giovedì 02 Maggio 2024
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Il Coffee Barometer, 11 player mondiali sul piano della sostenibilità con la prospettiva che il caffè a buon mercato stia per finire

Secondo il Coffee Brew Index, sulla carta, la maggior parte dei torrefattori non sono ancora preparati per gli imminenti requisiti di legge, evidenziando l'urgente necessità di un approccio più proattivo da parte di tutti i soggetti coinvolti

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MILANO – Il Coffee Barometer fa luce sullo stato attuale della sostenibilità nel settore del caffè a livello mondiale. Il rapporto 2023 – alla sua settima edizione stilato da Conservation International, Ethos Agriculture and Solidaridad – combina i dati disponibili pubblicamente e descrive il quadro odierno così da poter fare le dovute riflessioni rispetto alle prossime sfide, gli impegni e i risultati fin qui raggiunti.

Il Coffee Brew Index, la vera novità di questo documento, approfondisce e così dà modo di comprendere il livello di maturità delle strategie di sostenibilità adottate dalle 11 aziende leader del settore, prese in considerazione per sviluppare il Coffee Barometer.

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E dal report arriva la conferma che il caffè a buon mercato sta finendo.

Il report completo, è consultabile qui.

Coffee Barometer: come si struttura

Il rapporto è strutturato intorno a quattro sfide:

Parte 1. La concentrazione della produzione di caffè in un numero limitato di Paesi, unita a dinamiche dei prezzi che non garantiscono una stabilità a lungo termine per i piccoli coltivatori di caffè e all’evoluzione delle aspettative dei consumatori.

Parte 2. L’importanza di garantire che il reddito da caffè contribuisca al benessere e al sostentamento di milioni di coltivatori in Africa, Asia e America Latina.

Parte 3. Un’analisi delle politiche e delle strategie di sostenibilità adottate dalle undici principali torrefazioni nel mondo – Nestlé, Starbucks, JDE Peet’s, Tchibo, Lavazza, Melitta, Massimo Zanetti, UCC, Strauss, J.M. Smucker, KraftHeinz – insieme a una valutazione critica del ruolo e del contributo di ciascuna di queste.

Parte 4. Esplorazione delle scale in espansione della sostenibilità e dei quadri obbligatori, in particolare la combinazione della legislazione UE sulla produzione senza deforestazione, diritti umani e la rendicontazione.

The Coffee Brew Index (foto concessa)

Questo il contesto odierno con cui ci si deve confrontare per costruire interventi mirati ed efficaci lungo la filiera

Circa 12,5 milioni di coltivatori di caffè in 70 Paesi producono caffè, con Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia e Honduras che contribuiscono all’85% dell’offerta globale.

Il restante 15% è prodotto da 9,6 milioni di coltivatori, i cui mezzi di sussistenza sono sotto pressione a causa della diminuzione dei ricavi delle piantagioni di caffè e dell’aumento dei costi dei fattori di produzione.

La questione del reddito dei coltivatori

Nel Coffee Barometer si fa riferimento ad una recente analisi condotta dalla Columbia University (Kaitlin et al., 2021) che esamina il reddito netto annuo derivante dalla coltivazione del caffè con i parametri di riferimento per il living income in dieci paesi, sulla base dei prezzi del caffè del periodo 2018-2019.

Confronto che deve esser considerato come stima approssimativa di come un produttore medio potrebbe cavarsela all’interno di ciascun Paese.

I principali risultati di questo confronto includono:

– In 8 dei 10 Paesi, il reddito medio da caffè è pari o inferiore alla soglia di povertà.

– Il Brasile si distingue come l’unico Paese in cui il produttore medio guadagna un reddito netto dalla coltivazione del caffè che supera alcune stime del reddito di sostentamento.

L’Uganda è il Paese con il più alto divario rispetto alla retribuzione, con un produttore medio che guadagna 88 dollari all’anno con il caffè, in contrasto con i valori di riferimento sul salario che vanno da oltre 2.000 dollari a quasi 6.000 dollari.

Cambiamento climatico

Una recente analisi condotta dall’Istituto per l’ambiente di Stoccolma (SEI) traccia un quadro disastroso, rivelando che il cambiamento climatico potrebbe ridurre la produzione globale di Arabica del 45,2%, mentre la produzione di Robusta potrebbe subire un calo del 23,5% (Dzebo e Adams, 2022).

Con il cambiamento climatico, si prevede che entro il 2050 porzioni significative di terreni utilizzati per la coltivazione del caffè saranno inadatte, in particolare per la crescita dell’Arabica.

Gli sforzi per garantire una produzione di caffè sostenibile devono considerare la preservazione e la conservazione delle foreste e di altri ecosistemi, riconoscendone significato ecologico e le potenziali conseguenze negative della loro conversione in piantagioni di caffè.

Raggiungere un delicato equilibrio tra soddisfare la domanda globale di caffè e preservare la biodiversità, mantenendo e rafforzando i servizi ecosistemici essenziali, comporta l’attuazione di solide strategie di conservazione e l’adozione in tutto il settore di pratiche di utilizzo responsabile del territorio, come l’agricoltura rigenerativa e l’agroforestazione.

Le principali regioni produttrici di caffè probabilmente diminuiranno. Ad esempio, negli Stati brasiliani di Minas Gerais e São Paulo, regioni che rappresentano una parte significativa della produzione di caffè del Paese, la proporzione di terreno adatto alla coltivazione del caffè potrebbe crollare dal 70-75% ad appena il 20-25%.

Nel Goiás, potrebbe cessare del tutto. Anche altre rinomate regioni produttrici di caffè si troveranno ad affrontare l’imminente minaccia di una forte riduzione delle aree idonee alla coltivazione del caffè.

Il riscaldamento delle temperature e lo spostamento delle precipitazioni potrebbero ridurre drasticamente la produzione in Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Messico e Vietnam (Dzebo e Adams, 2022)

I Voluntary Sustainability Standards (VSS) sono fondamentali per migliorare aspetti come trasparenza, fiducia e i comportamenti di consumo sostenibili nel settore del caffè

Tuttavia, sebbene i consumatori mostrino una crescente consapevolezza attorno al tema, la quota di mercato di caffè certificato è ostacolata da barriere come le lacune a livello informativo e i prezzi più elevati.

Negli ultimi anni, si è verificata una stagnazione nell’espansione della materia prima certificata commercializzata, insieme ad una diminuzione dei volumi acquistati dai principali player sul mercato del caffè.

Alcuni dei più grandi torrefattori del mondo stanno cercando di inserirsi nel discorso della sostenibilità come leader, spesso prendendo impegni ambiziosi, coinvolgendo le proprie aziende in partenship e iniziative multi-stakeholder.

Queste imprese spesso interpretano la sostenibilità come miglioramento dell’efficienza e della competitività in un’economia mondiale globalizzata, con la minaccia di una crescente scarsità, di rischi sempre più elevati e di catene di approvvigionamento poco trasparenti.

Le promesse e le affermazioni di questi torrefattori sono allettanti e le aspettative di autorità di regolamentazione, società civile, consumatori e investitori sono in aumento.

Per questo, negli ultimi due decenni, questa richiesta ha dato origine a numerose iniziative e linee guida per la promozione di una condotta aziendale responsabile nell’industria del caffè.

Ma rimane un certo scollamento tra le strategie che vengono riportate e la loro messa in pratica.

Il punto di partenza del Coffee Brew Index contenuto nel Coffee Barometer è la consapevolezza che si conoscono ben pochi dettagli sulle specifiche strategie di sostenibilità di queste principali torrefazioni

Per condurre l’analisi, sono stati esaminati i contenuti dei rapporti annuali o di sostenibilità condivisi dalle aziende, così come di tutti i documenti di accompagnamento o delle informazioni pubbliche direttamente collegate a questi resoconti

In questo confronto, è emerso che quattro aziende su undici, ovvero Lavazza, Melitta, Tchibo e Massimo Zanetti, non hanno ancora pubblicato i bilanci di sostenibilità per l’anno 2022 alla data di realizzazione del Coffee Brew Index (maggio 2023).

Conclusioni

Ciò che è emerso è che, le iniziative dei multi-stakeholder compresi nel Coffee Barotemer, nate per promuovere la sostenibilità nel settore del caffè, ad oggi non riescono a compiere progressi sostanziali.

Spesso forniscono un modo per le aziende di dichiarare il loro sforzo verso obiettivi positivi, ma spesso mancano impegni vincolanti e finanziamenti per ottenere risultati concreti.

Mentre alcune singole aziende possono avere performance migliori di altre, il Coffee Brew Index ha riscontrato che la maggior parte delle aziende non sta ancora mettendo in atto le azioni necessarie a rispettare gli impegni esistenti nel settore per affrontare i rischi sociali e ambientali.

Contemporaneamente, nel campo delle pratiche commerciali internazionali, si sta verificando un cambiamento epocale, che riscrive la dinamica dall’affidarsi esclusivamente a iniziative di sostenibilità volontarie andando verso un quadro normativo più rigoroso, incentrato su requisiti di due diligence.

Negli ultimi anni l’Unione europea ha assunto un ruolo di primo piano, proponendo e adottando leggi internazionali incentrate sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) che si rafforzano a vicenda.

Queste leggi obbligano le aziende a dare priorità alla tutela dei diritti umani e a prevenire il degrado ambientale. La conformità a queste normative richiederà un monitoraggio approfondito delle catene di approvvigionamento della materia prima e la capacità di dimostrare l’effettiva attuazione delle misure di due diligence.

A differenza delle iniziative volontarie, queste leggi forniscono un quadro completo di responsabilità che include sanzioni, rimedi per le violazioni dei diritti e la possibilità di essere esclusi dalle gare d’appalto pubbliche.

Tuttavia, secondo il Coffee Brew Index, sulla carta, la maggior parte dei torrefattori non sono ancora preparati per gli imminenti requisiti di legge, evidenziando l’urgente necessità di un approccio più proattivo da parte di tutti i soggetti coinvolti.

Sebbene l’obbligo di due di diligence con solidi meccanismi di applicazione è probabilmente la chiave per il progresso, dovrebbe anche promuovere la collaborazione tra produttori e importatori, fornendo ai piccoli agricoltori il sostegno e le risorse necessarie per soddisfare gli standard richiesti.

Un approccio integrato, sostenuto da una consistente assistenza finanziaria da parte dell’industria e l’applicazione delle normative locali, è essenziale per un’attuazione efficace delle norme.

L’obiettivo sarebbe quello di trovare un “mix intelligente” di strumenti volontari e obbligatori che che promuovano lo sviluppo e garantiscano il benessere dei produttori e delle loro comunità (Schleifer e Fransen, 2022).

Non c’è più futuro per il caffè a basso costo

L’intero settore deve impegnarsi a investire nelle regioni produttrici vulnerabili, in modo da portare avanti programmi di sostenibilità e dar maggiore valore all’inclusione dei coltivatori e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.

Le aziende produttrici devono raddoppiare gli sforzi nei confronti soprattutto dei Paesi produttori meno competitivi. Lo scambio e il dialogo continuo con gli attori locali, tra cui il governo, la società civile e i gruppi stessi dei farmer, è essenziale per affrontare le prossime sfide con soluzioni personalizzate.

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