lunedì 25 Marzo 2024
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Ecco l’impianto di riciclo capsule di Nespresso a Gavardo

Una volta raccolte dalle aziende di gestione del servizio di raccolta differenziata, le capsule esauste vengono inviate per la lavorazione presso l’impianto, dove l’alluminio viene separato dal caffè. 

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Le capsule di Nespresso sono diventate con il tempo il simbolo dell’azienda di proprietà Nestlé. Secondo Nespresso, la scelta di utilizzare le capsule preserva al meglio le caratteristiche del caffè ma ciò comporta un problema: non sono facilmente riciclabili. Per fare chiarezza sul tema sostenibilità, l’azienda ha aperto a Wired le porte dello stabilimento in cui opera il riciclo, la Garm di Gavardo, in provincia di Brescia. Leggiamo di seguito il reportage di Antonio Piemontese.

Lo stabilimento di riciclo di Nespresso

GAVARDO (Brescia) – C’è odore di fondi di caffè nel piazzale, più pungente a mano a mano che ci si avvicina. Pesanti benne passano avanti e indietro, caricano una manciata di capsule esauste e la portano alla macchina, che fagocita abbondanti palate.

L’”esofago” è un lungo tubo di metallo giallo e azzurro, lo “stomaco” un parallelepipedo in cui la polvere umida viene separata dal metallo – alluminio, in questo caso – ed entrambi incanalati in direzioni separate. La prima servirà a fare compost, il secondo verrà riciclato e venduto come materia prima seconda.

Nespresso, azienda di proprietà di Nestlè, ha sempre preferito le capsule alle cialde. L’involucro multicolore in alluminio è iconico al pari delle pubblicità che hanno visto a lungo protagonista George Clooney.

La scelta, spiegano, preserva meglio le caratteristiche del caffè. Ma, dall’altro, pone un problema pernicioso: non sono facilmente riciclabili. E nessuna azienda, oggi, può permettersi di non esibire una patente di sostenibilità. Così, l’azienda ha aperto a Wired le porte dello stabilimento in cui opera il riciclo, la Garm di Gavardo, in provincia di Brescia.

Una scelta fatta molto tempo fa

La scelta di puntare sulle capsule piuttosto che sulle cialde, spiega la responsabile aziendale per la sostenibilità Silvia Totaro  a Wired, è dovuta al fatto che le prime sono in grado di preservare meglio le caratteristiche organolettiche del caffè. E Nespresso, nata nel 1986, ha sempre fatto della ricercatezza e dell’esclusività la chiave del proprio posizionamento sul mercato.

Dal Nespresso Club del 1989 ai cioccolatini con la N stampigliata (1992), dal primo sito internet quando il web era ancora agli albori (1996) fino alla possibilità di ordinare capsule in Rete (1998) e alle boutique (2000): il tentativo per il marchio è sempre stato quello di differenziarsi. Impensabile, per i dirigenti, ricorrere alle cialde (biodegradabili nell’umido), o abbandonare l’iconografia multicolore: ma con il tempo è emersa chiaramente la necessità di rispondere alle crescenti pressioni ambientali.

Così, nel 2011, grazie a una grazie a una convenzione con Cial (Consorzio nazionale imballaggi alluminio), Utilitalia (l’associazione delle multiservizi) e Cic (Consorzio italiano compostatori), è nato un programma che permette ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nell’apposita area presente all’interno delle boutique e nelle isole ecologiche partner distribuite sul territorio nazionale, per un totale di oltre 140 punti di raccolta in 79 città italiane.

Una volta raccolte dalle aziende di gestione del servizio di raccolta differenziata, le capsule esauste vengono inviate per la lavorazione ed il recupero presso l’impianto Garm, dove l’alluminio viene separato dal caffè.

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