CIMBALI M2
martedì 10 Dicembre 2024
  • CIMBALI M2

Omar Zidarich, presidente GITC: “Calmierare i prezzi è legittimo ma la situazione dei costi varia molto tra Regioni”

Il presidente: "La tazzina più alta dovrebbe essere una garanzia proprio del mantenimento della qualità della bevanda. Questo determinerà una flessione a ribasso dei consumi? Forse, ma il mercato si autoregola come è sempre successo"

Da leggere

  • Dalla Corte
TME Cialdy Evo
Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè

MILANO – Continua il dibattito nato dall’intervista del torrefattore pugliese Antonio Quarta, che si è esposto con una forte opinione rispetto agli aumenti che si registrano sull’espresso. A dare la sua opinione in merito, il presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, Omar Zidarich.

Zidarich: “Quella espressa da Antonio Quarta è una paura determinata dalla possibilità d’acquisto della popolazione media, ed è fondata”

“Il caffè è un prodotto di largo consumo strettamente collegato al potere d’acquisto del consumatore medio. Questo è un dato di fatto.

E’ vero anche che all’interno del bar, il caffè è ancora la bevanda di cultura che costa di meno solitamente. Calmierare i prezzi è un’opinione legittima. Tuttavia i redditi non possono che rispecchiare la Regione in cui un torrefattore agisce: come Presidente rappresento però tutto lo Stivale e quindi non posso addentrarmi nel dettaglio delle cifre di ciascuna area. Bisognerebbe fare una differenza anche rispetto alla geolocalizzazione: anche gli affitti non sono gli stessi da nord a sud, oltre che gli stipendi.

La dichiarazione un po’ allarmistica e la valutazione portata da Antonio Quarta sono quindi valide, ma sono da mettere sempre in relazione alla zona del suo core business.

Ricordiamo anche che nel mese di luglio per contratto nazionale circa 70 euro al mese in più sono finiti in busta paga per i lavoratori del settore turistico. Il Paese ha bisogno di un aumento dei salari più generale e non sarà l’aumento della tazzina a garantire una retribuzione maggiore.

Altra cosa vera: l’aumento non è proporzionale tra l’espresso servito e il chilo di caffè.

Salire di un euro per chilogrammo non dovrebbe corrispondere a 20 centesimi per tazzina. Ma penso che infine ogni operatore, compreso lo stesso torrefattore, deve calcolare quale sia il prezzo giusto per la sua attività e il lavoro svolto.

Questo è valido anche per il gestore: chi punta sul caffè come prodotto civetta per invitare all’acquisto di altri prodotti farà le sue dovute valutazioni. Il prezzo è indicato dal possessore del bene, ma è condotto dal consumatore finale: se il prezzo non è adeguato al mercato di riferimento, non può sussistere.

Poi si deve parlare di qualità, che rientra sempre nel discorso dell’attribuzione di un giusto valore alla materia prima. La qualità dovrebbe essere già compresa nella dinamica attorno agli aumenti. La tazzina più alta dovrebbe essere una garanzia proprio del mantenimento della qualità della bevanda. Questo determinerà una flessione a ribasso dei consumi? Forse, ma il mercato si autoregola come è sempre successo.

I baristi troveranno nuove modalità di abbonamento per continuare a fidelizzare i consumatori. Ci sarà sempre quel cliente affezionato con una maggiore disponibilità e un altro che consumerà di meno.

Negli ultimi anni ricordiamoci che non è stato dato il valore giusto all’espresso: alla fine degli anni ’80 si andava in un bar con la zuccheriera sfusa, ora ci sono solo le bustine con tante opzioni tra cui scegliere. Il servizio, l’offerta, è migliorata.

Parliamo invece di alcune pratiche che dovrebbero essere abolite, come la correzione con il latte senza sovrapprezzo: sul cappuccino si paga l’aggiunta, ma la maggioranza di caffè macchiati rappresentano soltanto dei costi in più che si assume il barista senza caricarli sui clienti.

Sarei quindi più propenso più a correggere queste abitudini, dato che ci si sente ancora costretti a restare allineati all’educazione e al modus operandi più diffusi. Nessuno ha torto, ma si devono trovare nuove soluzioni.

Continuo a ripetere che noi produciamo semi-lavorati: qualcuno lo fa in espresso, altri in filtro, alcuni in moka. Questo aspetto di educazione del cliente finale spetta all’esercente che ha l’occasione di instaurare un rapporto diretto al bancone, non al torrefattore.

Di nuovo torno sul concetto che tanto cambia da zona a zona: a seconda del cliente di riferimento, se ad esempio è un dipendente pubblico con lo stipendio fisso, è possibile sostenere e reggere meglio l’urto dei rincari.

La caffetteria che ha dei volumi più alti di caffè a farci caso, è spesso si trova in prossimità di un punto di interesse, come un ospedale, un ufficio, una caserma, con all’interno del personale che possono contare su una paga che sono meno soggetti a cambi repentini come può accadere invece nel privato.”

CIMBALI M2
  • Brambati

Ultime Notizie

Water and more
Carte Dozio