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Salute e scienza: l’amore per l’aroma del caffè è già nel dna

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MILANO –La decrittazione del dna e la scoperta del significato dei vari geni ha portato all’individuazione dei i geni che ci fanno scegliere i cibi. In questo modo prenderanno sempre più spazio le diete genetiche personalizzate e alla preparazione di cibi adatti alla salute, ma anche buoni.
Una serie di scoperte tutte di ricercatori italiani dimostra che la predilezione per i cibi, dall’amore per il caffè a quello del pane, si nasconde nel dna. Il risultato è il frutto di una ricerca di ricerca di un gruppo di scienziati dell’Università di Trieste e Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) di Busto Garolfo coordinato da Paolo Gasparini, che ha presentato nei giorni scorsi i risultati raggiunti in occasione della conferenza della European Society of Human Genetics (Eshg).

Carciofi, caffè, broccoli, vino bianco e pancetta sono solo alcuni dei 17 cibi di cui i ricercatori italiani hanno individuato, per la prima volta, uno specifico gene che ce li rende più o meno amati.

Per farlo, i ricercatori hanno raccolto le preferenze alimentari relative a 80 diversi cibi a circa 4.000 volontari, «di queste persone – ha spiegato Nicola Pirastu, dell’Università di Trieste – abbiamo poi analizzato tutte le varianti genetiche e individuato così quelle varianti che modificano la gradevolezza di alcuni cibi».

Sorprendentemente, nessuno dei geni individuati è associato ai recettori del gusto o dell’olfatto eppure risulta evidente che influiscono la nostra percezione o elaborazione del gusto. «Pensiamo ad esempio – ha spiegato Pirastu – che il gene che modula la percezione del sale agisca a livello neuronale intensificandone il segnale trasmesso».

Le pioneristiche scoperte dei ricercatori italiani nascono dall’obiettivo di capire i legami tra genetica e nutrizione, ossia come il genoma modifichi la percezione del gusto, e aprono la possibilità di creare diete personalizzate estremamente efficaci non solo nella perdita di peso, ma anche per contrastare malattie come ipertensione o cancro.

«Potremo ad esempio predire dal profilo genetico – ha proseguito Pirastu – cosa ogni persona gradisca di più. Capire cosa di quel cibo gli piace oppure no. Uno dei limiti delle diete è dovuto infatti al fatto che si tratta di cibi reputati non buoni, in questo modo potremmo capire cosa non mi piace degli spinaci, ad esempio, e trovare il modo per renderli più accettabili».

 

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