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Capsule: tra biodegradabilità e compostaggio, ecco che cosa c’è da sapere su questi due processi

Quando si parla di compostaggio bisogna tenere conto che compostabilità e biodegradabilità sono due concetti che hanno delle affinità ma non sono coincidenti, perché una sostanza può essere sicuramente biodegradabile, ma non compostabile, e può essere anche compostabile ma non biodegradabile

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MILANO – Proponiamo un approfondimento interessante rispetto al tema molto discusso della sostenibilità e il problema del riciclo, dal sito tesionline.it. Si parla del processo di compostaggio e anche della biodegradabilità. Argomenti piuttosto complesso per la degradazione dei materiali polimerici come le capsule per espresso in plastica che vanno sempre tenuti sotto controllo e aggiornati.

Il compostaggio è definito anche riciclo organico aerobio

Una definizione proprio determinata dall’essere un modo per riciclare i materiali polimerici. Quello che si ottiene alla fine dei processi di degradazione è il compost ed è quello a cui normalmente è sottoposta la frazione organica dei rifiuti urbani. Quindi queste sostanze organiche vengono trasformate in acqua H2O e CO 2. Ma cosa ancora più importante, si forma compost, che può essere utilizzato come fertilizzante, e infine calore.

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Il compostaggio è un processo accelerato di trattamento biologico dei rifiuti organici (rifiuti di cucina, avanzi di cibo, erba, ecc.) che avviene:

– In presenza di aria
– Per azione di microrganismi normalmente presenti nell’ambiente
– In appositi impianti (impianti di compostaggio industriali: di qui la certificazione industrial per lcuni tipi di plastica per capsule) che garantiscono la corretta gestione del processo. (i processi naturali di biodegradazione son ottimizzati con il raggiungimento di alte temperature – sono processi esotermici).

Esistono differenti tecnologie di compostaggio, ma seguono lo stesso principio fondamentale

I rifiuti organici vengono accumulati negli impianti dove i microrganismi, presenti naturalmente nei rifiuti, biodegradano in presenza di aria le sostanze organiche; cos producendo anidride carbonica, acqua, compost e calore. Il calore prodotto non si disperde facilmente e causa un incremento di temperatura che accelera la reazione di degradazione.

Alla fine del processo il rifiuto residuo si è trasformato in compost. Esistono anche piccoli impianti di compostaggio usati per trattare l’erba falciata e i residui di potatura. Si tratta di compostatori posti nei giardini. In questo caso si parla di “compostaggio domestico” caratterizzato da tempi di degradazione più lunghi per una minore efficienza del sistema rispetto al compostaggio industriale.

Da notare che il riciclo organico anaerobio corrisponde alla digestione anaerobia.

Il che significa trattare la frazione organica con dei microorganismi anaerobici in assenza di aria, con produzione di CO 2 e metano. Quindi se il metano viene recuperato diventa un prodotto di valore e prende il nome di biogas e in questo caso si parla di riciclo.

Compostabile ≡ riciclabile mediante compostaggio compostaggio ≠ biodegradabilità

Quando si parla di compostaggio bisogna tenere conto che compostabilità e biodegradabilità sono due concetti che hanno delle affinità ma non sono coincidenti.

Perché una sostanza può essere sicuramente biodegradabile, ma non compostabile, e può essere anche compostabile ma non biodegradabile.

Affinché si parli di compostabilità la sostanza deve essere biodegradabile in quel determinato ambiente: infatti non è detto che una sostanza che è biodegradabile in un impianto anaerobico lo sia anche in uno di compostaggio. Viceversa per essere compostabile non basta che si degradi, servono delle altre caratteristiche, in particolare la compostabilità (e quindi riciclabile tramite compostaggio aerobico o anaerobico) viene definita da delle norme che riguardano sia gli imballaggi in generale (plastici o lignocellulosici) che le materie plastiche.

Secondo tali norme, le caratteristiche che un materiale plastico compostabile (ossia biodegradabile in presenza di batteri naturali e alte temperature) deve avere sono le seguenti:

• Biodegradabilità: la capacità del materiale di essere bioconvertito a CO 2. Con un grado di conversione di almeno il 90% in 6 mesi.

• Disintegrabilità: la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva) a contatto con materiali organici per un periodo di 3 mesi, la massa del materiale deve essere costituita almeno per il 90% da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm. Se biodegrada, ma non passa attraverso la disintegrazione, quindi se dopo tre mesi c’è soltanto il 50% frammentato, allora non è compostabile.

• Assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio (verificata con una prova di compostaggio su scala pilota).

• Bassi livelli di metalli pesanti (al di sotto di valori massimi predefiniti). Nonché assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (es.: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante). Una prova di crescita di piante è eseguita su campioni di compost dove è avvenuta la degradazione del materiale di prova. Quindi non si deve evidenziare alcuna differenza con un compost di controllo.

• Altri parametri chimico-fisici che non devono cambiare (o comunque si devono mantenere entro i limiti stabiliti) dopo la degradazione del materiale in esame sono: pH, contenuto salino, concentrazione di solidi volatili e concentrazione di N, O, Mg e K.

Ciascuno di questi requisiti è necessario per la definizione della compostabilità ma non sufficiente: la compostabilità è verificata dal contemporaneo soddisfacimento di tutti i suddetti requisiti.

 

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