proprio a sottolineare lo spirito con cui è stata aperta questa scuola: nel nome del caffè e non dell’azienda.

I numeri sull’università illy

Cifre alla mano, il successo è matematico: oltre 270 mila studenti formati dal 2000 ad oggi e 27 mila partecipanti per l’anno accademico 2019. Di questi, mille produttori, 1.800 professionisti e 8.000 i consumatori. Ripartiti per il 33% dall’Italia, il 9% dall’Africa, il 21% dall’Asia; l’11% dal Nord-Sud America e il 26% dall’Europa. Una richiesta soddisfatta da ben 120 docenti operativi attraverso training online e offline. Sottoposti a test periodici per poter garantire un’offerta didattica aggiornata e coerente in tutte le sedi sparse nel mondo.

Una full immersion con Moreno Faina

Uno dei fondatori dell’Università, che ne ha seguito e tutt’ora ne segue gli sviluppi e le potenzialità formative, ha condiviso con un pubblico di non addetti ai lavori una piccola parte di ciò che c’è da sapere sul chicco. A partire da un’affermazione che, per un italiano, potrebbe esser spiazzante: “La crema ci dice solo se il caffè è preparato bene, ma non se è buono”. Per poi individuare i 9 elementi calibrati all’interno del blend unico illycaffè: l’amarezza, l’acidità, la dolcezza; il corpo, l’aroma globale e il pan tostato; il caramello, il cioccolato, il fiorito e il fruttato.

Tornando ai numeri, Faina ha illustrato alcuni dati importanti

Come ad esempio il fatto che oggi si sia arrivati a trovare una soluzione di risparmio dell’acqua per il trattamento a umido dopo il raccolto. Trattamento che comporta l’impiego di soli tre litri per lavorare un chilo di ciliegie di caffè. Un notevole passo avanti in termini di rispetto delle risorse ambientali, sempre più scarse e da usare con parsimonia.

È stato fatto anche notare che nel mondo, la coltivazione di questa materia prima dia lavoro a 25 milioni di famiglie in ben 70 Paesi d’orgine. Arrivando a una produzione mondiale annuale, di 168.093.000, secondo i dati riportati dall’Ico, l’International coffee organization.

Un dato allarmante indicato da Faina, riguarda la crescita costante del divario tra consumo e produzione

L’andamento segna che, nel 2050, ci sarà una domanda del prodotto decisamente più elevata rispetto all’effettiva disponibilità della bevanda. Una tendenza su cui tutte le aziende del settore, devono opporre una forza contraria.

Curiosità finale, rispetto al consumo vero e proprio di caffè: non tutti lo sanno, ma i più grandi bevitori restano i finlandesi. Che, tra l’altro, importano al 99% Arabica. La varietà con meno caffeina e quindi…con meno effetti collaterali dati dalla quantità assunta.

All’ università dalla teoria alla pratica

La prima parte introduttiva è stata poi seguita da una dimostrazione dal vivo con la guida del docente Stefano Giannine. Il quale ha accompagnato il pubblico un po’ più istruito dopo la lezione di Faina, nelle estrazioni alternative: sul tavolo è andato in scena il Chemex, con un decaffeinato. Alla prova poi diverse preparazioni espresso con una macinatura più fine e una meno fine.

La prima sotto estratta a 8 secondi, la seconda invece sovraestratta oltre i 40″. Per comprendere sul palato che cosa si intende per caffè cattivo.

Infine, una breve parentesi dedicata al cappuccino e la differenza tra crema (ottenuta con la giusta temperatura e inclinazione) e schiuma del latte (meno elastica e mal realizzata).

Un giro nel cuore dello stabilimento

Il lavoro della fabbrica in azione, con i macchinari attivi e ipnotici. Animati da braccia automatiche che ripetono la stessa azione alla velocità della luce e carrelli sospesi per aria che trasportano i pacchi senza chiedere il permesso: tutto questo è la quotidianità nello stabilimento illycaffè. Dove tutto sembra fantascientifico e all’avanguardia e un altro tassello del grande lavoro dietro le quinte e la tazzina, che spesso i consumatori al bancone danno per scontato.

La degustazione accompagnati da David Brussa, Direttore della qualità illycaffè

Fuori dagli strumenti di assemblaggio e selezione, lontani dai meccanismi di pressurizzazioni, il rientro all’ Università, per mettere alla prova ulteriormente le papille gustative. Stavolta in compagnia con un professionista di eccezione, Super Senior dell’assaggio: David Brussa.

Il quale ha proposto tre gradi di tostatura diversa del blend da lui definito “dinamico”, in quanto cambia sino a tre volte al giorno. Le prime tre proposte: il classico e l’intenso, con 15 grammi, e il forte, dal volume ristretto di 11/12 grammi. E, dopo aver allenato il palato alla ricerca di sentori specifici tra caramello e cioccolato fondente, il passaggio a un altro senso: l’olfatto.

Tra le mani degli “studenti”, dei chicchi difettosi che, macinati, hanno sprigionato aromi decisamente poco gradevoli. Alcuni colorati foxy, caratterizzati da un sentore di bruciato; altri bianchi dal sapore legnoso e infine, i temibili chicchi neri, gli stinky: qualcosa che ci si augura di non riconoscere mai nella propria tazza.

Le monoarabica

Per concludere questa vera esperienza sensoriale, 5 proposte di monoarabica illy: il Brasile, l’Etiopia, il Guatemala, il Colombia e l’Idillyum ancora in fase di sperimentazione proveniente da El Salvador: si tratta di un caffè naturalmente a basso tenore di caffeina. Delle soluzioni forse un po’ meno potenti aromaticamente rispetto alle prime miscele, esaltate sapientemente nell’equilibrio dei 9 elementi del blend illycaffè. Ma che comunque sono state apprezzate dal pubblico di giornalisti ormai diventati conoscitori più informati della bevanda.

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