domenica 14 Dicembre 2025

Caffè e chi ha più di 60 anni: quando il piacere quotidiano può influire positivamente sul cervello

Uno studio internazionale ha analizzato l’effetto del consumo elevato di caffè sulle funzioni cognitive negli over 60. I risultati mostrano che un consumo eccessivo può peggiorare la flessibilità mentale, mentre un uso moderato resta sicuro

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In Italia il caffè è più di una bevanda, e spesso resta imprescindibile anche dopo i 60 anni. Negli ultimi anni la ricerca ha evidenziato i possibili benefici della caffeina su cuore, metabolismo e cervello.

Con l’età, il corpo e la mente reagiscono in modo diverso, e un consumo eccessivo può influire sulle funzioni cognitive. Uno studio internazionale ha recentemente collegato alte dosi di caffè a un peggioramento della flessibilità mentale per chi ha più di 60 anni. Il messaggio chiave è chiaro: godersi il caffè sì, ma con moderazione e consapevolezza. Leggiamo in seguito alcune parti dell’articolo pubblicato su Info Iva.

Caffè, allarme rosso per gli Over 60: ecco quali sono i rischi

LONDRA – Negli ultimi anni, diverse ricerche hanno mostrato come il caffè, entro certi limiti, possa avere effetti benefici sul cuore, sul metabolismo e perfino sul cervello. Ma questo non significa che valga la regola “più ne bevo, meglio è”, soprattutto dopo una certa età. L’organismo cambia, il metabolismo rallenta, le capacità di recupero non sono più quelle di prima: ciò che a 30 anni viene tollerato senza problemi, a 60 o 70 anni può avere un impatto diverso, in particolare sulle funzioni cognitive.

È proprio su questo punto che arriva l’allarme: una recente ricerca internazionale ha messo in relazione il consumo elevato di caffeina con un peggioramento di alcune abilità mentali negli over 60. Non stiamo parlando di una tazzina ogni tanto, ma di abitudini consolidate, fatte di troppi caffè ripetuti durante la giornata.

Lo studio non dimostra che il caffè “causi” direttamente il danno, ma mostra una correlazione che, vista l’età dei soggetti coinvolti, ha spinto gli esperti a lanciare un avvertimento molto chiaro.

La ricerca, presentata alla Conferenza internazionale dell’Alzheimer’s Association, ha analizzato i dati di oltre 8.400 persone con più di 60 anni, arruolate nella Biobanca britannica. Gli studiosi hanno confrontato le abitudini di consumo di caffè e tè con l’andamento di alcune funzioni mentali nel tempo, in particolare la cosiddetta “flessibilità cognitiva”: la capacità di cambiare strategia, risolvere problemi, elaborare informazioni in modo rapido ed efficace.

Cosa ha scoperto lo studio: il legame tra troppo caffè e declino cognitivo

Dai risultati è emerso che chi beveva quantità elevate di caffè mostrava, nel periodo osservato, un peggioramento più marcato di queste abilità rispetto a chi ne consumava poco o in modo moderato. In media, la flessibilità cognitiva di chi beveva meno caffè si riduceva di quasi il 9% in meno rispetto ai grandi consumatori, con effetti sul problem solving e sulla velocità di elaborazione dei dati.

Curiosamente, per il  il quadro sembrava opposto: le persone che non lo bevevano o lo consumavano raramente avevano risultati peggiori, mentre un consumo regolare appariva associato a performance migliori, sempre entro i limiti considerati sicuri.

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