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Ombretta Sarassi, general Manager OPEM S.p.a., ha condiviso con noi la sua opinione riguardo l’articolo che esprimeva il punto di vista di un esperto di gestione aziendale sulla figura dell’imprenditore in Italia (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito l’intervento di Sarassi.
Il manager in Italia
di Ombretta Sarassi
MILANO – “L’articolo è interessante e tanti imprenditori di medie industrie come la OPEM S.P.A. si saranno confrontati con il test che è stato proposto. Personalmente osservo molto, ho letto e leggo tutt’ora molte biografie di imprenditori “di successo”.
Ora bisogna comprendere cosa si intende per successo e mi sembra che nella vostra idea il successo è:
– imprenditore che dopo avere costruito un’azienda, deve togliersi delle responsabilità delegando
– imprenditore che deve vivere con la stessa libertà e garanzia di un dipendente
– imprenditore che deve lavorare sull’azienda.
Forse ho letto troppe biografie e più ne leggo e più sono convinta, come in tutte le professioni, che quando c’è ingegno e passione, l’imprenditore non smetterà mai di mettere le mani in pasta in quello che sa fare e nello stesso tempo, mi creda, “lavora sull’azienda”
E’ indispensabile che ci siano le deleghe del fare, diversamente qualsiasi azienda non potrebbe svilupparsi, ma come vede l’Italia, fortunatamente ha il 90% di piccole e medie aziende. L’altro 10% sono grandi aziende, spesse volte in mano ancora alle famiglie, quando va bene e molte volte invece sono in mano a dei fondi, a delle banche, diventando aziende finanziarie. L’imprenditore non c’è più.
E questo cambiamento di rotta, mette sempre più in pericolo i veri imprenditori, quelli che ancora hanno un sogno, hanno delle capacità, gli unici sui quali possiamo ancora contare per rimanere umani, liberi e non deludere chi nel Rinascimento e dopo la seconda guerra mondiale, hanno fatto grandi cose e invenzioni.
L’imprenditore vero, quando ha fatto una, due settimane di vacanza all’anno e un qualche giorno quando capita è già contento e soddisfatto.
Quello che conta è l’azienda, seguire l’obiettivo, essere un valore aggiunto nella sua città e Paese. I collaboratori fidati ci sono e vengono delegati, ma non per i motivi di essere più o meno prigionieri nella propria azienda. Io non mi sento una prigioniera, io mi sento viva e per il momento non ho depressioni.
Un problema che mi pongo invece, sono i manager che l’università sforna, orientati spesse volte sulla parte finanziaria senza conoscere il processo del prodotto che l’azienda produce e vende. Nel libro “IL TUFFATORE” ci sono due-tre pagine Il cui titolo del capitolo è: “i conduttori di asini” dal latino manu agere, ossia condurre con la mano. Utilizzata per chi cammina davanti al suo asino e lo guida lungo la strada. Oggi il mondo si è riempito di conduttori di asini.
Il manager è un capo, ma la cosa interessante è che questi capi oggi guidano un impresa che fornisce elettricità, domani un’altra impresa che produce carciofini e subito dopo un’impresa che produce prodotti di bellezza.
E’ questa l’Italia che vogliamo, con tanti manager e meno imprenditori?”
Ombretta Sarassi