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Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del chicco, ha fatto ritorno da un percorso di formazione nella regione del Cauca, in Colombia, rinomata per la qualità della produzione del caffè. Il viaggio è stato parte del programma Bristot Coffee Academy, marchio di Procaffè S.p.A., rivolto ai responsabili delle accademie internazionali dell’azienda.
Godina è stato accompagnato da Giancarlo Samaritani, divulgatore scientifico del chicco, noto per la sua serie di documentari con il caffè come protagonista (ne abbiamo parlato qui). Riportiamo di seguito l’esperienza tecnica di Godina sul coffee campus per il team internazionale della Bristot Coffee Academy iniziato il 6 aprile e concluso il 13.
Coffee Campus in Cauca: un’esperienza tecnica sul campo per torrefattori e professionisti
di Andrej Godina
MILANO – Godina racconta: “Da molti anni mi dedico alla formazione degli operatori del settore caffè e una delle attività che propongo è quella del viaggio nei paesi di origine alla scoperta del lavoro agricolo e di produzione del caffè.
Il recente coffee campus svoltosi nella regione del Cauca, Colombia, organizzato assieme a Giancarlo Samaritani per il team internazionale della Bristot Coffee Academy, è stata l’occasione per svolgere un’attività formativa di alto profilo professionale utile per approfondire ogni fase di produzione del caffè direttamente in piantagione. Il gruppo dei partecipanti era composto da 12 professionisti provenienti da Egitto, Slovacchia, Stati Uniti, Russia, Serbia e Grecia, guidato dal direttore della Academy, Simone Rubin.

L’itinerario e le attività in campo sono stati coordinati con il supporto della Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC) e del Comitato dei Cafeteros del Cauca, che hanno permesso ai partecipanti di toccare con mano le varie pratiche agricole, le tecniche di lavorazione post-raccolta e gli standard qualitativi adottati dalle cooperative locali. L’intero percorso è stato strutturato per trasferire conoscenze pratiche, stimolare il confronto internazionale e rafforzare la comprensione delle variabili che influenzano la qualità finale in tazza.
Le giornate in piantagione hanno coinvolto i partecipanti innanzitutto con la raccolta manuale selettiva dei frutti maturi, una delle pratiche più importanti svolte in Colombia e che assicura gli elevati standard qualitativi delle loro produzioni.
I partecipanti hanno potuto confrontarsi con i piccoli produttori su tematiche legate alla differente maturazione che caratterizza le diverse varietà botaniche dell’Arabica, al colore ottimale delle drupe da raccogliere, alla gestione della potatura, all’uso dei fertilizzanti e delle buone pratiche per il controllo delle malattie.

Per la trattazione dei temi legati alle varietà botaniche usate in Colombia è stato importante l’incontro con l’ingegnere Carlos Rodrigo Solarte che ci ha offerto una panoramica sui temi più attuali.
In Colombia sono coltivate numerose varietà botaniche di Arabica, frutto di decenni di selezione agronomica e adattamento alle condizioni pedoclimatiche locali, ma anche delle esigenze legate alla resistenza alla ruggine del caffè e altre malattie fungine.
Tra le varietà storiche, la Typica rappresenta una delle più antiche introdotte nel paese, che si distingue per la sua sensibilità elevata al fungo della ruggine e per la bassa resistenza agli agenti patogeni in generale. Si tratta di una pianta alta, vigorosa ma poco adatta alla coltivazione intensiva, anche per via della sua scarsa produttività e dell’alto fabbisogno di nutrienti.
Un’altra varietà di origine antica è la Bourbon, da cui derivano per mutazione naturale diverse cultivar come il Caturra che è una pianta a portamento basso, quindi più adatta alle piantagioni ad alta densità. Tuttavia, nonostante la sua buona adattabilità, il Caturra è sensibile al fungo della ruggine e alla siccità e ha un fabbisogno nutrizionale relativamente elevato.

Negli anni è stata ampiamente promossa la coltivazione di varietà più resistenti come per esempio il Castillo, sviluppato dal Cenicafé come risultato dell’incrocio tra Caturra e linee derivate dall’ibrido de Timor. Castillo è stata creata appositamente per resistere alla ruggine del caffè con una buona tolleranza ai nematodi. La sua produttività è alta e il fabbisogno di fertilizzanti, pur non trascurabile, è ben gestibile con pratiche agronomiche moderne. Castillo è una varietà versatile, disponibile in più ecotipi adattati alle diverse aree produttive della Colombia.
La varietà Colombia, rilasciata nel 1985, è anch’essa frutto dell’incrocio tra Caturra e l’ibrido de Timor ed è stata una delle prime risposte strutturate al problema della ruggine, offrendo una buona resistenza alla malattia e una produttività superiore rispetto a Caturra. Tuttavia, è oggi in parte sostituita da Castillo, che ne migliora le caratteristiche agronomiche.
Un’interessante opzione per i produttori orientati alla sostenibilità e alla qualità di tazza è la varietà Tabi, un ibrido sviluppato tra Typica, Bourbon e l’ibrido de Timor. Ha un’eccellente resistenza alla ruggine e un portamento più simile alle varietà tradizionali, con un buon equilibrio tra vigore e adattabilità. Tabi richiede tecniche agronomiche puntuali ma ha dimostrato un buon comportamento in diverse condizioni climatiche e di terroir.
Relativamente più recente è la varietà Cenicafé 1, ottenuta mediante incroci tra linee dell’ibrido de Timor e varietà selezionate per la loro resistenza, è particolarmente indicata per aree altamente colpite dalla ruggine del caffè e offre una produttività alta, con buona adattabilità ambientale. Il fabbisogno di fertilizzanti è contenuto rispetto a varietà tradizionali, il che la rende adatta a contesti di coltivazione sostenibile.
Tra le varietà più ricercate nel circuito dei produttori di Specialty Coffee vi è il Gesha (o Geisha), introdotto in Colombia in tempi recenti. La sua origine genetica è etiope, ed è una pianta che necessita di altitudini elevate, un clima piuttosto freddo, ottime condizioni ambientali e una gestione agronomica molto precisa.

Gesha è estremamente sensibile alle malattie, ha bassa produttività e richiede elevati input agronomici, motivo per cui viene coltivata in quantità limitate, solamente in microlotti. Una varietà emergente e ancora non del tutto stabilizzata geneticamente è il Pink Bourbon, un incrocio naturale tra Red e Yellow Bourbon, identificato inizialmente nella regione di Huila.
È una varietà molto apprezzata per le sue caratteristiche qualitative uniche, ma presenta una variabilità fenotipica significativa. Anche in questo caso, la resistenza alle malattie non è uniforme e il fabbisogno nutrizionale è piuttosto elevato. Un’ultima varietà che merita di essere citata è l’Abyssinia, utilizzata da Nespresso per la capsula N°20.

Si tratta del risultato di un progetto di ricerca durato oltre vent’anni, finalizzato allo sviluppo di una nuova varietà di Arabica di alta qualità. Dopo diverse sperimentazioni condotte in Colombia, Nicaragua e Indonesia, questa varietà ha trovato il suo terroir ideale nei suoli delle regioni colombiane del Cauca e di Caldas, dove oggi viene coltivata da 59 agricoltori aderenti al programma di sostenibilità Nespresso AAA.
Questo programma garantisce premi legati alla qualità della produzione e al rispetto di criteri ambientali e sociali. Durante il coffee campus nel corso delle visite organizzate dalla Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC), abbiamo avuto modo di incontrare uno dei coltivatori che gestisce un ettaro piantato di Abyssinia.

Fin dal primo impatto, la pianta si distingue per alcune caratteristiche morfologiche tipiche delle varietà Arabica antiche: i rami presentano numerose divisioni secondarie ma una struttura vegetativa compatta, simile a quella delle varietà moderne selezionate per la resistenza, in modo da garantire una maggiore densità di coltivazione. Colpisce in particolare la notevole densità di frutti disposti lungo i rami.
Nel progetto specifico legato alla capsula N°20, Nespresso adotta un modello produttivo in cui il coltivatore mette a disposizione il terreno e la manodopera, mentre la proprietà genetica delle piante rimane dell’azienda.
Durante l’anno sono previste numerose visite tecniche da parte dei rappresentanti di Nespresso, con lo scopo di monitorare lo stato fitosanitario delle piante, stimare la produzione e garantire un controllo accurato sul raccolto. Un aspetto distintivo di questo progetto è l’impegno da parte di Nespresso a riconoscere comunque un compenso economico al coltivatore, anche nel caso in cui eventi climatici estremi compromettano il raccolto.
In assenza di frutti maturi, l’azienda si impegna comunque a coprire i costi di gestione agronomica, offrendo così una forma di garanzia e stabilità economica ai piccoli produttori coinvolti.
Ritornando ai temi del coffee campus un ampio focus è stato dedicato alla fase di “beneficio umido (wet mill)”, in cui si sono analizzati nel dettaglio i processi di spolpatura, fermentazione controllata, lavaggio e essiccazione. Le discussioni tecniche si sono concentrate sulle variabili che influenzano la fermentazione (tempo, temperatura, tipo di fermentazione aerobica o anaerobica), sulla gestione dell’acqua e sulle tecnologie adottate per ridurre l’impatto ambientale.
Durante il viaggio formativo un’attenzione particolare è stata dedicata alle nuove tecniche di fermentazione del caffè per la produzione di microlotti Specialty. Una tappa significativa è stata la visita alla finca Patio Bonito, situata nel municipio di Caldono, dove abbiamo incontrato la nuova generazione della famiglia.
La piantagione, estesa su 11 ettari, è gestita da tutta la famiglia ed è nota per la coltivazione di una vasta gamma di varietà di caffè tra cui Castillo, Colombia, Bourbon Rosado, Gesha, Bourbon Aji, Bourbon Sidra, SL28, Wush Wush, Typica e Laurina. La nuova generazione della famiglia, dopo aver completato gli studi in ingegneria chimica, ha deciso di applicare le sue conoscenze scientifiche alla coltivazione del caffè, contribuendo a migliorare i processi di fermentazione e post-raccolta.

Le diverse tecniche di fermentazione utilizzate per ottenere profili di tazza distintivi prevedono l’uso di “mosti” fermentati, preparati con lieviti selezionati, alcuni dei quali sono utilizzati nella produzione della birra, che vengono aggiunti durante la fermentazione del caffè.
Questo approccio consente di modulare le caratteristiche sensoriali del caffè, esaltando specifiche note aromatiche, creando dei veri e propri profili definiti replicabili di anno in anno.
Un’altra tecnica innovativa adottata è lo shock termico: i chicchi vengono sottoposti a un trattamento con acqua calda, che aumenta la porosità dei chicchi stessi, influenzando positivamente le reazioni chimiche e contribuendo a sviluppare profili sensoriali più complessi.
Queste pratiche, frutto di anni di sperimentazioni e migliaia di test, dimostrano l’impegno di una nuova generazione di agricoltori nel perseguire l’eccellenza nella produzione di caffè Specialty.

La seconda parte del campus si è svolta nei centri di raccolta e nei dry mill, dove i partecipanti hanno potuto seguire nel dettaglio l’intero flusso operativo della lavorazione post-processo: dalla rimozione del pergamino alla selezione dei difetti, effettuata sia meccanicamente con le tavole densimetriche a vibrazione che manualmente, fino al confezionamento finale destinato all’esportazione.
Uno degli aspetti più rilevanti è stata l’osservazione dei sistemi di selezione ottica automatizzata dei chicchi, una tecnologia ormai diffusa nei paesi di produzione più avanzati. Questi impianti permettono, chicco per chicco, di eseguire una “fotografia” completa a 360 gradi e di applicare criteri di selezione estremamente precisi, basati su colore, forma e dimensione.
Grazie a questa tecnologia, è possibile ottenere lotti anche di grande volume completamente esenti da difetti visivi, con un livello di standardizzazione e coerenza qualitativa che sarebbe impossibile da garantire con la sola selezione manuale. Queste attività hanno permesso una visione completa della logistica di esportazione e dei criteri di valutazione per la formazione dei lotti commerciali e Specialty, confrontando le pratiche locali con gli standard internazionali.
Le numerose sessioni di cupping professionale condotte in laboratorio, durante le quali i partecipanti hanno valutato decine di campioni provenienti da differenti microregioni del Cauca che, grazie alla sua diversità geografica e climatica, permette di offrire numerosi profili differenti di flavore. Regione Centrale (Popayán Plateau), comprende 11 comuni con circa 43.000 famiglie di coltivatori.
Situata a un’altitudine media di 1.700 metri, questa area è caratterizzata da suoli vulcanici e coltivazioni sia al sole che in semi-ombra, in tazza offre un aroma pronunciato, acidità media, corpo medio e note di caramello e fiori. Regione Settentrionale, include 8 comuni abitati da comunità afro-discendenti, Nasas e Mestizos. Le condizioni climatiche variano tra temperature fredde e venti caldi provenienti dalla valle del fiume Cauca, che offre un aroma intenso e dolce, acidità media, corpo medio e un gusto equilibrato e dolce. Regione Meridionale (Macizo Colombiano), comprende 12 comuni e coinvolge circa 22.000 famiglie contadine e indigene Yanaconas.
Il caffè qui prodotto si distingue per un aroma dolce e pronunciato, alta acidità, corpo medio e note di cioccolato, frutta e agrumi. Regione Orientale (Tierradentro), situata nella catena montuosa centrale, questa regione è abitata da 8.500 famiglie contadine. I suoli vulcanici e le condizioni ambientali uniche conferiscono al caffè un aroma pronunciato, dolcezza, alta acidità, corpo medio e note agrumate.
Perché il caffè colombiano è poco presente nelle miscele italiane?
Al termine di questo viaggio in Colombia sorge spontanea una domanda che riguarda il mercato italiano: come mai il caffè colombiano non è così ampiamente utilizzato dai torrefattori italiani, nonostante sia stabilmente il terzo paese produttore mondiale di caffè? La risposta non è semplice e va cercata in una serie di fattori storici, agronomici e di condizioni di mercato.
In passato, le varietà botaniche coltivate in Colombia erano esclusivamente Arabica tradizionali, spesso caratterizzate da un profilo sensoriale molto acido e fruttato – qualità più apprezzate nei mercati del nord Europa o negli Stati Uniti per la preparazione del filtro, meno in Italia e nei paesi dell’espresso dove si privilegiano caffè dolci e con bassa acidità. Oggi, però, il panorama colombiano è profondamente cambiato.
Grazie all’introduzione di varietà ibride più resistenti, come quelle incrociate con l’Ibrido de Timor, è oggi possibile trovare caffè con profili aromatici completamente diversi: più dolci, con acidità molto bassa e aromi che rientrano nella categoria “bakery” (biscotto, caramello, pane appena sfornato, cioccolato, semi a guscio tostati). In alcune zone del Cauca infatti si producono caffè che risultano sorprendentemente coerenti con il flavore italiano e adatti alle miscele per espresso.
Un altro aspetto rilevante è il prezzo, la combinazione della raccolta manuale selettiva, lavorazioni controllate e un sistema di supporto al produttore unico al mondo (garantito dalla Federación Nacional de Cafeteros – FNC), ha sempre mantenuto alto il differenziale del caffè colombiano rispetto ad altre origini. Va però riconosciuto che questo costo riflette una costanza qualitativa elevata, oltre a un impatto sociale importante considerando che la FNC acquista l’intero raccolto dei produttori ad un prezzo sostenibile, garantendo redditività e stabilità in aree rurali fragili. Infine, va considerato il metodo di lavorazione lavato con fermentazione in acqua, che esalta le note pulite e floreali/agrumate, più adatte a metodi filtro che all’espresso.
Tuttavia, con una tostatura separata e un profilo di curva dedicato, anche questi caffè possono dare risultati eccellenti in miscela, soprattutto se si punta a valorizzare la dolcezza e gli aromi di bakery.
L’invito, quindi, che rivolgo ai torrefattori italiani è quello di riscoprire l’origine Colombia con occhi nuovi concentrando l’attenzione su regioni come il Cauca e lotti di produzione con profili di flavore adatti all’espresso italiano.
Questo viaggio non è stato solo un’opportunità per apprendere e scambiare buone pratiche tra professionisti, ma un format replicabile di coffee campus che può essere personalizzato e proposto a qualsiasi torrefazione italiana interessata a coinvolgere il proprio team, la forza vendita o i clienti top in un’esperienza unica a diretto contatto con l’origine”.
Andrej Godina