mercoledì 17 Aprile 2024
  • CIMBALI M2
  • Triestespresso

Disciplinare, scrive Sergio Barbarisi: «Solo prendendoci cura dell’acqua avremo in tazza un espresso bello e buono»

Da leggere

Water and more
Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè

MILANO – Sergio Barbarisi, general manager di BWT Italia Water+More e tra i maggiori esperti di acqua in Italia, e proprio di acqua per la preparazione dell’espresso, ci ha inviato una lettera aperta sul Disciplinare dell’espresso Italiano tradizionale. Argomento che ha aperto un dibattito profondo nel settore.

di Sergio Barbarisi

Triestespresso

Gentili Signori,

ho letto il documento pubblicato lo scorso 24 maggio da Comunicaffè riguardo al Disciplinare del caffè espresso italiano tradizionale redatto dal Comitato Italiano del Caffè, dal Consorzio di Tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale e da Inei.

Spero mi sia consentito esprimere una mia opinione in merito, che dividerò però in due parti.

La prima parte per applaudire a questa iniziativa. Sono sempre estremamente contento quando viene difesa qualsiasi bevanda, alimento, abitudine che abbia radicate origini nella nostra bellissima nazione e nella nostra tradizione.

Non voglio creare polemiche che non porterebbero ad alcun risultato se non quello stesso di aver polemizzato. Certo è che, e lo sappiamo tutti, risulta difficile difendere l’italianità dell’espresso. Quando, già a partire dalla base stessa e cioè il caffè, stiamo parlando di una commodity che è mondiale e non italiana.

Trovo invece che la vera italianità dell’espresso sia quella di aver creato, noi per primi, un modo di portare il caffè in tazza, con una macchina che spinge l’acqua attraverso del caffè macinato; per mezzo di una pompa ad alta pressione.

Ma oggi questo modo di bere può essere replicato in tutto il mondo, a patto che appunto le attrezzature rispondano a determinati requisiti. E che il barista sia adeguatamente preparato per estrarre un prodotto in tazza che risponda alle caratteristiche di piacevolezza sia visiva che di assaggio.

Quello che nessuno potrà mai replicare nè toglierci è però l’aspetto „filosofico“ del bere un espresso. Aspetto che è legato alla pausa lavorativa, al gusto di berlo con un amico, di chiacchierare con il barista sulle partite di calcio della domenica appena trascorsa.

Tracciare alcuni limiti è comunque possibile, che piaccia o no ai nostri amici di altre Nazioni. E per questo sono convinto che l’iniziativa del Disciplinare dell’espresso italiano tradizionale realizzato dal Comitato italiano del caffè sia degna di nota.

Sono difendibili le attrezzature che creano l’espresso tradizionale; sono difendibili la pressione di estrazione e la grammatura. Così come sono difendibili altri parametri descritti con dovizia dal documento che Comunicaffè ha pubblicato integralmente.

Volete fare un espresso fuori da questi „targets“? Ok, tecnicamente parlando avrete estratto un espresso, secondo il Comitato italiano del caffè non sarà un espresso italiano tradizionale. Se ne faranno una ragione i nostri amici „espressofili“ oltre frontiera.

Credo invece, e mi sia ancora consentito di alzare la mano e di sottolineare due punti a mio giudizio importantissimi, che si sia persa ancora una volta un’occasione per dettagliare e di conseguenza valorizzare ulteriormente il nostro Espresso di cui andiamo così orgogliosi.

Il primo è il non aver valorizzato il concetto di „miscela“ che ci rende così unici, che rende i nostri torrefattori così simili ai grandi chef, fornendo anche qui caratteristiche e requisiti minimi delle origini utilizzate, chiedendo anche di rendersi trasparenti nei confronti degli utenti e generando così la fiducia necessaria a „sfondare“ nel cuore dei consumatori.

E qui arriva la seconda parte del mio intervento, tanto leggendo due righe buttate giù d’istinto da me lo sapevate che sarei approdato qui…

Si è dimenticata totalmente l’acqua, elemento fondamentale nella generazione della bevanda a base di caffè, acqua che varia da un approssimativo novanta per cento per un espresso fino ad arrivare addirittura al novantotto per cento in un caffè filtro all’americana.

Ho girovagato negli ultimi vent’anni, non mi sembra vero scriverlo tanto lunghi sono vent‘anni, parlando di acqua per il caffè e cercando di far capire a tutti quanto in una estrazione l’acqua sia fondamentale, sia come elemento „solvente“ sia in funzione di quegli elementi che sono in essa disciolti.

In questo la Sca, Specialty Coffee Association, è stata, e bisogna riconoscerglielo, la prima e finora l’unica che ha cercato di indagare sugli effetti dell’acqua nel caffè, arrivando addirittura a dare una „zona target“ per l’acqua perfetta, opinabile ma quanto meno abbiamo da oggi un punto di partenza.

Provate ad andare al supermercato e comprate tre acque con residui fissi e composizioni diverse tra di loro e provate ad assaggiarle, e immaginate come le differenze percepite possano tradursi in caffè diversi.

Più o meno corposi, più o meno acidi, più o meno cremosi, più o meno fruttati. Sono tutti effetti delle diverse composizioni delle acque utilizzate per l’estrazione del vostro caffè preferito.

Non sto dicendo che bisognava consigliare una specifica cartuccia filtrante. Perché magari l’acqua perfetta per l’espresso italiano è generata dal caro vecchio addolcitore, ma almeno ci si poteva provare.

Del resto i produttori di sistemi filtranti che contano, dal punto di vista della quantità e della qualità dei sistemi proposti, possono stare comodamente sulle dita di una mano così come possono sedere ad un tavolo di riunione. Perché credo che valga la pena confrontarsi quando si crea uno standard di una bevanda basata sull’acqua.

Si poteva quanto meno arrivare ad affermare che per fare un caffe perfetto l’acqua non deve avere odori o sapori estranei, come il cloro e i suoi parenti prossimi.

Molti sono i torrefattori che sono passati in questi anni dal nostro training center di Bergamo. E che hanno avuto modo di provare il loro caffè estrattto con diverse acque, in contemporanea, dalla stessa macchina professionale tradizionale.

Rimanendo esterrefatti da quanta distanza ci potesse essere tra una tazza e l’altra. Semplicemente cambiando acqua e mantenendo tutti i parametri fondamentali. Descritti con compiutezza e professionalità nel citato Disciplinare dell’espresso italiano tradizionale.

Chiudo dicendo quello che vado recentemente raccontando.E che da uno come me che vive di acqua non ci si aspetterebbe di sentir dire. Cioè che l’acqua nel caffè non, e ripeto NON è il parametro fondamentale da tenere sotto osservazione.

Ma sicuramente in un immaginario grafico multidimensionale l’acqua è una delle variabili che possono portare ad un espresso che in tazza sia bello. E per noi Italiani il „bello“ è un aspetto fondamentale, e buono.

Prendiamoci cura dell’acqua e ci saremo presi cura dell’espresso.

Grazie

Sergio Barbarisi

CIMBALI M2
  • LF Repa
  • Dalla Corte

Ultime Notizie

  • TME Cialdy Evo
Carte Dozio
Mumac