giovedì 02 Maggio 2024
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Padre e figli uniti nel caffè, dalla Colombia all’Austria: ” Il chicco è nel destino della nostra famiglia”

In Colombia, le dinamiche famigliari tra i produttori sono tante: non soltanto esistono quelle classiche formate da madre, padre e figli, ma anche di soli uomini e di sole donne che lavorano individualmente, oppure ancora di figli che stanno imparando a portare avanti l’azienda in autonomia

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MILANO – Pablo López Gallo lavora nel e MSc. Quality Department REGIO coffee roastery and tea packaging subsidiary of SPAR group in Austria. Ma le sue origini partono da molto più lontano: bisogna arrivare sino in Colombia, dove è nato e dove tutt’oggi la sua famiglia abita e lavora come coltivatori di caffè in una piantagione di 18 ettari su 11 di foresta naturale.

A Santa Catalina, ad un’altitudine tra i 1900 e i 2100 metri, avviene la coltivazione di 6 varietà (Bourbon red, yellow and pepper. Caturra. Tipica. Chiroso) attraverso lo sforzo costante di 5 dipendenti, 2 dei quali permanenti.

Triestespresso

Il padre di Pablo, Hector e sua sorella Susanna, da circa un anno portano avanti sul campo, letteralmente, lo specialty coffee oltre la sola materia prima, verso un concetto di finca che sia progettuale e culturale.

Qui riportiamo la prima parte della lunga intervista che esplora da vicino il mondo alle origini del verde.

Colombia: dalla parte di chi produce

Susanna ha fatto l’ingresso nell’incredibile mondo del caffè attraverso la Federazione dei cafeteros all’interno della quale da 4 anni, si occupa di offrire un servizio tecnico, ai farmer del municipio di Antiopia Urrao e Concordia. Racconta lei stessa: “Urrao conta più o meno 1200 caficultores e noi siamo in contatto con 600 di questi. Sono parecchi da visitare per chi vuole entrare in questa realtà.”

Susanna all’opera (foto concessa)

“Presto mi sono accorta delle necessità e della vulnerabilità dei caficultores: ciascuno ha diverse esigenze che vorrebbe fossero ascoltate e per questo, dar loro assistenza non è sempre facile. Devo trovare un compromesso tra l’ascoltare le loro storie nel miglior modo possibile e il fornire loro gli strumenti per poter valorizzare il loro caffè, così da venderne quantità maggiori ad un prezzo più alto.

Non è stato semplice. Essendo una giovane donna è una sfida farsi anche soltanto considerare. Si dà spesso per scontato che una ragazza non è istruita e quindi nessuno inizialmente mi voleva dar credito. Poi le cose sono pian piano cambiate: ora siamo arrivati al punto in cui i padri e le madri di famiglia mi propongono come esempio da seguire ai loro figli che a loro volta mi possono chiedere qualsiasi cosa.

Da un lato quindi mi sento sola, ma dall’altro, sono diventata un punto di riferimento per gli altri, in particolare per le altre donne che lavorano nei campi e vedono in me la possibilità di un futuro in questo settore e un destino professionale fuori da casa.

Inoltre, in Colombia, le dinamiche famigliari tra i produttori sono tante: non soltanto esistono quelle classiche formate da madre, padre e figli, ma anche di soli uomini e di sole donne che lavorano individualmente, oppure ancora di figli che stanno imparando a portare avanti l’azienda in autonomia.

Io rappresento un’alleata per le mogli coltivatrici che stanno gestendo la produzione. Certo c’è molto da fare e da imparare. Attualmente stiamo lavorando ad un secondo progetto a Urrao con la Federazione che è di carattere più tecnico, in cui vogliamo costruire una finca più grande e quindi trasformarla in un’impresa.

L’abbiamo presentata alla comunità come un esempio possibile di lavoro condiviso con la giunta comunale. Abbiamo spiegato che non ci si può limitare ad essere piccoli coltivatori, perché la gente in Urrao pensa ancora di dover mantenere le dimensioni ridotte.

Con questo modello di finca vogliamo invece cercare di rompere questo paradigma, e comunicare il messaggio che si può essere produttori con qualche albero in più. Il caffè in Colombia spesso ha poco mercato anche perché non ci sono quantità sufficienti da imballare e spedire.

Le drupe di specialty (foto concessa)

Con questa impresa abbiamo ottenuto la certificazione organica per un gruppo di 30 caficultores in un sito dove si lavora in maniera tradizionale. Ci siamo ritrovati ad affrontare diversi dubbi e scetticismi rispetto al fatto che potesse funzionare, ma alla fine siamo riusciti a dimostrare l’efficacia delle nostre proposte ottenendo la certificazione.

Durante questo processo, la mia stessa famiglia si è avvicinata al caffè. Prima bevevamo soltanto il caffè di seconda qualità, perché quello di livello più alto viene venduto, ma grazie alla mia mediazione abbiamo iniziato ad interessarci nella produzione.

Proprio quando la mia famiglia ha capito di poter guadagnare con questa materia prima che è più progetto di vita e non soltanto una commodity, Pablo ha fatto il suo ingresso nella stessa industria in Austria: sembra quasi che sia nel nostro destino famigliare. Così, da un anno gestiamo la nostra finca del caffè, insieme a mio padre.”

Hector: “Si è presentata l’opportunità di comprare questo terreno e precisamente dopo un anno, l’impresa in cui abbiamo lavorato per 20 anni, ha chiuso. Questa finca quindi per noi è come un regalo da Dio. Ci troviamo ad Urrao, un municipio molto noto per la sua violenza. I contadini qui hanno sofferto, avendo subito l’intervento del gruppo armato per anni ed essendo stati spinti ad abbandonare i campi.

Ora però la comunità è rinata, la gente è più coinvolta ed è tornata a lavorare sui terreni. Siamo stati ben accolti dalla gente del luogo. Possiamo lasciare incustodita la casa senza che succeda niente e anzi, la gente condivide molto con il prossimo: un platano, del latte, della frutta, arepaz.

Prepariamo un piatto comune da spartire con tutti: c’è più unione e siamo molto coesi. “

Fare parte di una cooperativa quindi è vantaggioso?

“Sì totalmente. Sono una grande sostenitrice del principio del cooperativismo, perché agire da soli è più difficile. Quando uno si associa, può contare sul massimo delle risorse umane e può esprimere al meglio le sue possibilità. Sono a favore del lavoro condiviso per cui è possibile insegnare, imparare. Io stessa posso testimoniare quanto sia rilevante il ruolo delle donne in tutte le fasi agricole, per esempio partecipando alla creazione della nuova cooperativa che si sta formando attorno ai caffè specialty qui in Urrao.

Io sono l’unica donna che sta partecipando a questa giunta elettiva. Il cooperativismo è un’occasione, sempre che siano chiari gli obiettivi a favore della società.”

La produzione in Colombia sta vivendo un rinascimento guidato dagli specialty?

La farm (foto concessa)

“Credo che gli specialty possano rappresentare una rinascita per il caffè colombiano, che ha un potenziale ancora da sfruttare a pieno. Per due aspetti: in Colombia ci sono molte zone in cui le condizioni climatiche permettono di produrre un caffè complesso dal punto di vista aromatico e quindi dal punteggio alto; dall’altra parte, vedo il mercato stesso orientarsi verso una tazza più pulita, e noi possiamo ricavarla attraverso diversi processi dei lavati e delle fermentazioni: questo ci permette di alzare il prezzo.

Il problema ora è che non tutto il mondo ha accesso alle informazioni e alle conoscenze necessarie per coltivare questi prodotti: molti non sanno neppure di coltivare degli specialty. Su 1200 famiglie di produttori, il 50% non sa neppure leggere. Possiamo quindi parlare di un rinascimento soltanto per chi può accedere a strumenti e competenze utili per svilupparsi.

Alcuni produttori non hanno una rete efficiente che possa portare alla messa in commercio della loro materia prima come specialty. Avere il potenziale non è sufficiente di fronte a questo contesto. Bisogna pensare a queste persone che restano isolate. Per cambiare la situazione, il segreto è avere contatti diretti con i farmers, e per poterlo fare, è necessario trovare una persona che faccia da ponte tra una famiglia nei luoghi d’origine e la commercializzazione.

Io stessa potrei rappresentare questa figura, un tramite per raccontare loro che questo caffè è migliore e che per questo si può vendere più facilmente a dei clienti interessanti. Bisogna insegnare che cosa sia il caffè speciale, con delle pratiche agricole più adatte e attraverso un percorso di accompagnamento. Così la gente capirà, approfondirà il tema man mano: ma ci vuole comunque una persona che innanzitutto veicoli le corrette informazioni.”

 

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