venerdì 12 Aprile 2024
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Tripstillery e speakeasy 1930: come il caffè diventa protagonista nella mixology

L’imprenditore milanese Flavio Angiolillo torna a far parlare di sé con un seminario con protagonista il caffè nel mondo della mixology. Lo sponsor ufficiale dell’evento è Caffè Barbera. Quattro locali Rita’s Tiki Room, 1930, Bella Bistrot e, ovviamente, Tripstillery, proporranno i propri cocktail personalizzati con il caffè come ingrediente principale

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MILANO – In piazza Alvar Alto, all’ombra del grattacielo dell’Unicredit, trovate il locale più famoso del barman Flavio Angiollilo e della sua squadra: Tripstillery, la prima distilleria annessa ad un cocktail bar nel capoluogo.

Angiolillo è diventato in poco tempo un’icona di riferimento nel mondo della mixology: patron del Farmily Group che comprende Mag e lo speakeasy 1930, premiato 35° bar al mondo nel 2022 nella classifica World’s 50 Best Bars. Angiolillo ha ritirato il premio Barceló Bar rivelazione dell’anno per il suo Mag La Pusterla nei Bar Awards del 2021.

L’imprenditore milanese torna a far parlare di sé con un seminario con protagonista il caffè nel mondo della mixology. Lo sponsor ufficiale dell’evento è Caffè Barbera di Napoli. Quattro locali Rita’s Tiki Room, 1930, Bella Bistrot e, ovviamente, Tripstillery, proporranno i propri cocktail personalizzati con il caffè come ingrediente principale.

flavio angiolillo
Flavio Angiolillo (immagine concessa)

E quale luogo migliore per unire la tradizione e l’innovazione di Tripstillery? Unico nel suo genere, è un locale sperimentale e poliedrico che porta in città un concept insolito, nel quale si condivide conoscenze e tecniche con tutte quelle persone che hanno il desiderio di scrivere una nuova storia.

Il locale riserva ai clienti un’esperienza unica grazie all’alambicco, vero protagonista della scena, a disposizione di chi vuole sperimentare l’idea di creare un distillato, un amaro, un liquore esclusivo con una ricetta e un’etichetta completamente personalizzata. Tutto questo è possibile con l’aiuto di Francesco Zini, mastro distillatore, che accompagna tutte le fasi della creazione, a partire dalla selezione di spezie e botaniche.

Tripstillery: il ruolo del caffè nella mixology

Michelangelo d’Alterio, business development manager & marketing dell’azienda napoletana, prende la parola dando il via al seminario: “Caffè Barbera produce caffè dal 1870 e abbiamo ricevuto quest’anno il riconoscimento come marchio storico. La nostra è l’azienda in attività più antica in Italia. Nasciamo a Messina e il nostro fondatore è Domenico Barbera, che è uno dei primi a importare caffè verde in Sicilia.”

C’è di più: “Caffè Barbera ha acquisito con il tempo sempre più popolarità in Sicilia e Domenico venne chiamato con il nome di “mago del caffè”. L’immagine del maghetto nel nostro brand è un omaggio al fondatore. Anche le nostre miscele Mago e Mago Plus sono un chiaro riferimento al fondatore. La nostra azienda ha sede a Napoli dagli anni 50 per valorizzare la distribuzione. Ad oggi siamo alla sesta generazione e distribuiamo il nostro prodotto in più di 60 Paesi. Stiamo investendo molto nel mondo del retail e del monoporzionato.”

I metodi di lavorazione del caffè

Prima di addentrarci nel mondo della miscelazione, c’è una spiegazione sul mondo del caffè da parte di Leonardo De Paula Ribeiro, collaboratore di Caffè Barbera: “Si tratta di una pianta che cresce tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno perché che ha bisogno di abbondanti piogge, sali minerali e si trova all’interno di una drupa. Si ha il seme, due pellicole, la polpa e la buccia che va a proteggere il seme. Il caffè si può lavorare in diversi modi: a seconda del metodo di lavorazione si possono esaltare gusti differenti nel prodotto finale in tazza.”

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Leonardo De Paula Ribeiro alle prese con il metodo di estrazione chemex

“Ci sono tre metodi di lavorazione alla base del caffè: il naturale, il lavato e il semi-lavato. Il naturale prevede l’essiccazione della drupa sotto il sole che porta a un aumento della densità del chicco ma anche la dolcezza stessa. Il lavato nasce per agevolare la fase dell’essiccamento: la polpa viene rimossa dai chicchi di caffè prima che essi messi ad essiccare. Il semi-lavato è una via di mezzo e prevede un corpo adeguato e un gusto bilanciato. Ognuno di questi metodi va ad esaltare sentori differenti.”

I metodi di estrazione

Il discorso si sposta poi sui metodi d’estrazione. Ribeiro afferma: “Ce ne sono molti. Di base esistono i metodi a infusione o a percolazione. Il metodo d’infusione prevede di mettere la polvere di caffè direttamente nell’acqua. Nella percolazione è il fluido che attraversa una materia porosa. Così il pannello di caffè viene attraversato dall’acqua. A seconda anche dell’acqua che si va ad utilizzare si avrà un risultato diverso in tazza e sono i minerali dell’acqua che determinano questo risultato”.

“Il prodotto finale in tazza cambia però anche a seconda del filtro utilizzato. Ce ne sono diversi come il syphon, con un filtro in acciaio, oppure il V60 con un filtro in carta. La scelta del filtro è importante: il filtro di carta assorbe oli e grassi del caffè rendendo la bevanda completamente diversa dal filtro in acciaio che invece fa passare sia grassi sia olii. Il filtro di carta si avrà una bevanda più limpida mentre il filtro in acciaio comporta un liquido più corposo. L’estrazione gioca sempre un ruolo fondamentale per avere un risultato diverso in tazza.”

Dopo un’esauriente spiegazione sul chicco, è seguita una degustazione di due caffè estratti della miscela monorigine dell’Etiopia Cinnamon di Caffè Barbera in chemex, caratterizzata da un filtro di carta molto porosa, e il metodo V60. Finita l’introduzione sull’ingrediente principe, i bartender del locale Rita’s Tiki Room Andrea Trotta e Alessandro d’Alessio, spiegano la definizione del termine tiki e i drink tipici del loro bar.

Rita’s Tiki Room a Tripstillery: un omaggio alla cultura tiki

Alessandro d’Alessio spiega: “Il termine tiki nasce in Nuova Zelanda e nelle isole Marchesi in riferimento alle statuette intagliate che raffiguravano un uomo primitivo, un dio o un simbolo di fertilità. In seguito gli americani si appropriarono del termine e lo usarono per identificare tutte le statuette polinesiane antropomorfe e con visi minacciosi. Quello che in realtà era un vero e proprio simbolo religioso fu in parte travisato, passando ad essere quasi esclusivamente un ornamento.”

Andrea Trotta prende la parola: “Ernest Raymond Gantt, meglio noto con il nome di Don the Beachcomber, è considerato il padre del tiki’s bar: un locale dalla profonda ispirazione polinesiana che spazia dai drink agli ornamenti. Don the Beachcomber passò gran parte della sua gioventù a viaggiare nei Tropici e decise di prendere quell’atmosfera di spensieratezza a portarla nell’America che stava per uscire dal proibizionismo. Nel 1934 aprì il suo primo locale a Hollywood. In poco tempo la cultura tiki pop di cui Don the Beachcomber è stato pioniere si diffuse in tutti gli Stati Uniti.”

Uno dei drink proposti è il Kona Coffee Grog, il drink più famoso di Don the Beachcomber. Il nome Kona rappresenta una tipologia di caffè Hawaiiano. Il metodo utilizzato per l’estrazione è il V60. Il cocktail è un connubio tra rum, caffè, burro, cannella e vaniglia. Il burro serve a diminuire l’impatto alcolico del drink. Il rum giamaicano ha una gradazione alcolica di 75 gradi, che serve a far prendere fuoco alla miscela per un breve periodo.

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La tazza in cui viene servito il Kona Coffee Grog

La presentazione del drink e la sua spettacolarità era uno dei punti chiavi della filosofia di Don the Beachcomber che credeva nella potenza della suggestione e della presentazione

Il secondo drink è il Barbera Coffee Grog preparato grazie ad un Barbera Coffee Filter, spezie, zucchero e un mix di rum.

La seconda figura più importante dopo Don the Beachcomber per l’espansione della cultura tiki è Trader Vic, il quale ha il merito di introdurre le tiki mug per il servizio dei coktail.

Segue poi il Mai Tai, uno dei drink più iconici di Trader Vic creato grazie all’utilizzo del cold brew. “Si utilizza il cold brew per il Mai Tai. L’estrazione a freddo può durare dalle otto alle 24 ore. Non si ha una temperatura elevata e questo permette di esaltare la parte più dolce del caffè.” Il locale si trova a Milano in via di Ripa di Porta Ticinese al numero civico 69.

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Andrea Trotta e Alessandro d’Alessio

1930 Cocktail Bar

Lo speakeasy 1930 è un luogo elegante ispirato all’era del proibizionismo, ai cosiddetti roaring twenties. Il 1930 Cocktail Bar offre un assortimento di whisky e la sua drink list cambia stagionalmente, proponendo cocktail sempre all’avanguardia, studiati e presentati in maniera sofisticata e creativa. Pochi sanno dove si trova, eppure è famoso in tutto il mondo.

Come vuole la tradizione degli speakeasy, l’indirizzo del 1930 Cocktail Bar è noto solo a pochi: per accedervi è necessario instaurare un rapporto d’amicizia con i ragazzi di Farmily, una relazione che va curata e coltivata nel tempo. Solo a quel punto, il cliente potrà accedere al locale più esclusivo di Milano.

Arriva dunque il turno della presentazione dei bartender Marco Russo e Lorenzo Rossi del locale speakeasy 1930 che festeggia i 10 anni di storia.

I drink

I ragazzi del 1930 introducono il loro seminario che mescola mixology e caffè con il drink Katjusha Coffee. Si tratta di una bevanda composta da 45 ml Lagavulin 16, 30 ml Rum Extra Strength, 15 ml di sciroppo di burro, 60 ml di caffè espresso caldo e un tocco di panna acida. Si tratta di un drink molto ricco che viene di solito servito in inverno.

1930 staff
Marco Russo e Lorenzo Rossi

Il secondo drink proposto è il Cold Brew Manhattan. Lorenzo Rossi afferma: “Questa estrazione permette di avere un drink dalle note più fresche, meno acide e pesanti. Abbiamo utilizzato 50 ml di Bulleit Rye Whiskey, 10 ml di caffè Cold Brew, 5 ml di Demerara, 1.25 ml di liquore al cacao e 2 gocce di Abbots. L’estrazione va dalle 8 alle 12 ore e si parla di una goccia al secondo. Si tratta di uno dei drink più rivisitati al mondo e questa è la nostra versione. Abbiamo optato per questo drink un Caffè Barbera 100% Arabica.”

Il terzo drink è il Cafecito, che rispecchia il Centro America. “Il Cafecito è caratterizzato dal caffè moka e dalla Kambucha. La preparazione parte da una semplice moka italiana – (80% Arabica e 20% Robusta). Si tratta di un caffè molto deciso che abbiamo lavorato con uno sciroppo con note tendenti al legnoso che si incrociano bene con gli altri ingredienti di questo drink, tra cui 5 ml di Amaro Lucano. Abbiamo utilizzato una preparazione tendente all’acetico. Per il metodo di estrazione abbiamo optato per un chemex. La fermentazione va dai tre giorni fino ai cinque giorni, più due giorni di fermentazione in bottiglia.”

Storia e preparazione

L’ultimo cocktail proposto è il Birimbao. “Il Birimbao è composto da 45 ml Pere Lambat infuso alla polpa di anguria, 5 ml Porto in Aeropress al caffè, 15 ml di sciroppo di cetriolo, 1 dash bitter al cetriolo, 1,25 ml liquore al rabarbaro, succo di limone e rim sale al cetriolo.”

Lorenzo Rossi: “La storia di questo drink nasce dall’arrivo degli schiavi africani in Brasile Brasile. Il nome “birimbao” è uno strumento musicale a corda percossa di origine africana che si è diffuso in Brasile dopo questo event nel periodo del colonialismo portoghese. Diventa simbolo di protesta della tratta degli schiavi e diventa parte della tradizione della capoeira, nota arte marziale di origine brasiliana.”

lorenzo rossi
Lorenzo Rossi presenta il Cold Brew Manhattan

Marco Russo: “Il Brasile è la nazione al mondo che coltiva più caffè Arabica. In questo drink il caffè è complementare ed esalta gli altri prodotti che abbiamo utilizzato. Il sentore del caffè non è quello principale del nostro cocktail: non è più protagonista come nel caso del Cafecito ma è coprotagonista. Abbiamo utilizzato un tipo di estrazione chiamato Aeropress, che unisce l’estrazione al filtro ad una parte di pressione. Abbiamo fatto un’infusione con Porto Rosso e caffè 100% Arabica. Abbiamo utilizzato 4 minuti di infusione. Il risultato è un prodotto complesso in cui il caffè non è la nota che prevale.”

Tripstillery

Dopo una piccola pausa è il momento della presentazione dei ragazzi di Tripstillery con Luca Vezzali. Tripstillery è la prima distilleria annessa ad un cocktail bar a Milano.

Luca Vezzali afferma: “Tripstillery nasce dall’esigenza di toccare con mano la materia prima dei distillati creare sempre nuove creazioni e sperimentazioni.”

Il primo drink proposto è il #3000 composto da una miscela sidamo cold brew, Mancino Kopi ed è ottenuto grazie al processo cold brew. Nei cocktail di Tripstillery, non si utilizzano garnish, in modo da poter esaltare la vera essenza e il gusto del drink.

Il drink #3000 tripstillery
Il drink #3000

Il secondo drink #300 è composto da Baron Bkue Java, Lapsang Souchong, latte e cognac.

Vezzali continua: “Per i primi drink viene utilizzato sempre il cold brew per creare delle bevande piacevoli caratterizzati da aromi non troppo forti. Per il secondo drink abbiamo optato per una nota aggiuntiva di passion fruit. Ognuno di questi cocktail è il frutto di uno studio tecnico, teorico e sperimentale volto a creare drink tanto piacevoli da creare quanto da consumare.”

luca vezzali tripstillery

Il drink #3 è stato invece creato grazie al Jameson Black Barrel, Shangrila Red Bourboun Kombucha e soia al caramello. È importante notare che i drink di Tripstillery non hanno un nome proprio e sono indicati e differenziati tramite un sistema numerico.

“Ogni singolo ingrediente viene lavorato in maniera unica a seconda dell’idea del drink che ci siamo imposti di creare. La mixology è costante innovazione e creazione.”

Si ricorda che il costo di un singolo cocktail by Tripstillery è € 12,00 mentre quello del 1930 Cocktail Bar è € 15,00.

La giornata dedicata al caffè e alla mixology sta per volgere al termine. L’ultimo appuntamento vede come protagonisti il team Bella Bistrot con il seminario sul legame che contraddistingue la Calabria e il caffè.

Bella Bistrot a Tripstillery

Umberto Oliva, bar manager di Bella Milano Bistrot, si presenta: “Siamo un cocktail bar in Porta Romana. Il nostro progetto è nato dall’idea di portare un angolo di Calabria a Milano. Il nome del locale è un gioco di parole che unisce la parola bella, tipica espressione milanese, con il nostro prodotto più popolare, la Ciambella di pane calabrese.”

Anche i cocktail di Bella Milano trovano nella Calabria e nella cucina tipica calabrese la loro declinazione: i signature drink ideati da Umberto Oliva sono un viaggio tra i sapori, i piatti e i prodotti della regione.

La prima bevanda proposta è la Brasilena, bibita al caffè a base di acqua minerale. In Calabria è addirittura più venduta della Coca Cola. La Brasilena è composta da 1,5 cl di Don Julio Blanco, 3 cl di J.W. double black, 3 cl di Barbera caffè cold brew alla cannella e al cardamomo nero, 1,5 cl di sciroppo semplice e Top Electric Soda.

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Il cocktail Ciambelloni

Il secondo cocktail è il Ciambelloni, con 4cl bitter Fusetti infusi al cacao, nocciola e caffè. 1,5 cl di Vermouth alle noci, 1,5 cl Marsala e 3cl di Tanqueray ten.

Un pizzico di Calabria a Milano

Oliva prosegue: “Il terzo cocktail proposto non ha un nome. Siamo stati ispirati dal brano di Fred Buscaglione “Whisky facile”. Nella prima strofa c’è il ritornello: “Non sapete chi sono”. Ciò ci ha dato l’idea per sviluppare un drink senza nome.”

Gli ingredienti principali sono: vodka infusa al finocchietto, bitter di caffè, acqua di pomodoro e vodka. Per la preparazione usiamo un caffè in chicchi, lo cuociamo con la vodka con 50° per 25 minuti infusa ai semi di finocchio. Il Bella Bistrot si trova in via Lazzaro Papi al 19 in zona Porta Romana.

Con questo ultimo appuntamento si chiude il ciclo del seminario a tema caffè e mixology by Flavio Angiolillo che ci ha trasportato dalla lontana Oceania per poi ritorno nel Bel Paese in Calabria, riconfermando Tripstillery come il risultato di un’esperienza decennale nel mondo della mixology, maturata grazie anche alla collaborazione di esperti altamente qualificati con gli ospiti. Un’innovazione consapevole che mantiene vive le tradizioni secolari della distillazione.

di Federico Adacher

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