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BRESCIA – Dentro la cornice dell’inchiesta che mette luce sul ruolo di latte vaccino e bevande vegetali all’interno dei locali si inserisce la Centrale del latte di Brescia, con l’intervento del Direttore Generale Ingegnere Andrea Bartolozzi.
Perché ancora oggi le caffetterie devono puntare sulla ricerca del latte di qualità?
“Per rispondere alla domanda dobbiamo partire da un dato significativo per che ci permette di comprendere le abitudini di consumo: negli anni ’70, il 90% dei consumi alimentari avveniva dentro casa e appena il 10% fuori.
I nostri genitori tornavano per i pasti e la maggior parte delle aziende si concentrava sul canale domestico. Anche la Centrale del Latte si era orientata al retail. Poi è avvenuta una mutazione radicale delle abitudini di vita degli italiani e quest’ultima percentuale è cresciuta all’incirca del 40% nel periodo precedente al Covid e , registrando una ripresa molto forte nel post-pandemia.
Oggi quindi i consumi fuori casa sono enormi e sono aumentati non solo per via del turismo, ma anche per una mobilità più spiccata. Questo ha modificato molto anche il numero di gelaterie, caffetterie, pasticcerie e bar, il cui numero è significativamente cresciuto.
Certamente non si può immediatamente rispondere alla domanda, perché quando aumenta così tanto il numero di esercizi e della domanda, si trova tutto e il contrario di tutto. Ci sono locali iper specializzati e altri che vogliono solo massimizzare il profitto.
Fatta questa premessa, credo che siamo riusciti a sviluppare un marchio forte sul territorio, ma ciò è tipico di tutte le Centrali del latte. Il latte fresco dalla shelf-life molto breve permette infatti, da un lato, di essere molto forti localmente, ma dall’altro, di essere sconosciuti dove la logistica non arriva. Per questo motivo ogni zona d’Italia aveva il proprio marchio di riferimento.

Con il tempo, queste imprese (spesso di estrazione comunale) hanno subito delle grosse perdite e quindi sono state effettuate diverse acquisizioni da parte di Parmalat e Granarolo nei primi anni ‘80 e poi negli anni ‘90. La nostra Centrale è restata l’unica ancora a controllo pubblico. Il Comune di Brescia ne detiene tuttora il 51% e questo ci ha permesso di attuare delle politiche indipendenti, senza rendere conto a terzi.
Quasi 20 anni fa, in tempi ancora non sospetti, abbiamo lanciato il ReCappuccio per rispondere all’esigenza posta dai baristi di avere un latte a loro dedicato che non fosse soltanto quello ritirato poco prima della scadenza dagli scaffali dei supermercati da pagare poco, ma un prodotto che potesse valorizzare questo canale e il cappuccino.
Re Cappuccio rispondeva quindi a tre particolari esigenze: essere buono, possedere una crema stabile e non presentare bolle.
Abbiamo quindi realizzato un prodotto contenente il 30% di panna in più dello standard, per un valore di 4,6-4,7% contro un latte intero che ne contiene 3,5-3,6 %. All’epoca c’era solo la versione “fresco” che per legge ha 7 giorni di vita, compreso quello di produzione. La differenza di prezzo con un buon latte è minima. Con un prodotto che ha un tenore di grasso di questo genere e un’omogeneizzazione fatta a regola d’arte con un solo litro di latte si riescono a preparare ben 11 cappuccini invece che 10, con il valore aggiunto di un consumatore soddisfatto.”
L’aumento dei prezzi ha avuto un impatto sulle vendite nel canale horeca?
“Non c’è stato un vero impatto. In tanti anni non ho visto un aumento di consumi legato alla variazione del prezzo e questo fondamentalmente perché il latte è un prodotto di prima necessità, che risulta abbastanza economico anche quando costa due euro al litro.
Quindi, quando si assiste ad un aumento del latte, spesso questo è derivato dall’aumento di tutte le altre merceologie.
Si risparmierà piuttosto sui beni di lusso, ma non su quelli essenziali. Forse, paradossalmente, si berrà un po’ più di latte e quindi non c’è attualmente un calo di consumi dovuto ai rincari.
Che – per altro – sono giustificati dato che dal ‘96 al 2020, per circa 25 anni, i prezzi erano in valore assoluto fissi se non addirittura in calo.
Aggiungendo anche una versione UHT e una a media scadenza, ReCappuccio è ormai diventato il primo prodotto che vendiamo. Altre grandi aziende hanno introdotto soluzioni dedicate a questo canale ma nessuno per ora lavora con il nostro stesso tenore di grasso”.
Ma che cos’è poi un latte di qualità?
“E’ preferibile latte nazionale e che questo arrivi dalle vicinanze, proprio per la sua alta deperibilità e poi per avere un maggiore controllo della filiera che è sinonimo a sua volta di sicurezza e freschezza. Allo stesso modo, anche la collaborazione continua con le stesse stalle permette di lavorare con l’allevatore per migliorare le naturali criticità che si possono creare negli anni.
Centrale del Latte di Brescia, in particolare, usa soltanto latte che proviene da stalle in cui è certificato il benessere dell’animale. Inoltre, utilizza solo energia elettrica proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili.”
Bevande vegetali: state spingendo sulla ricerca di queste alternative al latte vaccino, oppure investite su quelle prive di lattosio?
“Una risposta sintetica: il mondo del senza lattosio di prodotto a base latte è sempre più importante. Aumenta sempre più il numero delle persone, soprattutto tra i giovani, che dichiarano di acquistare prodotti senza lattosio.
Tra i 18 e i 24enni chi compra queste soluzioni in continuità rappresenta circa il 40% degli intervistati. Tra gli over 60 è solo del 20%. Ci stiamo quindi spostando ogni anno che passa verso questo mercato, nonostante non ci sia in 2/3 di questi casi una vera intolleranza diagnosticata. Noi produciamo molto latte senza lattosio anche se non abbiamo una soluzione dedicata per l’horeca.
Tutti i nostri clienti di Re Cappuccio acquistano in parallelo altre due referenze: il delattosato della Centrale del latte di Brescia e la nostra bevanda vegetale realizzata su nostro capitolato con l’aiuto di un’impresa terza.
Quindi per aprire il capitolo bevande vegetali: si assiste complessivamente ad una frenata della crescita rispetto al boom di qualche anno fa. C’è da dire inoltre che, a differenza del latte vaccino che resta per lo più invariato, le bevande vegetali si fanno concorrenza tra di loro (avena, soia, riso, mandorle).
La nostra bevanda vegetale si chiama ReCappuccio Soia e la confezione riprende cromaticamente quella del ReCappuccio.
Molti ci chiedono per il delattosato il formato da mezzo litro, che noi abbiamo, a dimostrazione che le caffetterie procedono sempre con il proporre un alto rotante e un completamento di gamma. Diverso discorso ovviamente per le strutture che hanno volumi più elevati.”
Ma quindi cosa chiedono oggi i baristi? Lo stesso che chiedevano nel 2008?
“Come allora, anche oggi, per prima cosa si chiede il servizio: nessuno è in grado di stoccare molto prodotto nel bar. Sembra un passaggio banale, ma quando qualche torrefazione ha pensato di entrare nel canale del latte con un marchio suo UHT, si è dovuta scontrare con il fatto che il latte non può essere portato ogni 15 giorni come il caffè. Soprattutto adesso in cui che si sta optando, nella maggior parte dei casi, per un prodotto fresco o da tenere nel frigorifero.
Il latte, inoltre, dev’essere facile da montare e la crema deve persistere in tazza per un tempo ragionevole.”