Il Caffè Florian di Venezia ha riaperto ufficialmente il 17 gennaio e si prepara ad affrontare le giornate del Carnevale. Il direttore della storica caffetteria Renato Costantini osserva il cambiamento nel flusso turistico degli ultimi anni. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Marta Gasparon per il quotidiano Il Gazzettino.
Il Caffè Florian di Venezia tra la riapertura e il Carnevale
VENEZIA – Le giornate del Carnevale si avvicinano e il Caffè Florian non si fa certo trovare impreparato, pronto ad accogliere nelle sue splendide sale, restaurate a metà Ottocento e nelle quali si può ripercorrere la lunga e vivace storia della città d’acqua, migliaia di clienti provenienti da ogni dove. Chiuso dal 7 gennaio scorso, le sue porte sono state riaperte al pubblico il 17, dopo giornate interamente dedicate ad alcuni lavori interni che hanno coinvolto il banco bar.
Nulla di nuovo – tiene a sottolineare il direttore Renato Costantini, che riveste il suo ruolo dal 2010 – visto che ogni anno il locale approfitta delle settimane immediatamente precedenti al Carnevale, più tranquille a livello di flussi turistici, per sistemare ciò che lo necessita. Inaugurato da Floriano Francesconi nel 1720 e nato con il nome “Alla Venezia trionfante”, poi diventato semplicemente “Florian”, l’attività dello storico Caffè ha accompagnato generazioni di veneziani, ospitando una clientela illustre accanto a cittadini “comuni”. È una città cambiata nel tempo, quella vista attraverso gli occhi di Costantini dalle vetrine, e in maniera peggiorativa. A cominciare da chi il Florian lo frequenta.
“Da qualche anno noto un decadimento del turismo in generale in termini di qualità. Ha meno capacità di spesa – riflette il direttore come riportato da Il Gazzettino – e tende ad essere poco consapevole di ciò che sta visitando. Negli ultimi tempi abbiamo registrato un afflusso importante di clienti asiatici, soprattutto coreani e cinesi, che purtroppo conoscono poco le lingue straniere. Un elemento che rende più difficile rapportarsi con loro”.
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NAPOLI – Il Gran Caffè Gambrinus, la storica caffetteria simbolo di Napoli, ha ufficialmente riaperto il 22 gennaio. Lo storico caffè partenopeo fondato nel 1860 ha temporaneamente abbassato la saracinesca il 7 gennaio per attuare diversi lavori di ristrutturazione (ne abbiamo parlato qui).
La riapertura del Gran Caffè Gambrinus
La manutenzione non finisce qui però e continuerà anche successivamente alla data d’apertura.
“Sono i primi, veri lavori di riorganizzazione dell’intero locale, per restituirlo alla città nel suo antico splendore,” ha spiegato Massimiliano Rosati, il gestore del Gambrinus, come riportato dal portale d’informazione Agro24.
Rosati aggiunge: “Gli interventi eseguiti finora sono stati impegnativi e hanno impedito l’esercizio dell’attività, ma ora il cantiere si sposta in un’altra area, permettendoci di riaprire in sicurezza. Si tratta di lavori radicali, mai effettuati prima”.
MODENA – Esselunga apre il negozio di Modena in Strada Canaletto Sud, nella zona nord della città, alle spalle della stazione ferroviaria. A Modena e provincia Esselunga è presente in via delle Morane, a Sassuolo e Soliera. Il nuovo negozio si inserisce all’interno di un importante progetto di riqualificazione e recupero dell’Ex Consorzio Agrario su un’aera di circa 54.000 metri quadri all’interno della quale, oltre al supermercato, Esselunga ha realizzato un parcheggio multipiano di circa 280 posti che verrà ceduto al Comune al servizio dei cittadini.
Il nuovo negozio a Modena di Esselunga
Il piano di rigenerazione urbana del comparto prevede anche la realizzazione di 11.000 metri quadri di edilizia residenziale, uffici, un parco e altre aree verdi e la realizzazione di tre rotatorie, oltre a percorsi ciclopedonali.
Il supermarket si sviluppa su un’area di vendita di 2.500 metri quadri ed è dotato di un parcheggio di 477 posti auto con la presenza di stazioni di ricarica per veicoli elettrici, oltre a posti per le moto e le bici.
La nuova Esselunga (immagine concessa)
All’interno dell’Esselunga di via Canaletto lavoreranno 136 persone, di cui 84 nuove assunzioni del territorio a cui si aggiungono risorse provenienti dagli altri negozi emiliani allo scopo di equilibrare le competenze e la necessaria esperienza.
L’offerta ai clienti è di oltre 15.000 prodotti con grande attenzione per la convenienza, le linee a marchio privato per soddisfare ogni esigenza di spesa.
Nel reparto frutta e verdura più di 500 prodotti selezionati e la linea Bio; nel reparto gastronomia una selezione di formaggi italiani con eccellenze di altri paesi, salumi della miglior produzione nazionale, specialità gastronomiche e le proposte della “Cucina Esselunga”, più di 200 ricette da portare in tavola scegliendo tra i piatti della tradizione italiana, dal mondo e i piatti vegetariani.
Il taglio del nastro (immagine concessa)
Presenti i reparti assistiti di carne e di pesce con una proposta di sushi, la panetteria e la pasticceria Elisenda.
All’interno del negozio anche una ricca enoteca con più di 800 etichette e con l’assistenza di un sommelier per guidare i clienti nella scelta dei vini.
È possibile usufruire del servizio prenotazioni per la gastronomia, il pesce, la carne e le specialità dolci e salate.
Il reparto gastronomia (immagine concessa)
A Modena apre anche il 126° Bar Atlantic, che mette a disposizione dei clienti una sala con 140 sedute a cui si aggiunge un dehor esterno con ulteriori 36 posti, dove è possibile fermarsi per la colazione, il pranzo o l’aperitivo. L’offerta propone menù che variano settimanalmente e un’ampia scelta tra primi, secondi, panineria, taglieri di salumi e formaggi, insalate, macedonie, torte, spremute e varie specialità.
Per rendere l’esperienza di acquisto più rapida e comoda sono presenti casse veloci dedicate al self check-out e il “Presto Spesa”, disponibile anche su app. I nuovi clienti hanno la possibilità di aderire al programma “Fìdaty” richiedendo direttamente in negozio, tramite un QR code, la card digitale gratuita e subito attiva.
Oltre al servizio e-commerce disponibile attraverso l’app e il sito esselungaacasa.it, per chi preferisce ordinare la spesa online e ritirarla in negozio già in giornata, nella fascia oraria prenotata, c’è il servizio gratuito Clicca e Vai Locker.
Nel negozio è presente anche un ecocompattatore per la raccolta e il riciclo di bottiglie in plastica PET. L’Esselunga di Modena Canaletto è aperta ogni giorno dalle 7.30 alle 21, la domenica dalle 8 alle 20.
Il maestro pasticciere Iginio Massari (foto Pasticceria Massari)
Dal 18 al 20 luglio, la città di Reggio Calabria ospiterà il debutto di questa golosa competizione durante il Bergafest, sul suggestivo Lungomare Falcomatà. Il protagonista sarà il bergamotto, agrume simbolo della Calabria, noto per le sue proprietà nutraceutiche. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Stefania Virone Vittor per La Cucina Italiana.
Il Campionato del bergamotto in pasticceria presentato da Iginio Massari
MILANO – Impegnato al SIGEP World 2025, il grande maestro Iginio Massari ha preso l’occasione per annunciare nuovi importanti eventi pubblici dedicati alla pasticceria organizzati proprio dall’Associazione APEI (Ambasciatori Pasticceri dell’Eccellenza Italiana), di cui è Presidente. Il primo Campionato del bergamotto in pasticceria a Reggio Calabria e il Seminario Pubblico APEI a Firenze saranno due occasioni imperdibili per avvicinare il grande pubblico alla grande pasticceria.
Durante il recente SIGEP World 2025, tra l’altro, APEI ha consegnato tre prestigiosi riconoscimenti. La Medaglia d’Oro al Merito è andata ad Acquaviva per la sua eccellenza nei lievitati, a Tecnoarredamenti per i suoi innovativi sistemi commerciali, e a Brazzale per l’impegno nella ricerca e nello sviluppo di prodotti d’eccellenza come il burro e il latte speciale per gelato. Questo momento ha sottolineato l’importanza di collaborazioni eccellenti che valorizzano la pasticceria italiana.
Prima di tutto, la grande novità: l’estate 2025 sarà ricca di sapori e profumi unici grazie al primo Campionato del Bergamotto in Pasticceria, un evento organizzato dall’Associazione APEI sotto la guida del Maestro Iginio Massari, Presidente dell’organizzazione e icona della pasticceria italiana.
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ZAGABRIA – I prezzi della tazzina nei bar croati sono aumentati nuovamente: un semplice caffè con latte supera spesso persino i 2 euro. L’aumento del costo nei locali non dovrebbe sorprendere, dato che i prezzi del caffè sul mercato azionario hanno raggiunto i livelli più alti degli ultimi cinquant’anni.
A dicembre, il contratto di marzo per l’ICE Arabica è aumentato di 16,75 centesimi (+5,3%), chiudendo a 330,25 centesimi, un nuovo massimo nominale che non si vedeva dalla seconda metà degli anni ’70.
L’aumento del costo del caffè nei bar della Croazia
Uno dei principali motivi dell’aumento dei prezzi è rappresentato dalle sfide climatiche che influenzano le prospettive di produzione in Brasile e Vietnam, combinate con livelli di scorte basse che hanno aumentato la volatilità. Gli esperti avvertono che questa situazione potrebbe persistere per anni, almeno fino a quando le scorte globali di caffè non si stabilizzeranno.
I proprietari dei bar in Croazia hanno spiegato che non avevano altra scelta che aumentare i prezzi.
Secondo Franz Letica, presidente della Zagreb Café Owners’ Association , il prezzo dei chicchi di caffè crudo varia tra 11,60 e 60 euro al chilogrammo, con una media di 25 euro: ciò significa che il costo della materia prima per una singola tazza è approssimativamente di 0,192 euro. Tuttavia questo non include i costi aggiuntivi legati al prezzo finale di un espresso, come le attrezzature, la manutenzione o il personale.
La Croatian Employers’ Association (HUP) ha suggerito di eliminare la tassa speciale sul caffè per ridurre i costi e incoraggiare i consumi. L’associazione sostiene che questa tassa rappresenta un’anomalia in Europa, citando paesi come l’Italia, dove la rimozione di tasse simili ha portato a un aumento delle vendite.
FIRENZE – Un solido corpo di evidenze scientifiche, frutto sia di studi prospettici a lungo termine su ampie popolazioni, che di studi di intervento sull’uomo, è concorde nell’ indicare quali scelte alimentari possano contribuire alla prevenzione delle principali malattie croniche che affliggono la popolazione italiana e globale.
Il convegno Sinu Giovani
Allo stesso modo, grazie allo studio sull’impatto ambientale dei consumi alimentari, è stato ampiamente dimostrato, anche in occasione del primo convegno Sinu Giovani nel 2024, che dei modelli alimentari costruiti per garantire la salute dell’uomo riescono anche a contenere l’impatto sull’ambiente.
Eppure, i dati evidenziano ancora un trend di aumento di malattie legate allo stile di vita, in cui la dieta ha un ruolo primario, come sindrome metabolica e obesità, particolarmente tra i più giovani.
Si evidenzia, inoltre, un allontanamento dal modello mediterraneo tradizionale – che incarna le proprietà descritte finora – e l’inefficacia nella limitazione delle emissioni di gas serra legate alle attività umane, in particolare a quelle legate all’approvvigionamento alimentare. In sostanza, il passaggio “dalla teoria alla pratica” sembra incontrare ostacoli che impediscono il raggiungimento dell’unico risultato possibile per nutrire il futuro.
La Società italiana di nutrizione umana (Sinu) ha, quindi, deciso di affrontare, oltre al tema della ricerca in ambito di fonti proteiche che soddisfino i requisiti di sostenibilità, quello dell’importanza cruciale dell’educazione alimentare, del counselling nutrizionale e della comunicazione della nutrizione, nell’ambito delle attività necessarie per l’implementazione dei modelli sani e sostenibili “in teoria” a disposizione di tutti.
Progettare interventi di educazione alimentare è un processo che richiede la considerazione di numerosi fattori che sono in grado di influenzarne il successo e l’efficacia. Per aumentare l’adesione ai programmi educativi e stimolare il miglioramento delle conoscenze alimentari, è fondamentale adottare metodologie innovative che vadano oltre le tradizionali lezioni frontali. Ad esempio, il visual feedback, i reminder e gli approcci di gamification rendono gli interventi di educazione alimentare più coinvolgenti e favoriscono il cambiamento comportamentale.
L’uso di app educative, progettate per il raggiungimento di obiettivi alimentari, fornisce anche dati incoraggianti: ad esempio, un recente studio ha dimostrato che può stimolare il 58,5% dei partecipanti ad impostare obiettivi più sani, il 57,6% ad aumentare la frequenza di consumo di alimenti salutari ed il 54,4% ad una maggior coerenza nel seguire una dieta sana.
Incorporare sessioni pratiche nei progetti di educazione alimentare si è dimostrato altrettanto efficace per rafforzare le competenze ed aumentare il coinvolgimento. Uno studio ha dimostrato come inserire le cooking classes abbia portato i partecipanti a migliorare la fiducia nelle loro abilità culinarie (seguire ricette, preparare nuovi piatti), oltre a influenzare positivamente i modelli di consumo alimentare.
In particolare, il consumo di pasti pronti è sceso da 2-4 volte a settimana a 1 volta a settimana, mentre il consumo di verdura e frutta è aumentato da 5-6 volte a settimana a una volta al giorno.
Ultimo, ma non per ultimo, la pianificazione di follow-up regolari, spesso trascurata al termine di un programma di educazione alimentare, è di fondamentale importanza per garantire un monitoraggio a lungo termine, permettendo di attribuire i cambiamenti comportamentali agli interventi educativi e assicurandone il successo nel tempo. Un periodo di osservazione di almeno un anno si è rivelato cruciale per consolidare i risultati ottenuti e promuovere abitudini alimentari più sane e sostenibili.
La SINU, da sempre in prima linea per il supporto con dati scientifici aggiornati e per la messa a punto di strategie pratiche per l’adozione di modelli dietetici salutari e sostenibili, ha tenuto il secondo Convegno del suo Gruppo Giovani, dal titolo “Nutrire il futuro: dalla ricerca alla divulgazione”, evento incentrato sulle sfide cruciali che la nostra società deve affrontare per garantire nutrimento per tutti in un futuro non troppo prossimo.
Il comitato organizzatore e scientifico che ha lavorato all’evento è stato composto dai giovani SINU Donato Angelino, Università degli Studi di Teramo, Margherita Dall’Asta, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Monica Dinu, Università degli Studi di Firenze, Annalisa Giosuè, Università di Napoli “Federico II”, Alice Rosi, Università degli Studi di Parma e Daniela Martini, Università degli Studi di Milano.
Svoltosi con grande successo di pubblico, a dimostrazione del forte interesse su queste tematiche, presso il Centro Didattico Morgagni dell’Università degli Studi di Firenze, alla presenza della Presidente SINU professoressa Anna Tagliabue, il convegno ha fornito spunti significativi e prospettive future, anticipando alcuni dei temi che saranno approfonditi anche in occasione del 45° Congresso Nazionale Sinu, a Salerno dal 28 al 30 maggio 2025.
La Società italiana di nutrizione umana (Sinu) è una società scientifica senza scopo di lucro che riunisce gli studiosi e gli esperti di tutti gli ambiti legati al mondo della nutrizione. Si impegna nella ricerca scientifica, nell’aggiornamento professionale, nell’informazione in campo alimentare e nutrizionale, con particolare attenzione alla promozione della sana alimentazione ed educazione alimentare e all’applicazione dei principi della nutrizione nelle diverse fasi della vita e per la prevenzione delle malattie a genesi nutrizionale.
È presente sul territorio con 9 Sezioni regionali e comprende diversi Gruppi di Lavoro, tra i quali i Giovani SINU, nato nel 2017 con lo scopo di rispondere alle esigenze di formazione e ricerca dei giovani Soci.
KAMPALA – Yoweri Museveni, presidente dell’Uganda, ha annunciato che è compito del governo proteggere i coltivatori di caffè dai ladri. Questa è la principale ragione per cui ha considerato di schierare i soldati dell’Uganda People’s Defence Forces (UPDF) nei villaggi per proteggerli. Il presidente ha annunciato il suo piano durante il discorso di Capodanno, citando un rapporto del National Defense College di Njeru, che ha rilevato un aumento dei furti prematuri di caffè.
La proposta del presidente Yoweri Museveni
Le statistiche della UCDA (Uganda Coffee Development Authority) mostrano che le esportazioni di caffè dell’Uganda nel 2023/2024 sono state di 6,13 milioni di sacchi, per un valore di 1,144 miliardi di dollari. Tuttavia, molti coltivatori di caffè esprimono dubbi sull’iniziativa.
Ad esempio, Fred Busuulwa, come riportato dal Nile Post, ha affermato che ciò potrebbe creare una dipendenza dei coltivatori di caffè dalla protezione militare. Inoltre, ha aggiunto, potrebbe essere un pretesto per ottenere ulteriori finanziamenti per l’esercito.
L’analista Fred Egesa ha avvertito che la proposta di Museveni potrebbe portare inoltre a un aumento dell’insicurezza.
“Soldati inattivi nelle fattorie potrebbero diventare essi stessi candidati al furto,” ha avvertito, sempre riportato dal Nile Post.
Il maglione chocolate è protagonista dei look street style dell’inverno 2025. Gli abbinamenti più interessanti sono ispirati al mondo culinario: cioccolato e arancia o cioccolato e fragola, sono le combo colore che stupiscono nella quotidianità, osando con gusto. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Selene Oliva pubblicato sul portale d’informazione Vogue Italia.
Il maglione chocolate
MILANO – Non è una novità che il knitwear sta vivendo una stagione importante, passando dalle sfilate ai nostri guardaroba. Tra tutti i maglioni quello a girocollo è infatti il sostituto invernale della maglietta, mentre il cardigan granny sostituisce i blazer nella mezza stagione. Ma queste sono solo tipologie.
Un occhio guarda con attenzione sui colori che fanno tendenza: se il nero tutti noi lo indossiamo, e definisce la nostra comfort zone, sappiamo bene che marrone e blu navy si stanno facendo spazio, diventando i nuovi “neutri” nei look casual chic che rifuggono dalle sfumature dark.
E questo lo vediamo anche nei filati, più o meno pregiati: così al caffelatte (una sfumatura di beige diventata neutra, molto affine al colore Pantone 2025 Mocha Mousse) si aggiunge anche il maglione chocolate, ovvero che ricorda le sfumature del cioccolato.
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Agnese Santanatoglia, 27 anni, ricercatrice, laureata in Farmacia industriale ed attualmente dottoranda all’ultimo anno presso la “School of Advanced Studies” dell’Università degli Studi di Camerino. Il suo ingresso nel mondo del caffè è avvenuto durante il dottorato nell’ambito del progetto RICH (Research and Innovation Coffee Hub), co-finanziato dall’Università di Camerino e da Simonelli Group.
Negli Stati Uniti, presso l’Ohio State University, Agnese ha approfondito lo studio della chimica e degli aspetti sensoriali del caffè ed ha partecipato alla conferenza internazionale SCA Expo di Chicago, nell’aprile del 2024, come relatrice.
Attualmente, il suo curriculum vanta oltre 25 pubblicazioni scientifiche, su riviste internazionali peer-reviewed. Ha presentato numerosi contributi in conferenze nazionali ed internazionali.
È stata anche co-relatrice di tesi magistrali, ed i suoi progetti di ricerca hanno esplorato aspetti nella chimica alimentare e nel settore caffè, anche con un’attenzione particolare alla sostenibilità ed alla valorizzazione dei sottoprodotti.
Per approfondire la ricerca nel campo del caffè e scoprire alcuni segreti della sua composizione chimica e sensoriale, le abbiamo chiesto di raccontarci il suo percorso.
Come è entrata nel mondo del caffè? Qual è stato il percorso accademico?
“La mia passione per il caffè è nata durante il dottorato di ricerca in Chimica degli Alimenti, che concluderò nel dicembre 2024 presso l’Università degli Studi di Camerino.
Il mio percorso è iniziato con la laurea in Farmacia Industriale con menzione accademica nel 2021, subito dopo il liceo classico. Successivamente, ho deciso di specializzarmi nella chimica degli alimenti, completando anche un corso avanzato in Nutrigenomica per studiare l’interazione tra nutrizione e genetica.
Durante gli studi universitari, ho trascorso un periodo presso l’Università di Granada, in Spagna, che mi ha permesso di ampliare ulteriormente le mie competenze scientifiche.
Il mio ingresso nel mondo del caffè è avvenuto quasi per caso, quando ho iniziato il dottorato nell’ambito del progetto RICH, co-finanziato dall’Università di Camerino e da Simonelli Group. Questo progetto mi ha aperto le porte ad un universo scientifico che conoscevo solo in piccola parte, rivelandosi molto affascinante.
Ho esplorato diversi ambiti di ricerca, dalle proprietà chimiche del caffè alle sue componenti sensoriali. Sono rientrata circa un mese fa dagli Stati Uniti, dove ho avuto l’opportunità di approfondire la connessione tra gli aspetti chimici e sensoriali del caffè presso l’Ohio State University, a Columbus.
Ogni tappa del mio percorso accademico ha aggiunto un nuovo tassello al mosaico della mia conoscenza di questo settore”.
La ricerca sul caffè in Italia e all’estero è allo stesso punto ed indaga gli stessi temi, oppure ci sono differenze?
“La ricerca in Italia e all’estero, pur affrontando talvolta le stesse tematiche, adotta approcci differenti, riflettendo la varietà di struttura accademiche, risorse disponibili ed obiettivi delle istituzioni. In Italia, l’approccio alla ricerca tende ad essere più teorico e didattico, spesso focalizzato sullo studio delle basi scientifiche.
Questa impostazione offre una formazione solida in termini di conoscenze teoriche. All’estero, tuttavia, la ricerca sul caffè tende ad avere un approccio più pratico ed applicativo, grazie, anche ad una maggiore disponibilità di risorse economiche e tecnologiche.
Ritengo che questi due approcci siano complementari: la base teorica italiana, integrata con l’aspetto pratico e le risorse disponibili all’estero, può portare ad una ricerca sempre più innovativa”.
Ha avuto l’occasione di presentare una ricerca allo SCA Expo di Chicago. In cosa consisteva la sua relazione?
“Durante lo SCA Expo di Chicago, ho presentato la relazione “Unveiling the Science of Coffee Acidity: from Fundamentals to Extraction Influences”. Ho esplorato l’acidità del caffè dal punto di vista sia chimico che sensoriale. L’acidità è uno degli elementi chiave del profilo sensoriale del caffè, in particolare negli specialty coffee.
Nella mia relazione, sono partita dai concetti di pH e acidità titolabile.
Il pH misura la concentrazione di ioni H+, indicando la forza degli acidi dissociati in soluzione, ma non la quantità totale di acidi. L’acidità titolabile rappresenta invece, l’ammontare complessivo di acidi, inclusi quelli dissociati e non dissociati, e contribuisce in modo significativo all’acidità percepita al gusto. Questi due parametri insieme offrono un quadro completo dell’acidità percepita e del suo impatto sul profilo gustativo del caffè.
Agnese Santanatoglia alla Specialty Coffee Expo (immagine concessa)
Successivamente, ho analizzato il ruolo dei vari acidi organici presenti nel caffè e come la loro concentrazione possa variare in base al metodo di estrazione.
Inoltre, ho presentato anche alcuni dati sugli acidi clorogenici, una classe di composti fenolici presente nei chicchi di caffè verde.
Le tostature leggere, in generale, preservano una maggiore quantità di acidi clorogenici, mentre le tostature scure tendono a ridurre la loro concentrazione, esaltando l’amarezza e riducendo l’acidità percepita.”
Cosa differenzia una miscela di caffè specialty rispetto a quelle commerciali da un punto di vista chimico?
“Uno specialty coffee è tipicamente composto da chicchi di 100% Arabica, mentre una miscela commerciale contiene spesso anche Robusta, che presenta una maggiore concentrazione di caffeina e acidi clorogenici.
Questi ultimi donano sapori più amari e astringenti, contribuendo a un profilo gustativo meno complesso. La varietà Arabica, invece, è nota per il suo profilo aromatico più ricco e delicato, spesso con note fruttate e floreali.
Il caffè commerciale, al contrario, tende ad avere un profilo aromatico più semplice, con predominanza di note tostate, spesso dovute a una tostatura intensa. Questa tostatura scura, pur riducendo la percezione di acidità e aumentando la corposità, può mascherare gli aromi più delicati presenti nei chicchi.
Inoltre, i chicchi destinati al caffè commerciale sono generalmente raccolti e lavorati in grandi quantità, con un controllo qualità meno rigoroso. Questo può portare alla presenza di chicchi difettosi, come quelli malformati o sovramaturi, che possono influire negativamente sulla qualità della bevanda finale.
Al contrario, gli specialty coffee sono selezionati manualmente, con un’attenta rimozione dei chicchi difettosi, ottenendo così un prodotto più puro e complesso. Inoltre, i metodi di lavorazione utilizzati per gli specialty coffee mirano a preservare al meglio i composti volatili aromatici, che sono fondamentali per il loro profilo sensoriale distintivo.
Nei caffè commerciali, i processi industriali più rapidi possono portare alla perdita di questi composti volatili, riducendo la complessità aromatica del caffè.”
Dove crede che la ricerca sul caffè si stia dirigendo nei prossimi anni? Quali sono gli aspetti che vorrebbe approfondire ulteriormente?
“La ricerca del caffè si sta espandendo in molte direzioni. Un primo filone è la sostenibilità e l’economia circolare, sfruttando materiali di scarto come i fondi di caffè per creare prodotti ad alto valore aggiunto.
Ad esempio, i fondi di caffè vengono usati per produrre biocarburanti, materiali compostabili e prodotti cosmetici, grazie anche alla loro ricchezza in polifenoli antiossidanti ed altri composti bioattivi. Questo approccio riduce l’impatto ambientale del ciclo produttivo del caffè e valorizza materiali che, fino a pochi anni fa, erano considerati rifiuti.
Alcune aziende hanno industrializzato la trasformazione dei fondi di caffè in biodiesel e pellet di biomassa, che vengono riutilizzati per tostare nuovi lotti di caffè, creando un esempio di economia circolare. Altri fondi di caffè vengono utilizzati per produrre fertilizzanti. Con il mio gruppo di ricerca, abbiamo recentemente pubblicato uno studio sulla formulazione di un fertilizzante a base di fondi di caffè.
Un altro ambito di ricerca importante riguarda l’enfasi sugli attributi sensoriali, soprattutto per gli specialty coffee. Ad esempio, la SCA sta sviluppando standard sempre più precisi per valutare la qualità del caffè tramite analisi chimiche dettagliate e panel sensoriali, esaminando parametri specifici come la dolcezza.
Infine, un terzo ambito è l’approccio olistico, che mira ad ottimizzare e salvaguardare l’intera filiera del caffè, dalla coltivazione alla tazza finale. Questo comporta lo studio di ogni fase della produzione, dall’agronomia alla lavorazione dei chicchi, fino all’estrazione e preparazione del caffè, per garantire sostenibilità, qualità e un’esperienza sensoriale ottimale.”
In questo momento a cosa sta lavorando?
“In questo momento, stiamo completando vari studi sui sistemi di estrazione e la loro caratterizzazione, includendo metodi come AeroPress, French Press, Pure Brew, V60, Chemex, Moka, Turkish e Clever, utilizzando diverse tecniche analitiche accoppiate alla spettrometria di massa (LC/GC).
Ora mi sto concentrando sull’approccio flavoromico per approfondire lo studio dell’acidità del caffè: un metodo che analizza l’insieme dei composti chimici che contribuiscono al gusto e all’aroma complessivo della bevanda. Questo approccio combina la spettrometria di massa con l’analisi statistica avanzata per identificare quali composti chimici siano responsabili delle percezioni sensoriali.
L’obiettivo è individuare correlazioni tra la composizione chimica e le percezioni sensoriali, come gusto e aroma. Nel contesto del caffè, l’approccio flavoromico permette di esplorare le complesse interazioni tra composti che contribuiscono a creare percezioni specifiche, come appunto l’acidità.
Quest’ultima non è influenzata solo dalla concentrazione di un singolo acido, ma da una combinazione di analiti diversi e composti volatili, che interagiscono per creare un profilo sensoriale unico. Inoltre ogni metodo di estrazione influenza questa interazione, estraendo i composti in modo diverso e contribuendo a variazioni nell’acidità percepita e nel gusto complessivo.”
Quale consiglio darebbe a chi sta iniziando ora un percorso di ricerca in un campo così competitivo?
“È importante sviluppare una mentalità flessibile e adattabile, rimanendo sempre aperti ai cambiamenti senza mai perdere la passione per ciò che si studia. La ricerca richiede dedizione, pazienza e capacità di affrontare gli ostacoli.
È fondamentale imparare a vedere le sfide e gli insuccessi come opportunità di crescita, anche se non sempre è semplice. Consiglio anche di mantenere la curiosità e l’apertura mentale, considerando che la scienza è in continuo progresso. Bisogna evolversi costantemente, partecipando a conferenze e collaborando con esperti per crescere come persone e ricercatori.”
MILANO – Nella suo quarto report per l’anno trascorso – diffuso nel pomeriggio di ieri, martedì 21 gennaio 2025 – Conab ha tagliato di quasi 600 mila sacchi la sua stima sulla produzione 2024/25 del Brasile, ora pari a 54,2 milioni di sacchi. Un’ulteriore revisione al ribasso – ampiamente prevista – dovuta a un impatto più negativo di quanto inizialmente preventivato dei fattori meteorologici.
* Le cifre di Conab sono basate su un’accuratissima analisi sul campo, ma sono, di norma sottostimate, risentendo delle forti pressioni esercitate dallle lobby dei produttori.
“Negli ultimi 4 anni, le condizioni climatiche si sono rivelate sfidanti per il settore del caffè – tra gelate, siccità e temperature elevate” si legge nella presentazione del report.
“Il clima avverso registrato nell’anno trascorso e a fine del 2023 ha impattato alcune importanti aree di produzione influenzando negativamente la produttività delle colture”.
Di qui la decisione di Conab di abbassare ulteriormente la stima portandola a 54,2 milioni: l’1,6% in meno rispetto al raccolto 2023
L’area coltivata a caffè è pari a 2,23 milioni di ettari, un dato in linea con quello dell’annata precedente. La superficie produttiva è in lieve espansione (+0,4%), a 1,88 milioni di ha, mentre quella in formazione segna una qualche contrazione (-2.2%), a 353.600 ha. La produttività complessiva è, a sua volta, in calo dell’1,9%, a 28,8 sacchi/ha.
La produzione di arabica è quantificata in 39,6 milioni, in crescita dell’1,8% rispetto all’anno precedente, con un lievissimo incremento della produttività (+0,2%).
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