mercoledì 10 Aprile 2024
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The Coffee Essence, Garavello scrive “Per gli amanti della bevanda e per i professionisti”

L'autore: “Quando ho iniziato a strutturare il libro ho pensato in primis agli operatori dell’industria, senza però del tutto escludere anche gli appassionati e i curiosi. In passato avevo già letto diversi libri di riferimento e manuali e avevo riscontrato che tanti tra quelli pubblicati, dipendendo spesso da collaboratori e sponsorship, contengono pagine dedicate ad incantevoli fotografie e pubblicità che però non trasmettono nozioni. Questo libro/manuale permette invece di sensibilizzare tanto gli amanti del chicco come i professionisti.”

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MILANO – A cogliere la sfida della condivisione della conoscenza attorno al mondo nascosto dietro una tazzina di espresso, un altro barista che, come molti altri in questo periodo, hanno deciso di sfruttare le proprie competenze trasferendole su carta: Guido Garavello, barista e trainer, si è seduto armandosi metaforicamente di carta e penna e ha auto pubblicato il manuale The Coffee Essence. Un libro che esplora passo dopo passo l’universo del chicco a partire dalle origini sino al momento dell’erogazione.

The Coffee Essence spiegato dal suo autore

Innanzitutto perché ha deciso da barista di scrivere un manuale?
“Ho scelto da barista e da tecnico che questa fosse la forma più adatta alla mia necessità di radunare le mie conoscenze, trasponendole in un manuale per renderle così disponibili alla comunità sia degli amanti della materia sia dei professionisti.”

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A chi ha pensato quando ha iniziato a strutturare il libro? Al consumatore finale o agli operatori?

La copertina del libro The Coffee Essence

“Quando ho iniziato a strutturare il libro ho pensato in primis agli operatori dell’industria, senza però del tutto escludere anche gli appassionati e i curiosi. In passato avevo già letto diversi libri di riferimento e manuali e avevo riscontrato che tanti tra quelli pubblicati, dipendendo spesso da collaboratori e sponsorship, contengono pagine dedicate ad incantevoli fotografie e pubblicità che però non trasmettono nozioni. Questo libro/manuale permette invece di sensibilizzare tanto gli amanti del chicco come i professionisti.”

Che cosa trova il lettore dentro The Coffee Essence?

“Il lettore all’interno del testo incontra i pilastri fondamentali della materia, che inevitabilmente sono soggetti ad innovazione e implementazione e che allo stesso tempo aiutano a formare una solida base di riferimento da cui partire per approfondire la materia e ampliarne la conoscenza con maggiore senso critico.”

Qual è stato il capitolo che lo ha messo più alla prova come professionista? Ha dovuto fare delle ricerche, appoggiarsi ad altri colleghi?

“Penso che il capitolo più spinoso riguardi il WCR Sensory Lexicon: quella del lessico sensoriale è una disciplina costantemente messa in discussione con il paragone tra diversi sistemi. Infatti da una parte esiste la SCA coffee taster’s flavour wheel e dall’altra molti professionisti preferiscono affidarsi ad un’altra chiave di lettura come per esempio la counter culture coffee taster’s flavor wheel. Nonostante queste differenze, ancora oggi si trovano delle discrepanze interpretative negli attributi che apparentemente sembrano talvolta essere positivi talvolta negativi – mi riferisco a termini come avvinato (winey) o fermentato (fermented)-.

Il WCR Sensory Lexicon è un vocabolario sensoriale vivo, nel senso che è soggetto all’analisi di nuovi spettri sensoriali man mano che nuove varietà di caffè vengono analizzate e perciò bisogna essere flessibili. Allo stesso tempo, chi è maggiormente erudito dovrebbe contribuire a definire e condividere con la medesima comunità scientifica che lo ha formato a condividere deduzioni e riflessioni in merito. La stessa WCR stimola i professionisti dell’assaggio a inviar loro eventuali nuove terminologie e materiali di riferimento per ampliare l’efficacia dello strumento di analisi.

Mentre per quanto riguarda la stesura vera e propria, il manuale è il risultato delle mie ricerche e letture accumulate negli anni, a partire dal 2010 ad oggi. Ho preferito non appoggiarmi a nessun collaboratore per avere il pieno controllo del testo e poter plasmare in piena autonomia la mia opera autoprodotta, editata, revisionata e tradotta in Italiano, spagnolo ed inglese.”

Come mai non ha toccato l’argomento capsule (pur molto diffuso in termini di consumo)?

“Conoscendo l’industria dei processi produttivi per esperienza diretta, ho preferito escludere l’argomento capsule. Il caffè è una materia prima viva ed estremamente delicata e per questo soggetta ad alterazioni biologiche, chimiche e fisiche. Ci sono dei fondamenti sia oggettivi che soggettivi su questo metodo di consumo che non mi convincono. Il fatto di “ingabbiare” il macinato e iniettare nelle capsule gas nitrogeno per la conservazione o l’utilizzo di leghe di alluminio per la fabbricazione del contenitore che poi verrà punzonato durante l’estrazione, lo trovo fuorviante. Fondamentalmente questa tecnologia nasce per favorire la consumazione, la facilità di utilizzo, la pulizia, ma di fatto genera un incredibile dispendio di prodotti, acqua, metalli ed emissioni senza precedenti, oltre al problema della riciclabilità delle stesse capsule esauste.

Penso che il monoporzionato allontani molto dal concetto di qualità e alteri il prodotto riducendone la sua stessa natura ed essenza ai minimi termini. Ci sono aziende che usano 5,5 grammi ed altre a 8,2 grammi di caffè: di fatto una tazzina così estratta può arrivare a costare 3 volte tanto rispetto ad un espresso classico, senza di fatto però conferire alcun valore aggiunto alla qualità della materia prima.”

Secondo lei, come mai sono tanti i baristi che ultimamente scelgono di scrivere per far luce sulla bevanda? Il pubblico è ricettivo?

“Penso che fondamentalmente alla base di questo fenomeno ci sia la mancanza di una letteratura nutrita sul tema, soprattutto in lingua italiana. Esistono molti più libri e fonti in inglese e spagnolo sulla materia caffè. Si pensi per esempio a tutti quei paesi produttori del centro e sud America che sono agronomi coltivatori ed esportatori, la cui principale lingua è lo spagnolo. Poi ingrandendo la lente ai rapporti commerciali internazionali, la lingua dominante continua oggigiorno ad essere l’inglese. Mentre per quel che concerne le tecnologie e gli sviluppi ingegneristici delle macchine, l’Italia in tale senso continua ad essere uno dei principali leader, eppure non sono in tanti a scrivere in italiano quando si tratta di fare divulgazione sulla bevanda per il settore.”

Pensa di scrivere altro oltre The Coffee Essence, o magari ampliare con nuovi capitoli per le prossime edizioni?

“Ho cercato di non lasciare sprecati i tempi morti del 2020/21 per scrivere questo libro e un altro che lo ha preceduto, riguardante il bartending: il titolo è The Bartending Script – La Bibbia dei Barmen. Non escludo poi in un futuro di poter sviluppare un’altra opera o di poter cooperare in tal senso con altri professionisti del settore.”

Il libro è acquistabile a questo link.

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