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Starbucks alza i prezzi malgrado il calo del verde

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NEW YORK – Poco importa se i prezzi sui future del caffè Arabica siano scesi di circa il 42% rispetto al picco dell’anno scorso. Da oggi, gustare bevande Starbucks costerà in media l’1% in più. La catena americana di caffetterie ha deciso di ritoccare al rialzo il suo listino-prezzi per tenere conto dell’aumento delle spese legate a salari e affitti.

Forse i consumatori non se ne renderanno conto: continueranno a strisciare le loro carte di credito senza accorgersi di un aumento del conto che spazierà dai 5 ai 20 centesimi di dollari in alcuni negozi e in determinati mercati.

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Di fatto però Starbucks scarica su di loro i costi legati alle proprie attività anche se l’azienda di Seattle giustifica la mossa con toni eleganti: «La nostra filosofia di prezzo», ha spiegato una portavoce al Wall Street Journal, «punta a bilanciare la necessità di svolgere il nostro business in modo efficace fornendo allo stesso tempo il massimo valore ai nostri consumatori».

Starbucks – che circa un anno fa aveva incrementato i prezzi su scala nazionale – agisce così in controtendenza rispetto a J.M. Smucker, che la scorsa settimana aveva annunciato una riduzione dei prezzi del 6% circa per molte dei suoi prodotti a base di caffè proprio grazie al ritracciamento del costo della materia prima. Gli analisti si aspettano che anche Kraft Foods Group faccia altrettanto.

Eppure Starbucks si inserisce in un trend che sta prendendo piede nel settore di riferimento, tanto più che le sue spese non sono legate solo ai chicchi di caffè.

Anche Chipotle Mexican Grill – la catena messicana di “fast-casual”, il segmento a rapida crescita nella ristorazione – sta alzando i prezzi delle sue pietanze per riflettere un aumento dei salari in alcune delle città Usa.

E lo fa in modo più aggressivo. Basti un esempio: a San Francisco (California) il salario minimo orario è salito a 12,25 da 10,74 dollari. E così in media il menu Chipotle è aumentato di oltre il 10% rispetto a un +4% visto in altre città.

Starbucks però lascia intatti i prezzi dei prodotti alimentari che offre: sono quelli a trainare le vendite. Non un beverone di caffè o le versioni di latte tanto amate dagli americani.

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