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PONTENURE (Piacenza) – La conversazione con Guido Sicuro Musetti, Presidente del Gruppo Musetti S.p.A, dopo HostMilano 2025, parte dalla cultura e dall’attualità del chicco mentre il lavoro della torrefazione procede senza soste. Con l’inevitabile confronto tra caffè e vino che condividono più di quanto si pensi perchè richiedono attenzione alla qualità, conoscenza delle origini e competenze di assemblaggio.
Eppure, mentre la cultura del vino è ampiamente diffusa tra i consumatori, quella del caffè rimane limitata e poco accessibile. Molti ignorano le differenze tra Arabica e Robusta, o non conoscono il percorso del chicco dalla drupa alla tazzina.
Ma, naturalmente, si è parlato anche d’altro, sempre attorno al caffè e all’espresso.

Guido Sicuro Musetti: «È un tema vero, che fa riflettere. Il caffè ha similitudini fortissime con l’uva, benché si tratti di prodotti botanicamente diversi. Nel caffè e nel vino si lavora sugli assemblaggi. Io stesso ho una piccola azienda agricola che produce vino e realizza un Brut Champenoise in purezza: così vedo bene le analogie.» Aggiunge Musetti: «Sono prodotti agricoli. Il meteo incide molto. Le annate, le gelate, il clima determinano qualità e quantità di uva e caffè. Ma questa variabilità è percepita molto meno nel caffè rispetto al vino.»

E sul fronte della cultura del prodotto?
Musetti non accampa giustificazioni: «Qui siamo davvero indietro. Sarebbe bello che i torrefattori aprissero di più ai consumatori, come i vignaioli. Il problema è che molti non hanno nel dna l’idea di aprire le aziende. C’è una riservatezza storica, una protezione delle ricette, delle miscele, delle tecniche. Ma questo frena la diffusione della cultura del caffè.»

Quando mostrate il caffè crudo ai visitatori in torrefazione, che reazioni incontrate?
Musetti: «Stupore. La maggior parte delle persone non ha mai visto un chicco verde-giallognolo e non immagina che non abbia profumo. Da lì si parte per raccontare che il caffè è una drupa, con una ciliegia e due chicchi, o uno, nel caso del caracolito.»

Il Gruppo Musetti però si definisce più aperto rispetto alla media del settore.
Musetti: «Sì, noi siamo sempre stati open. Accogliamo studenti in stage, appassionati, teniamo corsi interni ed esterni. Abbiamo un’Academy storica che si occupa di formazione. Ma come settore dovremmo ampliare di più questo approccio: farebbe crescere la cultura del caffè e avvicinerebbe le persone al prodotto.»
Una ricerca relativa al 2025, e riportata da un’agenzia di stampa europea, ha rivelato che il 64% degli italiani crede che il caffè sia coltivato in Italia. E tra i giovani 18-24 anni, il 42% ha la stessa convinzione. Che impressione le fa?

Musetti: «Mi preoccupa. È un dato sorprendente e fa riflettere su quanto sia limitata la conoscenza del prodotto. Manca cultura dell’informazione, manca divulgazione e, purtroppo, manca anche da parte nostra — noi torrefattori — una sufficiente volontà o capacità di far conoscere il caffè.»
E gli adulti?
Musetti: «Solo un po’ meglio. La convinzione che il caffè sia coltivato in Italia è quasi generale. Mi viene in mente una battuta del film “Lui è peggio di me” dove uno dei due personaggi dice: “Ho sempre visto le pere nelle cassette, non pensavo crescessero sugli alberi”. Siamo più o meno a quel livello.»
Ma in Sicilia stanno nascendo micro-sperimentazioni.
Musetti: «Sì, per effetto della tropicalizzazione del clima ci sono piccoli tentativi anche in Italia. Ma sono episodi sporadici: non possiamo parlare di un’industria nazionale.»

Qual è il bilancio del Gruppo Musetti per HostMilano 2025?
Musetti: «Molto positivo. HostMilano è la manifestazione che più valorizza i nostri investimenti nella comunicazione. Tutti i clienti attivi sono venuti a trovarci e abbiamo sviluppato contatti nuovi, italiani ed esteri. È una fiera impegnativa per i costi, ma strategica. Parteciperemo anche alle prossime edizioni.»
Ha citato il “Gruppo Musetti”. Cosa include oggi il perimetro?

Musetti: «Ci definiamo Gruppo da circa un anno. Nel 2020 abbiamo concluso l’acquisizione al 100% della Bonomi Caffè Milano 1886. Inoltre abbiamo integrato due piccole reti commerciali in Lazio e Toscana. Oggi siamo ufficialmente Gruppo Musetti S.p.A.»
Il Gruppo crescerà ancora per acquisizioni
Musetti: «Non nell’immediato. Siamo in piena fase di consolidamento. La gestione del prezzo del caffè e la qualità richiedono tutte le nostre energie. Se emergeranno opportunità le valuteremo. Ma oggi non ci sono operazioni straordinarie all’orizzonte.»
Il settore sta vivendo una crisi lunga e complessa.
Musetti: «È iniziata nel 2020 con il Covid. I consumi nel pubblico esercizio sono tornati alla normalità solo a fine 2023. E subito dopo sono arrivati il caro energia e l’esplosione dei prezzi della materia prima. Cinque anni davvero complessi.»
Quanto hanno inciso i prezzi attuali di Arabica e Robusta?

Musetti: «Molto. L’Arabica ha toccato i 430 dollari di Borsa, la Robusta è arrivata oltre i 5.000 dollari alla tonnellata nei picchi. Ora siamo un po’ sotto, ma i livelli restano altissimi.»
E i consumi nei bar?
Musetti: «Giù di 2-3 punti. I consumi domestici sono aumentati, complici macchinette, monoporzionato e acquisti online. Durante la pandemia tutti compravano caffè da casa e l’abitudine è rimasta.»
Avete ritoccato i listini

Musetti: «Tra fine 2024 e per tutto il 2025 i ritocchi dei listini per i bar sono stati almeno tre. Il caffè si paga in anticipo, quindi l’impatto finanziario è notevole causa saldi poco solleciti. Ma in Italia esiste una barriera psicologica sul prezzo dell’espresso: toccarlo equivale quasi a mettere le mani nel portafoglio degli italiani.»
E il prezzo della tazzina resta tra i più bassi al mondo
Musetti: «Esatto. Nel resto del mondo paghi l’equivalente di due o tre euro, anche cinque. In Italia ancora 1,30-1,50. È un prezzo rimasto fermo troppo a lungo. Si deve accettare che il mondo cambi. E la tazzina deve adeguarsi.»

Il settore è in fermento, alcune torrefazioni hanno spento il sito e staccato il telefono

Musetti: «C’è molto fermento. Anche perché altre torrefazioni vengono acquisite. Il settore era estremamente frammentato. Le crisi degli ultimi anni lo stanno ridisegnando. La figura del torrefattore piccolo, artigianale, tenderà a ridursi, lasciando spazio a gruppi più strutturati.»
Gli stabilimenti di Pontenure vicino a Piacenza e Binasco a Milano resteranno entrambi attivi?
Musetti: «Sì. Li abbiamo lasciati volutamente separati. Binasco — acquisito con Bonomi — ha una capacità produttiva elevata ed è utile anche come backup. Pontenure resta il cuore storico della produzione Musetti.»
State investendo sugli impianti?

Musetti: «Abbiamo aggiornato tutte le linee per le cialde e inserito nuovi impianti IMA per il confezionamento. Le cialde E.S.E. da 7 grammi, compostabili e in carta filtro, sono un prodotto strategico. Inoltre stiamo valutando nuove selezionatrici ottiche: la qualità della materia prima è peggiorata e servono controlli sempre più accurati.»
E le cialde continuano a crescere
«Danno ottimi risultati. Le consideriamo superiori alle compatibili Nespresso: sono compostabili, ecologiche, standardizzate e con un profilo qualitativo costante.»
Musetti parliamo di EUDR, la nuova normativa europea anti-deforestazione
Musetti: «È una normativa impegnativa, ma dobbiamo adeguarci.»
Quali impatti avrà sui costi e sui prodotti Musetti e Bonomi?

Chiarisce Musetti: «Aumenteranno i costi interni: dovremo rafforzare uffici qualità e controllo. E potremmo avere meno disponibilità di alcune monorigini, perché alcune zone potrebbero risultare non idonee. E trovare origini alternative con le stesse caratteristiche non sarà semplice.»
Prodotti Musetti e Bonomi. Cosa rappresentano oggi i due marchi?

Musetti precisa: «Bonomi Milano 1886 è un valore aggiunto, essendo la quarta torrefazione più antica d’Italia con Milano nel marchio. Le miscele storiche Bonomi sono intatte. Sul fronte Musetti abbiamo lanciato il caffè Rainforest, presentato a Host 2025: una miscela certificata, di altissima qualità, sulla base di criteri ambientali e sociali rigorosi. È il nostro lancio più importante dell’anno.»
Musetti, avete quattro flagship store. Qual è la strategia?

«I negozi sono tre a Piacenza e uno ad Alassio, in Liguria. Avvicinano il brand al consumatore. Vendiamo miscele Musetti e Bonomi macinate al momento, prodotti dolciari selezionati e articoli correlati. Sono spazi molto curati, che invitiamo a scoprire anche online.»

E l’e-commerce oggi quanto pesa?

Musetti è analitico: «Pesa il 15-20% del fatturato. Abbiamo investito sul nostro shop diretto, riducendo la dipendenza da marketplace come Amazon che offrono visibilità ma comportano costi elevati. Gestiamo internamente l’e-commerce, con comunicazione attiva sui social. La vendita al dettaglio si giocherà sempre più online: continueremo a investire.»
La scheda sintetica del Gruppo Musetti S.pA: fatturato a 50 milioni
Il fatturato stimato del 2025 sfiorerà i 50 milioni con un Ebitda attestato intorno al 11-12%. Il portafoglio clienti è legato a oltre 4.000 esercizi tra bar, ristoranti e alberghi. Per sostenere il proprio processo di crescita, il Gruppo Musetti ha stanziato per i prossimi 5 anni ingenti risorse, convinto che potranno generare un valore esponenziale nel costruire una realtà nazionale di primo livello.

Caffè Bonomi Spa è stata fondata nel 1886 in Conca del Naviglio a Milano da Federico Bonomi, titolare di una drogheria in via dei Fabbri. L’azienda negli anni Ottanta
ha trasferito la sua sede a Binasco (Milano). Caffé Bonomi ha chiuso il 2019 con 10,3 milioni di euro di ricavi, un ebitda di 1,4 milioni e un debito finanziario netto di 2,66 milioni.























