giovedì 03 Luglio 2025

Riccardo Depetris sul Theobroma alternativo: “Soltanto 3 o 4 sono validi per diventare cioccolato”

Le sue creazioni del Monviso uniscono il cioccolato e la passione della montagna di Depetris: la macchina che frantuma il cioccolato ad esempio, ha raccontato, è stata modificata, inserendovi la pietra del Monviso per realizzare la macina. “È un’esperienza tra la montagna e il cacao delle zone tropicali.”

Da leggere

TME Cialdy Evo

Condividi con noi le tue storie legate al caffè scrivendo a direzione@comunicaffe.it.

MILANO – Il cacao sta attraversando un periodo lungo di crisi per quanto riguarda l’andamento dei prezzi – che hanno toccato punte massime da record e ancora oggi non accennano ad assestarsi – e il prodotto finale ne risente di conseguenza. In questo scenario, chi lavora all’interno del settore deve rivoluzionare il modo di arrivare al risultato finito. Un esempio di sguardo trasversale e lungimirante, è dato dal chocolate makers Riccardo Depetris, esperto del Theobroma alternativo.

Le sue creazioni del Monviso uniscono il cioccolato e la passione della montagna di Depetris: la macchina che frantuma il cioccolato ad esempio, ha raccontato, è stata modificata, inserendovi la pietra del Monviso per realizzare la macina. “È un’esperienza tra la montagna e il cacao delle zone tropicali.”

Depetris, partiamo proprio dal Theobroma cacao: che cosa definisce esattamente?

“Il termine Theobroma sta a indicare proprio scientificamente il prodotto cacao: thebroma cacao significa letteralmente “cibo degli dei”. Un attributo che è stato conferito durante la classificazione delle specie vegetali dal ricercatore che lo ha per primo catalogato.
“Cibo degli dei” in quanto strettamente legato alla civiltà Maya, all’interno della quale era considerato un alimento dedicato alle divinità per le sue proprietà benefiche ed energetiche.

Il cacao cerimoniale fa parte di questa concezione e culturale, usato nei riti pagani come bevanda da servire in occasioni sacre e di buon auspicio.”

Lei è diventato un esperto di Theobroma alternativo: ci racconta di che si tratta? Quanti sono, sono tutti commestibili come il cacao? Dove vengono coltivati principalmente?

“Il Theobroma cacao fa riferimento al prodotto cacao di per sé. Tuttavia, all’interno della stessa famiglia dei Theobromi ne esistono di altri, dei cugini stretti del cacao. Si trovano oggi almeno una quindicina catalogati, ma non tutti risultano idonei per la realizzazione di un prodotto fac smile del cioccolato.

Sono per lo più ancora sconosciuti, in primis perché non vengono coltivati sistematicamente, ma sono raccolti nella zona della foresta amazzonica e tropicali un po’ casualmente. Parliamo di un rapporto 1 a 100 rispetto al cacao convenzionale.

Di quelli che ho provato, soltanto 3 o 4 sono risultati validi per diventare cioccolato. Questo perché si deve ottenere un sapore gradevole, con sentori simili a quelli dal cacao tradizionale. La loro caratteristica è quella di contenere una quantità di grassi differente e di fibre, che li rendono complesso nella lavorazione.

Hanno percentuali di componenti intrinsechi, differenti del cacao: un Theobroma cacao ha il 50% di burro di cacao al suo interno, mentre un Theobroma Bicolor ne ha intorno al 20-30% e questo determina una trasformazione più difficile, dato che resta più secco e bisogna avere più accortezza nella lavorazione.

Questi Theobroma alternativi si trovano più che altro nell’America Latina, nel centro e nella zona amazzonica (Perù, Equador, bassa Colombia, Venezuela).

Il Bicolor e il Glendaforum del Brasile sono già maggiormente coltivati, perché le loro proprietà sono utilizzate anche in campo della cosmesi. A livello alimentare, sono meno sfruttati perché sono sempre stati poco conosciuti dall’industria, anche perché spesso non raggiungono volumi interessanti per grosse quantità ed inoltre è più difficile realizzare il prodotto finale considerando questi come materia prima di partenza.

È un processo complesso anche istruire i coltivatori al fine di orientarli verso una produzione consapevole dei Theobroma alternativi: in Guatemala abbiamo avviato un piccolo orto con qualche pianta sperimentale, ma ci vorranno diversi anni per vedere i primi risultati: nel 2022 è partito il progetto e ora attendiamo di raccoglierne i frutti.

I farmers ancora non ne vedono le potenzialità, anche per loro non è un prodotto alimentare che consumano molto. Per ora hanno intravisto nel cacao tradizionale una materia prima interessante per l’industria e quindi hanno deciso di investire su di esso, ma non è ancora lo stesso per i Theobroma alternativi.”

Quindi con i Theobroma alternativi, ufficialmente si sfata il colore scurissimo che tutti associano ad un fondente di alta qualità?

“In effetti, la cosa che colpisce è proprio il colore in degustazione. Quando presento una tavoletta verso il beige, di un marroncino molto chiaro, pensano che si tratta di un cioccolato al latte quasi sporco. Poi lo assaggiano, scoprono che si tratta di un fondente, ed è una bella sorpresa.

Nel cioccolato in generale, quando viene classificato come extra noir, si intende un prodotto che viene tostato a temperature molto elevate ed è questo a determinare la sfumatura molto scura (parliamo di una media di 180 gradi). Invece io e i miei colleghi, volendo salvaguardare i sapori, non andiamo mai oltre 125 gradi per cottura.

Non c’è sempre un’attenzione maniacale sulle origini e la valorizzazione dei sapori caratteristici dei cacao che vengono trasformati, anzi di solito si trasformano delle miscele di diverse provenienze che vengono uniformate in un unico sapore con delle tostature piuttosto spinte. Le grandi industrie oggi producono delle tavolette che sono replicabili con costanza e riconoscibili nel gusto.

Come artigiano, cerco sempre di reperire in giro per il mondo origini particolari che stupiscano innanzitutto il mio palato e poi di salvaguardare la loro unicità organolettica, con temperature basse e lente (anche più di un’ora di cottura) che conservino i sapori e i profumi della fava originale. Questo determina un colore più tenue alla vista: parliamo di qualità con le sfumature complete del marrone.

I Theobroma alternativi, come il Bicolor, danno una sensazione quasi di frutta secca. Personalmente lo abbino alla castagna, che a primo impatto non si ricollegherebbe al cioccolato, ma potrebbe invece richiamare molto il gianduia chiaro. Nell’after taste resta molto compatto e intenso.

Lo trasformo spesso in tavoletta, ma ho svolto diverse prove anche per le praline, utilizzando una ganache monorigine da questo frutto o abbinato con altri sapori che si sposano bene (come la frutta esotica, un mix tra mango e passion fruit, l’albicocca, oppure il limone che lo smorza e lo rende più appetibile con la sua nota acida).

La difficoltà maggiore è che ha poca fluibilità, risulta al contrario molto più compatto. Per preparare le praline quindi diventa complesso temperarlo, creare la camicia in cui inserire il ripieno del cioccolatino. Bisogna essere rapidi. Ho fatto davvero tante prove per capire come valorizzarlo e ancora oggi non ho terminato di migliorare.”

E allora dove sono i vantaggi?

“Non saprei, ma sicuramente c’è la mia voglia di cercare e offrire qualcosa di differente. Un’esperienza gustativa insolita, che esce fuori dal commercio abituale. Il cioccolato si trova dappertutto, seppur più cattivo che buono. Invece realizzare prodotti con origini differenti è una cosa rara.”

Quindi quali sono le nuove frontiere del cioccolato e come influenzeranno il mercato?

“Ci sarà sempre più discrepanza tra prodotti di qualità e quelli di consumo commerciale. La prima tipologia di cioccolato, purtroppo, comprenderà una fascia di clientela con un’attenzione alimentare più spiccata e anche con una maggiore disposizione economica. È meglio però mangiarne meno ma migliore.

Abbiamo fatto per un po’ di tempo delle tavolette con del cacao convenzionale delle grandi industrie: in questi anni abbiamo visto che quello non viene più acquistato nel nostro shop. Ci riconoscono come produttori particolari e scelgono le tavolette speciali. C’è stata un’evoluzione da cui non si torna indietro.

Per venire incontro a tutte le esigenze abbiamo cambiato i formati: le nostre tavolette sono da 75 grammi e la tendenza è quella in generale di farle ancora più ridotte. Ma questo per noi era un giusto equilibrio tra qualità e prezzo. Parliamo di una tavoletta quadrata, molto fine, larga e impattante alla vista.”

Come si lavorano e si trasformano i Theobroma alternativi rispetto a quello cacao?

“La differenza più grande si trova innanzitutto nella cottura (più bassa dei 125 gradi e oltre un’ora, tra i 100-110 gradi). È molto difficile la separazione tra la cascara delle fave in questo caso, che è difficile da pelare. Dobbiamo agire quasi manualmente, nel setaccio. Il maggior ostacolo è il Glandiforum, perché la buccia ha un peso specifico simile al suo contenuto e il macchinario che di solito si occupa di questa procedura, non riconosce la differenza tra le due parti. “

Importazione: difficile?

“Quando ordino dei blocchi di acquisto cerco di inserire anche un sacco di 60 chili di Theobroma alternativi nel carico totale. Nel 2024, ho lavorato di Bicolor circa 200 chili. Sono pochi, ma tanti rispetto alla produzione. Tutti i lotti sono piccoli, perché utilizzo un mulino a pietra solo per questi prodotti in modo da evitare le contaminazioni con altri cacao.”

Il prodotto finale ottenuto dal Theobroma alternativo, ha un costo maggiore rispetto a quello cacao? Come comunicarlo al consumatore finale?

“In effetti in questo momento parlare di prezzi di cacao è una nota dolente. Normalmente parliamo comunque di un 30% in più. Le tavolette le vendiamo intorno ai 10 euro con i Theobroma alternativi. Non è semplice, perché la clientela finale non ha tanta conoscenza di questo prodotto. Riesco a proporlo meglio nelle Fiere tematiche o durante i gruppi di degustazione. Sono uno dei pochi, se non proprio l’unico che si occupa di questi Theobroma alternativi.

Anche all’estero, non solo in Italia, i volumi sono bassi. Nel 2023 al Salone di Parigi, ho riscontrato già una maggiore apertura verso questo prodotto, soprattutto verso il Glandiforum (Capuasu) che è piaciuto tantissimo ai francesi che in seguito me l’hanno richiesto. In Italia invece va più il Bicolor, forse per il colore che stupisce.

Ma anche rispetto alle nostre tavolette di cioccolato gourmet da 7 euro, non è facilissimo venderle. È stato molto difficile quando mi sono inserito inizialmente in questo mercato nell’attività di famiglia, che ha un passato di pasticceri: il discorso che ho dovuto portare avanti è stato enorme, fatto di eventi, degustazioni, tentativi, comunicazione. Poco per volta, le persone hanno riconosciuto il valore del prodotto.

I nostri cioccolati esprimono sensazioni differenti e si inizia a comprenderlo anche tra le vecchie generazioni: un signore mi ha confessato di aver apprezzato finalmente il mio cioccolato e che soprattutto non gli dava fastidio come gli altri cioccolati pieni di zucchero.
Per me è stato bellissimo.”

Il cioccolato del futuro è Theobroma alternativo?

“Può essere una soluzione che cammina parallela al cacao tradizionale. I Thebroma alternativi si legano ancora a questa filiera, la carruba invece è proprio in un’altra genetica. Ancora non ho avuto esperienza di assaggio, ma ne ho sentito parlare.”

Sul sito online sono presenti i prodotti creati da Riccardo Depetris, così come nello shop fisico e poi presso alcuni rivenditori della zona.

Conclude Depetris: “Riusciamo a vendere molto il cioccolato anche d’estate, ed è stato possibile solo dopo un grande lavoro di diffusione: nelle zone alpine qui attorno, abbiamo proposto i nostri prodotti e possiamo dire che è stata una scelta che ha funzionato, perché ormai almeno 10 rifugi del cuneese tengono il nostro cioccolato nei punti vendita.

Nel 2025 dovrebbe uscire una guida per gli escursionisti, seguendo la via del cacao. Ogni rifugio, avrà dei cioccolati più standard e peculiarità specifiche di quel luogo. È un gioco, un viaggio di scoperta.”

Ultime Notizie

  • Water and more
Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè