giovedì 28 Marzo 2024
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Pos per caffè e cappuccio? I gestori ci rimetterebbero fino a 1 miliardo l’anno

Se tutti cominciassero a pagare caffè e cappuccino al bar con il bancomat o la carta di credito, i locali si troverebbero a dover pagare commissioni insostenibili che potrebbero arrivare, per l’appunto, fino a 1 miliardo di euro l’anno

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Dalla Corte
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MILANO – Il problema del pagamento digitale con Pos anche per commissioni minime come l’ordine di un caffè al bar, continua a far discutere. In questo caso riportiamo un’interessante riflessione di Confcommercio, che ha fatto qualche calcolo rispetto agli svantaggi incontrati dai gestori. Sommersi da commissioni esagerate e impossibili da sostenere per una corretta gestione dell’esercizio. La notizia completa dal sito reteiblea.it.

Pos: ma la tazzina costerebbe troppo ai gestori

“Solo per il caffè i bar potrebbero pagare fino a 1 miliardo di euro l’anno. Il credito d’imposta del 30% non basta. Se tutti cominciassero a pagare caffè e cappuccino al bar con il bancomat o la carta di credito, i locali si troverebbero a dover pagare commissioni insostenibili che potrebbero arrivare, per l’appunto, fino a 1 miliardo di euro l’anno.

Stiamo parlando del 16% degli incassi derivanti dalla vendita di questi prodotti tale da rendere assolutamente inefficace il credito d’imposta del 30%. A beneficio delle attività che accettano il pagamento con il Pos previsto dal decreto fiscale. Non è sufficiente: vanno azzerate le commissioni bancarie per i pagamenti almeno fino a 15 euro”.

È il senso dell’allarme rilanciato da Confcommercio provinciale della città siciliana di Ragusa che ha ripreso un allarme nazionale

Una denuncia sulla scorta della presa di posizione formalizzata a livello nazionale. Con riferimento al decreto allegato alla manovra di bilancio. “Molte attività anche della nostra realtà territoriale – dice il presidente provinciale Gianluca Manenti – si troverebbero costrette a dovere sostenere spese ingenti. Un’ulteriore stretta che metterebbe a rischio il futuro di numerose attività”.

E Manenti aggiunge: “Un altro problema è quello dell’omesso versamento dell’Iva. Un ristoratore o un gestore di un locale che dichiara regolarmente l’Iva, ma poi salta un pagamento perché attraversa un momento di difficoltà economica, oggi rischia una condanna penale.

Questo è un errore, perché non c’è alcun tentativo di frodare il fisco, ma solo una difficoltà contingente. Non è certo un atteggiamento che si può configurare come reato, piuttosto andrebbe depenalizzato. Il governo non deve restare distante o sordo al grido d’allarme di migliaia di piccole imprese che garantiscono un servizio eccellente e rappresentano un valore aggiunto per l’offerta turistica del nostro paese. Occorre rivedere questi aspetti e renderli più adeguati alle esigenze di un intero comparto”.

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