lunedì 15 Aprile 2024
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SCRIVE FRANCESCO SANAPO – Stop alla standardizzazione del gusto, imponiamo la diversità

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di Francesco Sanapo

Non voglio creare nessun allarmismo, ma solo portare l’attenzione su alcuni aspetti reali della grande industria del caffè. Nei miei ultimi viaggi nei paesi di origine (parlo quindi dopo aver toccato con mano, in prima persona), mi sono reso conto sempre più di quanto sia difficile far crescere le piante di caffè e, di conseguenza, quanto duro sia il lavoro per produrlo prima che questo frutto della terra arrivi nelle nostre case: le sfide quotidiane per un produttore sono sempre più dure.

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In questi anni nei paesi d’origine, soprattutto quelli centro-americani, si sta combattendo contro un fenomeno di grande entità e forza: la ROJA (leaf rust).

La roja è un fungo di cui si ha conoscenza sin dai tempi dei dinosauri, quindi è da sempre indistruttibile e, quando si presenta, è difficile da combattere. La roja (o rust) attacca la foglia e provoca una defogliazione precoce della pianta, bloccandone perciò la nutrizione.

Questo perché la foglia è la parte dell’albero che trasforma la luce del sole in energia, fondamentale per la nutrizione della pianta (fotosintesi clorofilliana). La reazione dell’albero di caffè colpito da questa malattia è, nei casi migliori, il blocco della produzione; nei casi peggiori, la morte della pianta stessa.

Non potrò dimenticare mai le parole di un produttore le cui piante erano state colpite da questo fenomeno che, con le lacrime agli occhi, mi disse che la roja è impossibile da eliminare e che l’unica soluzione è solo trovare un modo per conviverci.

In questi anni, le grandi aziende del settore hanno trovato e studiato un modo per aiutare i paesi di origine ad affrontare questo fenomeno, identificandolo come la grande soluzione alla lotta contro questo fungo: ma sarà l’aiuto giusto? Nessuno lo può dire!

La soluzione che la grande industria sta sperimentando consiste nell’immettere sul mercato ibridi fatti nascere in laboratorio e resistenti alla roja; queste “nuove varietà”, se da un lato offrono all’agricoltore grosse produzioni resistenti al fungo, dall’altro vanno ad impoverire ogni forma di diversità, generando caffè uguali identici tra loro, che rendono perciò il caffè un prodotto standardizzato, come è già successo per molti altri alimenti primari.

Nei miei viaggi nei paesi di origine mi sono imbattuto in cooperative che si sono attrezzate con l’aiuto di grandi aziende,  per lo studio e poi la coltivazione di questi ibridi: mi sono trovato di fronte a distese di varietà come OBATA, ICATU, LEMPIRA e PARINEMA.

Per quanto questa soluzione possa essere utile, poiché le piante nate da questi studi sono effettivamente più resistenti alla roja e quindi anche più produttive, non posso nascondere la mia preoccupazione, perché penso che la costante coltivazione di queste varietà potrà condannare alla completa estinzione varietà pregiate, che fino a ieri identificavano il gusto di un intero Paese.

Come già detto, nessuno può giudicare se questa sia una soluzione valida o no; quello invece che secondo me può tornare utile a noi semplici coffee lover (ma lo può essere anche alla grande industria), prima ancora di procedere con metodi invasivi, è di toccare con mano la realtà in cui vivono i produttori di caffè.

Fortunatamente, la “grande soluzione” non è stata adottata da tutte le azienda produttive colpite dal fungo: ci sono produttori di caffè che lottano quotidianamente pur di non perdere l’unicità del loro caffè, trovando metodi “casalinghi” per fronteggiare l’avanzata della roja, ed è con questi produttori che voglio lavorare ed è a loro che darò il mio più grande supporto.

Come ben sapete, è da anni che provo a instaurare rapporti sempre più diretti con produttori impegnati nella qualità, e penso che quest’approccio sia importante, perché ci permette di conoscere personalmente le persone che ci forniscono il caffè, stringere loro la mano e conoscere il posto dove vivono, conoscere le loro tecniche agricole.

Tutto questo ci dà soprattutto una migliore garanzia di una produzione di alto livello qualitativo che genererà, senza ombra di dubbio, un commercio di qualità tra parti che si sentono coinvolte nella stessa missione: servire caffè esclusivi e unici, fregandosene di tutto quello che il commercio globale tende ad imporre.

Solo così, forse, si può superare ogni ostacolo che madre natura (e non solo), pone dinanzi a noi!

Francesco Sanapo

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