lunedì 07 Ottobre 2024

Talia Miceli: “L’Obiettivo di IWCA Italia, vendere del caffè sempre più originariamente al femminile, prodotto da donne”

Talia Miceli trasmette tutto il suo coinvolgimento: “Ne sono innanzitutto onorata. Perché ho avuto la fortuna di avere un nonno con la grinta e il coraggio di avviare un’attività che mi ha permesso di studiare e poi di lavorare in un’azienda dentro la quale ho sviluppato idee ed espresso le mie capacità. L’empowerment non è eccezionale per me. Quando ho visto invece cosa succede in Brasile, la gioia di Anna che riceve la visita dall’Italia per assaggiare il suo caffè espressamente, mi ha scioccata: ho realizzato che bisognava esser un esempio e comunicare queste realtà."

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MILANO – Talia Miceli è diventata la protagonista di un importante traguardo per l’Italia del caffè al femminile, come presidente di IWCA Italia, trasformando la patria dell’espresso nel trentesimo chapter della no profit globale nata nel 2003 con sede negli Stati Uniti. Non poteva che essere una donna la figura apicale della sesta nazione consumatrice che ha fatto il suo ingresso nella rete associativa che dà il suo sostegno nel percorso della parità di genere. Abbiamo parlato direttamente con lei di cosa rappresenti per lei e per tutte le attrici dell’industria italiana questa novità, e abbiamo compreso dal suo racconto il modo in cui si è diventati membri dell’associazione.

Miceli, IWCA lavora per l’empowerment delle donne nell’industria del caffè: perché è così importante oggi, a partire dai paesi d’origine ma anche nei paesi occidentali?

“La vera importanza dell’empowerment la si comprende quando è inserita all’interno di un determinato contesto. Per noi di IWCA Italia significa dare la possibilità di scegliere, seguendo il nostro motto globale e per fare questo bisogna innanzitutto conoscere queste opportunità, perché per esser liberi di intraprendere un percorso, si devono possedere gli strumenti, risorse finanziarie e potenza di acquisto. Se non si ha tutto questo, banalmente non si può neppure pagare il bus per andare in centro città a promuovere il proprio prodotto ad una cooperativa.

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Empowerment è un concetto molto ampio quindi. Proprio perché si può declinare in diversi contesti, dai più grandi ai più piccoli, è necessario parlarne in maniera approfondita.
Per tornare invece all’Italia, l’empowerment nel caffè significa dare la possibilità alle tante donne che vogliono fare il loro ingresso nel settore di farlo con competenze sviluppate al 100%, attraverso la partecipazione ai centri di formazione, e lo scambio di informazioni nel confronto con altre donne.

Ci sono molti studi scientifici che dimostrano che le donne hanno una maggiore propensione al mondo sensoriale. Il caffè non è soltanto legato alla sua produzione e alla sua somministrazione: ci sono tantissime figure come gli assaggiatori, i controllori della qualità in torrefazione, che devono avere dei sensi molto sviluppati ed esser professionisti preparati a 360 gradi. Ecco: quando una donna può scegliere, può decidere cosa diventare.

Come sede italiana, l’obiettivo è anche quello di rafforzare il legame con gli altri chapter nel resto del mondo e vendere caffè sempre più originariamente femminile, ovvero, prodotto da donne.”

Dall’anno della sua fondazione nel 2003 ad oggi, cosa è cambiato per le donne nell’industria del caffè?

“Posso parlare per esperienza perché ho conosciuto IWCA nel 2018, attraverso un’iniziativa portata avanti dall’azienda della mia famiglia fondata nel 1960, Felmoka di Varese, quando abbiamo acquistato del caffè prodotto all’interno di questo circuito. Siamo andati a conoscere questa realtà direttamente in Brasile per capire come operasse nel concreto la rete IWCA. Ci siamo andati con il nostro progetto Donna felice che è tutt’ora attivo, che contiene nel suo stesso nome il suo obiettivo: rendere indipendenti economicamente le
donne per realizzarsi nel futuro.

Quando siamo arrivati, siamo rimasti impressionati da quello che abbiamo vissuto e abbiamo così voluto muoverci per creare il chapter italiano. IWCA è riuscita ad apportare un incredibile miglioramento per le donne che sono entrate a far parte dell’associazione, spesso delle piccole imprenditrici che da sole non ce l’avrebbero fatta. Delle produttrici che in questo modo hanno fatto rete con le loro esperienze, conoscenze e materiali.

In quell’occasione abbiamo tenuto un incontro con Miriam, all’epoca presidente del Brasile, per imparare a fare cupping. La qualità dei risultati riscontrati non può esser riassumibile sotto un’unica dicitura. Non si tratta solo di traguardi economici, ma di arricchimenti umani. In prima persona ho conosciuto una di queste donne nella sua piantagione, che ha scelto di imparare l’inglese e così è riuscita a presentarsi nelle sue fiere con i suoi prodotti. Le è bastato sapere che si può cambiare, che si può esser artefici del proprio futuro, con
potenzialità di sviluppo, per crescere.”

Ora anche l’Italia è finalmente un capitolo di IWCA: che cosa aspetta le donne del settore, Miceli?

“I nostri progetti per quest’anno hanno una sola priorità: creare e supportare economicamente attraverso i soldi raccolti dei progetti in collaborazione con altre associazioni molto attive per l’empowerment femminile, diversi corsi dedicati alle donne vittime di violenza. In Italia, uno dei lavori più comuni è dentro i bar: noi vogliamo inserirle come delle super professioniste, e non solo per la bella presenza. I locali sono anche un’occasione per queste donne di riallacciare le relazioni con gli altri.

Come IWCA Italia naturalmente non vogliamo lavorare da soli. Siamo tutti imprenditori o figure professionali che arrivano dal mondo del caffè, dai trainer, al marketing, ai torrefattori: ognuno ha il suo ruolo nella filiera, ma nessuno di noi ha esperienza nel servizio sociale. Ci rivolgeremo quindi a chi se ne occupa professionalmente per collaborare efficacemente e in modo mirato.

Il caffè al femminile e sostenibile, (foto concessa da Talia Miceli)

Ovviamente, per tutti gli associati speriamo si possa organizzare un evento di network alla fine dell’anno, per conoscersi e far nascere dei progetti in collaborazioni con altre realtà così come è successo in altri chapter nel mondo, in modo amichevole, senza sponsorizzazioni di grandi aziende. L’obiettivo è diventare un punto di riferimento per le torrefazioni italiane, per acquistare un caffè qualitativamente diverso, sia per la materia prima che è un requisito fondamentale, sia in quanto appartenente al circuito del mondo IWCA.”

È un lavoro che parte da zero in Italia?

Miceli: “In Italia IWCA è conosciuta solo in parte. Ci sarà tanto lavoro da fare dal punto di vista della comunicazione. Ma la nostra grande fortuna risiede nei nostri background: attraverso la mia attività ho la possibilità di parlarne con i nostri clienti e raccontar loro come abbracciare la filosofia e i prodotti certificati IWCA Italia. Si discute così di una potenziale adesione, a prezzi non esorbitanti, per sviluppare attività che possano avere un impatto sociale. Ora tanti utilizzano la parola empowerment anche per fare pinkwashing: ma ben venga, purché se ne parli. Perché nel momento in cui si smette di far emergere un tema, il rischio è quello di dimenticarsene del tutto. Stimo molto la  Fondazione Pangea per esempio, che imperterrita va avanti a parlare di empowement ed è attiva su questo tema in maniera lodevole.

L’altro obiettivo è legato alla promozione culturale del caffè e al fare informazione attorno la bevanda e alla sua coltivazione, trasformazione da verde a tostato.”

Come funziona l’Istituzione nei paesi dei suoi membri? Quali sono i servizi e le attività in programma?

“Ogni chapter ha la possibilità di sviluppare i propri progetti e di conseguenza di offrire determinati servizi. L’unica cosa che è costante per tutti è lo sviluppo di iniziative che collegano l’empowerment femminile al mondo del caffè, promuovendo la cultura della sostenibilità. Sono i soli tratti da rispettare. Siamo riconoscibili a livello globale: alleanza delle donne del caffè in Italia e certificati come IWCA Italia. Noi vogliamo rispecchiarci nel sistema stupendo di IWCA, perché ogni paese è diverso e ha la possibilità di portare avanti i propri percorsi.”

Miceli, come il Covid ha influenzato l’operatività di IWCA negli ultimi anni? Come ha reagito?

Il gruppo di IWCA Italia, (foto concessa da Talia Miceli)

“Soltanto per riunirci da diverse zone dall’Italia è stata un’impresa: di persona ci siamo incontrati solo il giorno della firma del notaio nel 2021. La tecnologia però e soprattutto la voglia di realizzare qualcosa che da soli non si potrebbe concretizzare, ci ha spinti a continuare. Ora dobbiamo andare ancora avanti. Per tanti di noi questa associazione è un modo per fare qualcosa di bello e che faccia la differenza per le persone. Il Covid ha colpito più duramente le donne, che hanno subito di più delle problematiche già pre-esistenti di
abusi e violenze.”

IWCA facilita le partnership organizzative con altre organizzazioni multi-stakeholder: come funziona esattamente?

“Sono partnership di diverso tipo. Non vogliamo raggiungere soltanto il settore, ma anche il consumatore che non è attivo nella produzione. Per coinvolgere un utente che di caffè non conosce certo quanto potrebbe un professionista, dobbiamo utilizzare dei canali strategici diversi. Il consumatore può recepire delle comunicazioni legate innanzitutto al tema dell’empowerment e che poi parla anche di caffè, coinvolgendo influencer e persone che col caffè non hanno direttamente a che fare. Il grandissimo progetto è di lavorare con associazioni attive per quanto riguarda la tutela della donna. “

Quali sono i requisiti per entrare a far parte della rete globale IWCA?

“Requisiti, tantissimi. Bisogna seguire e portare a termine una serie di attività racchiuse in un protocollo di formazione. Sono operazioni che vanno dalle più semplici, come fornire prove a IWCA global dei momenti di riunione per discutere il tema dell’empowerment in cui si sono sviluppate delle idee, e incoraggiare la diversa provenienza geografica di chi si riunisce, a quelle più complesse come la creazione dell’Associazione italiana ancor prima di esser certificata IWCA. L’obiettivo di questo iter è quello di testare la voglia di investire in questo progetto nel tempo e nei finanziamenti.

Dopodiché, si deve presentare un piano operativo e strategico di 5 anni, e infine si deve ottenere la firma del Memorandum of understanding con cui IWCA global riconosce una sorta di contratto. Tutto questo processo è iniziato nel 2019, a dicembre. Poi però è scoppiato il Covid. A giugno 2021 finalmente siamo andate dal notaio per creare la IWCA Italia, strutturando i nostri piani, e nel febbraio 2022 siamo stati riconosciuti e certificati. “

Miceli, qual è la prossima agenda dell’organizzazione e della sua rete globale?

“E’ un po’ come se fosse una holding: IWCA global contiene 30 capitoli al suo interno, compresa l’Italia. L’Organizzazione si preoccupa che ciascuno di questi capitoli segua il proprio sistema valoriale e che realizzi concretamente i progetti. Altra cosa importante è informare tutti i membri dei singoli chapter sulle iniziative e gli eventi globali, per esser da grande esempio. Mi immagino un paese come El Salvador, che è amatissimo per il caffè e che potrebbe trarre giovamento dall’entrare a far parte di una rete aggiornata. IWCA Global dà supporto per sviluppare i progetti di tipo ideativo, strategico e pubblicitario.”

Talia Miceli: cosa rappresenta per te ricoprire questo ruolo?

Talia Miceli trasmette tutto il suo coinvolgimento: “Ne sono innanzitutto onorata. Perché ho avuto la fortuna di avere un nonno con la grinta e il coraggio di avviare un’attività che mi ha permesso di studiare e poi di lavorare in un’azienda dentro la quale ho sviluppato idee ed espresso le mie capacità. L’empowerment non è eccezionale per me. Quando ho visto invece cosa succede in Brasile, la gioia di Anna che riceve la visita dall’Italia per assaggiare il suo caffè espressamente, mi ha scioccata: ho realizzato che bisognava esser un esempio e comunicare queste realtà.

Valorizzando i paesi d’origine, e non pagare più un euro l’espresso. Ci sono famiglie che dipendono da un buon raccolto. Esser stata eletta presidente è davvero quindi un onore, perché sono stata riconosciuta dai miei colleghi e perché ancora una volta ho la libertà creativa di raccontare questo progetto.

Sono rimasta colpita in questo mio percorso, dalla frase di una ragazza di 16 anni che mi ha detto: mi sono innamorata del caffè. E qui si racchiude tutto. E poi anche l’affermazione di una signora di 73 anni: “Mia nonna me lo diceva sempre, che prima o poi qualcuno sarebbe arrivato e ci avrebbe notato. E poi così so che crescerò.” Alla sua età, pensa ancora di crescere. Per me sono stati due momenti catartici. Mi ritornano sempre in mente quando mi sembra impossibile portare avanti tutto questo.”

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