venerdì 03 Maggio 2024
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Sonja Björk Grant: “L’espresso sta crescendo anche in Islanda”

La guru del caffè: "Gli islandesi bevono ancora molte bevande a base di latte, ma mi sembra che la cultura dell'espresso stia crescendo. Ci sono 11 torrefazioni islandesi e tutte importano Arabica di alta qualità. Tre/quattro di queste sono di dimensioni maggiori, e vendono i loro chicchi nei supermercati, gestendo i propri coffeeshop. Le altre torrefazioni sono considerate micro roastery."

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MILANO – Direttamente dall’Islanda arriva una ventata di freschezza con l’intervista a Sonja Björk Grant, una vera e propria guru del settore, dai concorsi – a cui ha partecipato come giudice, mettendo in piedi l’intero sistema delle competizioni – alla sua instancabile attività di barista, tostatrice e formatrice.

Insomma, l’esperienza sul campo non le manca e abbiamo avuto il piacere di raccontare il suo mondo di specialty.

Triestespresso

Sonja Björk Grant gestisce la sua attività chiamata Kaffibrugghúsið – un’azienda di caffè multifunzionale: cosa significa esattamente?

“L’idea alla base di Kaffibrugghúsið è quella di essere una micro torrefazione all’ingrosso/al dettaglio, un centro di conoscenza che offre seminari e la possibilità di formazione per chiunque sia interessato, dai professionisti del caffè agli amanti della bevanda. Abbiamo molti gruppi che partecipano a sessioni di cupping per sperimentare i diversi profili in tazza e spingere le papille gustative oltre i limiti.

Inizialmente, Kaffibrugghúsið doveva essere anche un coffeeshop con il servizio della colazione. Ma durante il Covid 19 il format è cambiato e il locale non ha mai aperto. Ora l’idea di avviarne uno nostro non è tra le nostre priorità. Stiamo ripensando allo spazio e al tipo di servizio che vorremmo offrire. Potrebbe essere un pop-up café con orari di apertura limitati, chissà”.

Come professionista e formatore di giudici, lei ha influenzato lo sviluppo del sistema di giudizio delle gare: può dirci in che modo?

“Mi sono trovata probabilmente al momento giusto in compagnia di persone veramente ispirate, quando si sentiva il bisogno che la scena per i baristi cambiasse. Ho avuto la fortuna di essere stata coinvolta nei World Coffee Championships ancor prima del 2000, anno in cui si è tenuto il primo WBC. Poi ne ho seguito l’evoluzione nei primi anni di sviluppo, all’interno delle organizzazioni europee e americane di specialty coffee e quindi automaticamente nei primi passi del World Coffee Event che dal 2011 supervisiona tutti e 7 i campionati mondiali del caffè.

Il mio percorso mi ha vista in prima linea dall’organizzazione dei campionati, alla partecipazione ai vari comitati che si occupano di formulare i regolamenti per le diverse gare. Calibrare e formare i giudici a livello nazionale/internazionale è stato il mio più grande interesse e far parte del team che ha creato i sistemi di training della giuria è stato davvero divertente e stimolante. Sono figure che devono sottoporsi a una formazione e a un aggiornamento che non finiscono mai. Programmi didattici come il WCEP (World Championship Educational Program) sono stati molto utili da questo punto di vista a livello nazionale.

Sonja in veste di giudice in Belarus

Guardando indietro, mi sento estremamente fortunata ad aver incontrato tutti questi fantastici professionisti nel corso degli anni e ad aver avuto la possibilità di contribuire a spingere i confini della professionalità dei baristi con l’obiettivo di “pensare globale, agire locale“. Sembra così facile quando pronuncio queste parole, ma naturalmente è stato possibile solo grazie a persone impegnate e disposte a dedicare volontariamente il loro tempo libero e la loro passione per contribuire allo sviluppo del nostro settore”.

Quanto sono importanti le competizioni per sviluppare la figura del barista in tutto il mondo?

“La mia opinione è che i campionati siano stati un capitolo molto importante per far progredire questa professione in tutto il mondo. Non solo il mestiere del barista è più rispettato dai consumatori, ma gli stessi operatori rispettano la propria professione in modo più sano. E l’intera industria si è sviluppata molto con l’aiuto di baristi impegnati che cercano opportunità per avere un maggiore impatto da dietro al bancone.

I campionati erano l’unica misura per determinare il successo di questa figura, ma oggi ci sono più strumenti educativi da utilizzare per andare ancora oltre. Credo comunque che l’allenamento per un campionato a livello nazionale/mondiale sia la migliore pratica a lungo termine con risultati complessivamente ottimali”.

Lei ha allenato diversi campioni in diversi Paesi, ma ha mai pensato di salire sull’altra parte del podio?

Sonja Björk Grant scherza: “In passato mi sono cimentata nell’equitazione, nella corsa 800m, nell’hockey su ghiaccio, nella pallamano, nel calcio e in altri sport. Ho partecipato solo una volta a un campionato nazionale di baristi (nel 2000) e non sono stata brava. Quindi la risposta semplice, è no“.

Sonja Björk Grant ci parla anche del suo lavoro nella Gilda dei torrefattori

“Per cominciare, sono stato contattata da SCAE e mi è stato chiesto di contribuire alla creazione di una Roasters Guild of Europe. Sono stata davvero felice e onorata di avere la possibilità di sviluppare un’organizzazione di questo genere. Ho riunito grandi torrefattori professionisti provenienti da diversi Paesi d’Europa e a giugno 2015 ci siamo incontrati per definire insieme un’organizzazione che fosse incentrata su istruzione, scienza, networking e trasparenza, oltre che nello sviluppo di altre idee stimolanti.

Abbiamo stabilito un comitato e abbiamo creato il Roasters Camp. Il modello si è basato sul ritiro della Roasters Guild of America. Il primo Roasters Camp della Roasters Guild of Europe si è svolto nel 2016 ed è stato un grande successo, diventando immediatamente  un evento indipendente, creativo, stimolante e divertente.

Nel 2017/2018 le Roasters Guild europee e americane hanno unito le forze e sono diventate un’unica organizzazione, The Coffee Roasters Guild. La versione europea ha mantenuto il suo carattere indipendente e lo stesso è avvenuto per quella americana. Il mio ultimo intervento risale all’inizio del 2021, come presidente uscente del consiglio di amministrazione della CRG, che ho rappresentato nel consiglio di amministrazione della SCA. Dall’unificazione delle organizzazioni, è nato l’obiettivo di diventare più globali, missione che è stata perseguita attivamente. Anche se non sono più coinvolta direttamente, posso affermare che i goals originari sono ancora rispettati e portati avanti”.

Come si beve e si tosta il caffè in Islanda?

“In Islanda si beve molto caffè filtro, in batch brew. La prima macchina per caffè espresso è arrivata in Islanda nel 1958, ma solo dopo l’inizio dei campionati (nel 2000) il barista ha iniziato a essere più rispettato in questo Paese. Gli islandesi bevono ancora molte bevande a base di latte, ma mi sembra che la cultura dell’espresso stia crescendo. Ci sono 11 torrefazioni islandesi e tutte importano Arabica di alta qualità. Tre/quattro di queste, sono di dimensioni maggiori e vendono i loro chicchi nei supermercati, gestendo i propri coffeeshop. Le altre torrefazioni sono considerate micro roastery, come ad esempio la mia stessa azienda, Kaffibrugghúsið.

Le realtà più piccole tostano il loro caffè in modo più leggero rispetto a quelle più grandi. Ma direi che in generale le torrefazioni in Islanda tostano light o medium light. Sono i profili tipici scandinavi”.

Sonja Björk Grant, com’è la scena delle specialità in Islanda? La terza ondata è ancora esplosiva o stiamo parlando di fasi successive?

“La scena dello specialty è piuttosto semplice in Islanda. È un mercato di 350.000 persone e la prima torrefazione della Third Wave è stata avviata da me nel 2008,  con Kaffismidja Íslands (ho venduto l’azienda nel 2013 e il nome è stato cambiato in Reykjavík Roasters, attualmente contano 3-4 sedi). Questi coffeeshop servono caffè preparati a mano, batch brew, coldbrew e bevande a base di espresso. Poiché si tratta di un mercato piccolo, non ci sono molte cambi di rotta esplosivi”.

Come pensa che si evolverà il settore? Quali sono le tendenze future?

Sonja Björk Grant: “Penso che ci troviamo ancora all’interno della seconda/terza ondata e non vedo molti grandi cambiamenti o tendenze innovative che si affacceranno presto. Ma credo che sia divertente non sapere ogni cosa e che si possa rimanere sorpresi da alcuni trend stimolanti che si verificano accidentalmente”.

E cosa ci può dire dei suoi prossimi progetti professionali e personali?

Sonja Björk Grant conclude: “È una domanda importante! Credo che il Covid ci abbia aiutato a ripensare i progetti, a trarre ispirazione dalla vita e a spostare l’attenzione su cose differenti. Così come ci ha insiegnato ad essere più creativi e coraggiosi quando si tratta di affari. Ho un comproprietario, Njáll Björgvinsson, e abbiamo davanti a noi diversi compiti interessanti per continuare a importare caffè verde di qualità. Vogliamo essere responsabili delle nostre azioni verso la natura, l’ambiente, spingere per una maggiore consapevolezza sociale e per il sostegno alla comunità mondiale del caffè. Ci sono così tante idee da mettere in pratica.

Per quanto riguarda i miei progetti personali… il caffè è una specie di hobby oltre che un lavoro, mi piace che il futuro sia aperto e non abbia un piano già scritto. Molto probabilmente continuerò a viaggiare in Islanda o all’estero per fare escursioni ed esplorare nuove avventure. Insomma… solo per essere presente e godermi la vita con una tazza di caffè”.

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