mercoledì 10 Aprile 2024
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Così la filiera triestina del caffè giudica l’attuale mercato del verde

Alberto Polojac, titolare di Imperator, e Theresa Sandalj, del board di Sandalj Trading Company, delineano le prospettive per l'anno appena cominciato

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MILANO – Il punto sul mercato mondiale del caffè verde visto nell’ottica dei commercianti crudisti e dei torrefattori. Lo fa il notiziario di Host intervistando due addetti ai lavori attivi nella filiera triestina del caffè: Alberto Polojac, titolare di Imperator, e Theresa Sandalj, del board di Sandalj Trading Company.

Con quali prospettive si apre dunque il 2019? Quali i trend emergenti?

“Il problema sono i prezzi, troppo bassi: il 2018 è stato un anno disastroso: si comparava a un prezzo e quando arrivava il prodotto era già diminuito. È stato in continua discesa ed erano diversi anni che non succedeva.

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Ci sono sia per Robusta sia per Arabica prezzi troppo bassi per i piccoli produttori. Che a lungo andare diventeranno insostenibili: il rischio è che la produzione si concentrerà solo in Brasile e Vietnam. E i coltivatori passeranno a prodotti più remunerativi” dice Alberto Polojac titolare di Imperator.

Il costo della tazzina?

“Il problema non è tanto che è basso, perché c’è anche chi ci specula. A volte dovrebbe costare 50 centesimi tanto è bassa la qualità. Si dovrebbe iniziare a parlare più di prezzo all’acquisto. Il torrefattore invece dovrebbe guardare alla materia prima, anche per i piccoli c’è spazio per differenziare e rivolgersi al pubblico in modo diverso”.

Alberto Polojac
Alberto Polojac, titolare di Imperator

Il consumatore è pronto?

“L’Italia si sta muovendo molto lentamente e gradualmente ma non bisogna aspettare il mercato, si può anche anticipare basandosi sulle tendenze già presenti da tempo all’estero. Devo dire però che qualcosa sta cambiando grazie alle nuove generazioni, ci sono tante donne, ragazze giovani che entrano in azienda con la voglia di approfondire e scoprire il mondo del caffè”.

Un mercato confuso

“Il mercato rimane ancora molto confuso sia a livello borsistico sia per quanto riguarda i consumatori” dice Theresa Sandalj del board di Sandalj Trading Company –“Di opportunità ce ne sono sempre tante: lavorare sulla consapevolezza dei consumatori, investire nella ricerca per fare fronte alla situazione ambientale e climatica dei Paesi produttori, ripagare gli sforzi di coltivazione ai produttori smettendo una volta per tutte la gara al ribasso che troppo spesso viene fatta nel mondo del caffè. Tra le sfide, rilevo l’utilizzo di nuovi ibridi iper-produttivi che sta andando a netto scapito della qualità finale e una di quelle a cui teniamo di più, visto il ruolo che l’azienda e le sue figure hanno avuto nella creazione della SCA e dello specialty coffee: fare sì che il termine non perda di valore, visto che viene usato troppo spesso per vendere prodotti che di specialty hanno poco o nulla”.

Theresa Sandalj © 2018 Roberto Pastrovicchio Photography - All Rights Reserved
Theresa Sandalj © 2018 Roberto Pastrovicchio Photography – All Rights Reserved

Caffè specialty e caffè per miscela: due mondi a parte o che si stanno avvicinando?

“Da noi sono sempre stati mondi vicini. Nella fetta di mercato di qualità abbiamo sempre creato miscele con caffè specialty-grade. C’è però anche da dire che per definizione il caffè specialty può essere considerato tale solo se, oltre a essere qualitativamente superiore, è disponibile in quantità limitate. Se parliamo dunque di miscele per la grossa torrefazione, si parlerebbe di caffè di alta qualità e non specialty”.

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