domenica 24 Marzo 2024
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Cosa prevede la strategia dell’Africa occidentale per il settore del cacao

Nel 2020 il presidente Alassane Ouattara ha fissato un ambizioso obiettivo: lavorare entro i confini del Paese il 100% delle fave di cacao ivoriane entro il 2025 (al momento la quota è del 33%). Il termine è stato poi spostato al 2030. Il Governo ha inoltre deciso di incrementare gli investimenti pubblici in impianti di lavorazione, settore nel quale le imprese straniere stavano già rafforzando la loro presenza

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La coltivazione ed esportazione delle fave di cacao è un’attività economica importante per l’Africa occidentale, ma segnata da margini esigui e oscillazioni dei prezzi. Il Governo della Costa d’Avorio ha quindi varato una strategia per potenziare il settore della lavorazione, che potrebbe garantire al Paese profitti più sostanziosi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Anand Chandrasekhar per Swissinfo.

Una maggiore attenzione alla filiera del cacao

MILANO – Per decenni, i produttori di cacao dell’Africa occidentale sono rimasti a guardare, mentre il grosso del profitto della filiera del cioccolato veniva intascato dall’Europa, il più grande agglomerato di industrie cioccolatiere. Nel 2021, su un mercato globale che valeva 113 miliardi di dollari, al vecchio continente spettava quasi metà tavoletta: il 47%, secondo l’istituto statunitense di ricerche di mercato Grand View Research.

Non sorprende quindi che i Paesi africani si stiano battendo per avere una fetta più grande della torta, risalendo la catena del valore. Oltre a coltivare ed esportare fave grezze, puntano sul ben più redditizio settore della lavorazione del cacao, ossia la tostatura e molitura delle fave per ottenere i semilavorati (massa, burro, panelli e polvere) con i quali si fa il cioccolato.

La Costa d’Avorio, che con il 43% del totale è il più grande produttore al mondo di fave di cacao, sta facendo strada.

Riavvolgere la filiera del cacao

Benché il Governo stesse già offrendo incentivi alle aziende per potenziare la capacità di trasformazione nazionale, nel 2020 il presidente Alassane Ouattara ha fissato un ambizioso obiettivo: lavorare entro i confini del Paese, da qui al 2025, il 100% delle fave di cacao ivoriane (al momento la quota è del 33%). Il termine è stato poi spostato al 2030. Il Governo ha inoltre deciso di incrementare gli investimenti pubblici in impianti di lavorazione, settore nel quale le imprese straniere stavano già rafforzando la loro presenza.

Secondo l’International Cocoa Organization (ICCO), nell’annata 2021/22 -che per il cacao va da ottobre a settembre- il Paese africano ha trasformato solo 675’000 tonnellate di fave di cacao, che corrispondono appunto a un terzo del raccolto di 2,1 milioni di tonnellate. Le restanti 1,4 milioni sono state esportate, principalmente verso la Malaysia e i Paesi Bassi, dove sono state lavorate e vendute ai produttori di cioccolato.

L’impegno del Paese ad aumentare la propria capacità di trasformazione sembra essere lungimirante, poiché sull’industria cioccolatiera europea vi è sempre più pressione affinché assicuri una provenienza etica e sostenibile degli ingredienti.

Acquistare i semilavorati di cacao vicino alle aziende agricole in cui sono state coltivate le fave aiuterà dunque i fabbricanti a tracciare l’origine della materia prima, come conferma il gigante svizzero dell’alimentazione Nestlé, che produce una varietà di dolciumi di fascia media quali Kit-Kat e Smarties.

“Crediamo che una sempre maggiore capacità di macinazione nei Paesi d’origine aiuterà ad accrescere la trasparenza e la tracciabilità nella catena di approvvigionamento del cacao e a dare ai Paesi d’origine maggior valore aggiunto”, dichiara un portavoce di Nestlé a SWI swissinfo.ch.

La promessa di Ouattara poggia sulle politiche varate per incoraggiare gli investimenti negli impianti di lavorazione ivoriani. Nel 2017, lo Stato ha reintrodotto incentivi finanziari per spingere le multinazionali come la svizzera Barry Callebaut a investire di più nel settore, tagliando le tasse di esportazione sui prodotti del cacao per le aziende che si impegnano ad estendere i loro stabilimenti entro 5 anni.

Al posto dell’aliquota generalizzata del 14,6%, i tributi all’esportazione di burro di cacao sono stati ridotti all’11%, quelli sulla massa di cacao al 13,2% e sulla polvere al 9,6%.

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