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MILANO – Kenzo Terada, sommelier del tè giapponese ma in Italia, Paese in cui è arrivato in veste di stilista di moda e che poi, durante il lockdown è stato il luogo in cui si è reinventato sfruttando una sua antica passione: proveniente da Shizouka, prefettura che da sola rappresenta oltre il 40% della produzione totale di tè in Giappone, Terada ha voluto condividere la tradizione con cui è cresciuto con gli italiani.
Così arrivano le certificazioni ottenute proprio nel suo Paese d’origine e infine l’intuizione: diventare importatore di tè verde giapponese, selezionato esclusivamente da Shizouka.
Un’attività che poi si è potenziata grazie alla collaborazione con il Ministero dell’agricoltura, con cui si sono mossi per la promozione di questa bevanda in Italia.
Un progetto che si è tradotto in una serie di incontri di tasting a Milano: circa 250 persone coinvolte, dagli amanti ai professionisti, riunite per degustare 5 tipi di tè. Alla fine del workshop è stato possibile ricostruire con un sondaggio, i possibili sviluppi del mercato.
Terada: “In Italia ci sono già delle buone qualità di tè, ma bisogna lavorare sulla comunicazione per formare il gusto ed educare sulla corretta preparazione.”
“Il tè giapponese è particolarmente costoso e il mio obiettivo è trasmettere il valore dietro questi prezzi.”
Terada, ma ci racconta come nasce e come si è sviluppata l’idea del Mokacha?
“Sempre durante la pandemia, mi sono chiesto: perché non preparare il tè con la caffettiera? Il primo tentativo, senza aver ragionato troppo, l’ho fatto con il tè in polvere del supermercato. Poi ho capito di poter sviluppare questa idea con diversi partner, che mi hanno presentato un coltivatore di tè che vive in montagna.
Ho ancora il ricordo vivido della sua espressione quando gli ho spiegato per la prima volta che cosa fosse la moka. È rimasto piacevolmente stupito. Insieme abbiamo iniziato a fare diverse prove con il tè verde, per ben due anni e solo dopo parecchi tentativi abbiamo realizzato il prodotto finale. Alla fine abbiamo scelto un altro tipo di tè, perché gli italiani solitamente sciacquano soltanto la moka e le foglie del verde si sporcano. Abbiamo selezionato un blend di tre tipi di tè giapponese, con un colore sul marrone ed ecco che è nato il Mokacha, che si sposa bene anche nei sapori ad eventuali residui in tazza del gusto di caffè.
Nel Mokacha c’è un buon equilibrio tra amaro e astringenza, così i consumatori di caffè lo apprezzano. Il nostro obiettivo è aprire la porta ai coffeelovers del mondo del tè.”
Ma come ha creato il giusto equilibrio con la temperatura, tempi di infusioni, tipologia di tè? La moka rischia di bruciare tutto…
“La preparazione del Mokacha è uguale a quello della classica moka: invece della polvere di caffè si mette la foglia di Mokacha nel filtro. Si usa acqua fredda e si posiziona sul fuoco. Il sapore finale risulta equilibrato, molto aromatico, si abbina bene con lo zucchero e il latte. Inoltre, il nostro tè ha un basso contenuto di caffeina e si può gustare anche la sera.”
È già disponibile nel mercato italiano, dove si acquista e a che prezzo?
“Per ora mi occupo soltanto io della vendita, ma già alcuni bar mi hanno chiesto di poterlo esporre nei propri locali. Tuttavia, per me è un prodotto talmente unico, che desidero gestire in prima persona il suo racconto per poterlo valorizzare. Da fine settembre, quando ho iniziato con le vendite, gli acquisti stanno di numero.
Certo il prodotto è complicato da importare, come tutti quelli alimentari verso l’Italia: il Mokacha ha però superato tutte le analisi e arriva direttamente a Milano, in quanto ha ottenuto il permesso specifico proprio per il tè.”
Terada, non ha pensato al Matcha?
“In effetti abbiamo avviato un progetto per sviluppare un Matcha con qualità e volumi più elevati, che sta attualmente andando avanti. Sto studiando inoltre un modo per creare una miscela che funzioni con la moka, che ricordi il sapore del Matcha. A maggio inizio lo studio per creare un nuovo sapore. Pensiamo entro due anni di farcela.”
Terada ha poi organizzato un incontro dal vivo per la stampa: ecco cosa è successo
In assaggio cinque diversi tipi di tè in foglie: Asamushi, Fukamushi, Kabusecha, Wakocha e Bancha 3 anni. I tè giapponesi, cinesi e inglesi vengono sempre dalla stessa pianta: il fiore di camelia.
I tè, prosegue l’esperto, possono essere divisi in: non fermentato (alla maniera giapponese), fermentato (inglese) e semi-fermentato (cinese). In Giappone, dopo il raccolto viene utilizzata una tecnica di vaporizzazione per evitare l’ossidazione delle foglie di tè: questo dona il caratteristico colore verde.
I dettagli dei tè usati da Terada:
Asamushi (che significa vapore leggero) ha un sapore deciso. A seguito del raccolto avviene una vaporizzazione di 30 secondi. L’acqua viene bollita a 70° gradi in maniera tale che il senso dell’umami (uno dei cinque sapori descritto come un gusto rotondo e pieno) sia forte e ben presenta in tazza.
Il Fukamushi, più polverato e verde. Si tratta di una bevanda popolare in Giappone poiché si abbina durante il pasto.
Il Kabusecha (ombreggiato) è caratterizzato da un colore verde scuro. Due settimane prima del raccolto del tè viene coperto in maniera tale da non essere esposto al sole: ciò preserva l’umami che invece, sotto alte temperature, va gradualmente a scomparire.
Il Wakocha è invece il tipico tè nero giapponese. Viene utilizzata acqua bollita e l’infusione è di tre minuti. Il procedimento è molto simile a quello della Bancha tre anni: uno dei tè più economici e popolari del Giappone. L’infusione in questo caso è di 2 minuti. Come si evince dal nome, si ottiene dalla pianta di tè invecchiata di tre anni.
Dopo la degustazione del tè in foglie è il momento del matcha. Terada ha proposto tre tipi: Yabukita, Okumidori e Tsuyuhikari.
Il primo tipo è il più usato in Giappone: il 70% del tè proviene dalla pianta di Yabukita. Ha un gusto molto più saporito e meno astringente, simile agli altri due. Lo Tsukuyukari tuttavia è contraddistinto da un sapore delicato e pregiato.
Tutti i tè sono stati accompagnati da dolci tipici giapponesi: baci di dama alla matcha e hojicha, dorayaki con crema di matcha e cracker di riso con sencha, tè verde non ossidato, in polvere.
Kenzo Terada ha concluso la degustazione con una tazzina del progetto personale Mokacha, l’innovativo blend pensato per essere preparato in pochi minuti grazie alla moka: dal gusto decisamente forte e piacevole, rappresenta il ponte per eccellenza tra la cultura italiana e giapponese.