giovedì 11 Aprile 2024
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Così la fika (pausa caffè) migliora la qualità della vita dei lavoratori svedesi

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MILANO – Bando agli equivoci e ai giochi di parole scontati: fika, in svedese, è un termine (sia sostantivo, che verbo) derivante dalla parola kaffe (caffè). L’espressione indica la tradizionale pausa per il caffè propria delle cultura nordica. Molto diversa, nei tempi e nelle modalità, dall’incursione alla macchinetta vending o dalla pausa fugace al bar. Perché è espressione, innanzitutto, di una precisa filosofia di vita

Parola d’ordine: riposare

Non si tratta, infatti, di una scusa per una riunione, né di un pretesto per trangugiare un espresso (o un beverone di Starbucks, come fanno negli USA) al computer o sotto il neon del distributore automatico; ma una pausa che si prende più volte al giorno, e in ogni caso attorno alle 10:00 e alle 15:00. Per sorseggiare un caffè, un tè o un’altra bevanda calda in compagnia dei colleghi, preferibilmente davanti a un dolce e staccando completamente dal lavoro.

Ripartire con sprint

Una perdita di tempo? Non proprio: secondo Viveka Adelsward, professoressa della Linkoping University (Svezia) ed esperta di consuetudini sociali di questo paese, la fika aumenta la produttività: queste occasioni di scambio e socializzazione incrementano l’efficienza sul lavoro, tanto che molte aziende svedesi le hanno rese obbligatorie.

Ossigeno al cervello

E non è solo per il caffè, di cui la Svezia è il terzo consumatore mondiale ; a creare le premesse per una pausa produttiva è la caduta temporanea – davanti a uno snack calorico – delle gerarchie sociali, che rende i lavoratori svedesi tra i meno stressati al mondo. Si scambiano informazioni, si appianano conflitti, si toglie “la ruggine” dal cervello e si promuove la creatività. Persino sul sito di Ikea si legge che alcune delle migliori idee e decisioni avvengono durante la fika.

Non solo in Svezia

I benefici della fika sono talmente evidenti che diversi imprenditori svedesi stanno cercando di esportare questa consuetudine anche in nazioni più stressate. Se funzionasse, ne trarremmo vantaggi tutti: statistiche alla mano, solo l’1% dei lavoratori svedesi rimane in ufficio oltre l’orario di lavoro; e nel paese che sta sperimentando l’orario lavorativo di sei ore giornaliere, lo stipendio medio procapite e la soddisfazione generale della vita rimangono alti rispetto alla media.

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