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MILANO – Aperto in Viale Bligny 36, Specialty parte dalla passione di Alessandro Monego e Umberto Burdese, insieme all’esperta di web development Vittoria Zampieri e al supporto di Gian Pietro Beltrando. Innanzitutto, quattro amici uniti dalla stessa visione. Com’è andata a pochi mesi dall’avvio? Alessandro Monego si presta al racconto di un luogo che al suo interno contiene tre attività: caffetteria, pasticceria e gelateria.
Si parte proprio dal caffè: da Specialty si servono sia una miscela (60% Brasile e 40% Uruguay) che un monorigine dall’Uganda. La parte di pasticceria e panificazione trova rifornimento da un nome che in queste pagine è già comparso: i ragazzi di Crosta in Porta Venezia, Giovanni Mineo e Simone Lombardi in Porta Venezia. Infine c’è il gelato, firmato da una realtà non milanese, Pausa Cream & Bakery.
Ma si comincia dal nome, Specialty: si può dire che è lui il protagonista di questo concept?
“Possiamo dire di sì. Specialty è un nome che è stato scelto perché volevamo che questo prodotto fosse emblematico: da noi il caffè è centrale così come ogni suo derivato. Il caffè specialty è di Carnera, mentre la cascara è di Garage Coffee Bros: questa selezione è la dimostrazione che vogliamo raccogliere dentro il nostro locale standard elevati da tutta Italia.
Specialty però è anche qualcosa di più ampio, un concetto trasversale, che racchiude sotto di sé qualsiasi cosa sia speciale e vada oltre la media del mercato e si applica a tutta l’offerta presente nel locale.”
Bakery, caffetteria specialty e gelato: perché unire queste tre anime in un solo concept?

“L’idea era quella di collocarci all’interno di un piccolo hub, con 8 posti a sedere a cui poi si aggiungerà il dehors, e di costruire un posto in cui poter trovare tanti prodotti di alta qualità. Da qui la voglia di unire bakery, caffetteria e gelateria in un solo brand che riesce a coprire dalla colazione sino alla sera.
Quali sono i punti un po’ critici di aprire un’attività di questo genere: gli orari sono molto prolungati, ma è soltanto in questo modo che riusciamo a garantire un’offerta a 360 gradi. Considerando il periodo attuale, la parte legata alla colazione e alla merenda va per la maggiore, ma quando abbiamo aperto a settembre, abbiamo riscontrato buoni numeri anche con il gelato che tornerà forte nei mesi più caldi.
In un contesto in cui il cliente ha voglia di sedersi e gustare un filtro, uscendo è libero di prendersi un gelato, che abbiamo un po’ inteso come la chiusura perfetta di un percorso gastronomico completo.”
Ma a Milano le nuove aperture non mancano ultimamente: che cosa trova il consumatore da Specialty che altrove non c’è?
“Abbiamo puntato e creduto molto in questo progetto, investendo energie e tempo proprio
sull’architettura del locale: Specialty ha una struttura unica nel suo genere su Milano. Abbiamo ripreso delle caratteristiche nordeuropee rivisitandole in una chiave italiana, dall’uso del legno d’acero, sino al vetrocemento tipico del made in Italy.
Nello stesso marchio con due “ii” volevamo rappresentare il concetto di pausa in un posto esteticamente piacevole, in cui l’atmosfera è diversa da quella dei concorrenti. Qui non si beve e mangia bene soltanto, ma lo si fa in un posto che permette un’esperienza completa.
Abbiamo una vetrina in cui vengono esposti molti dei nostri prodotti, per incuriosire insieme all’estetica del locale.”
“La nostra offerta a 360 gradi però non è stata pensata nell’ottica della compensazione”
“E quindi per riuscire a rispondere alla domanda di tutti i clienti ed ottenere un maggior profitto, ma è frutto della nostra voglia di offrire diverse opzioni dello stesso livello.
Gli spazi della boutique – 35 metri quadri circa – sono stati studiati per essere ottimizzati sulla vendita. C’è una parte dedicata alla produzione, una al gelato e una destinata al caffè con La Marzocco PB due gruppi.
Con questa strutturazione siamo riusciti a intercettare l’80% di quella fascia internazionale di studenti della zona Bocconi. Per i macinacaffè abbiamo scelto invece i Ceado, uno per il blend e uno per la monorigine e uno per il filtro. Inizialmente abbiamo discusso sull’introduzione del decaffeinato nel menù e alla fine abbiamo scelto di servirlo: l’obiettivo di specialty è anche di rendere questo prodotto un po’ più main stream.
Mi spiego: lo specialty è stato negli ultimi anni una nicchia di mercato, con dei costi più alti per una materia prima migliore e una filiera più sostenibile. Però è stato comunicato in un modo errato, che spesso in Italia non funzionava rispetto alla tradizione del caffè italiano. Lo specialty è vissuto come una bevanda elitaria: da noi invece vorremmo proporci come divulgatori verso il cliente locale rispetto a cosa c’è dietro la tazzina e la nostra proposta.”
Aperti da settembre: come sta andando fin qui?
“Siamo molto contenti fin qui, perché la clientela ha avuto delle buone reazioni e anche un inaspettato coinvolgimento sui social. Questo ci ha molto stupiti, perché molti micro influencer ci hanno raggiunto e ci hanno supportati nella comunicazione del locale, spesso solo per pura passione. Si vede quindi un certo fermento da parte di una cerchia di professionisti a Milano, senza particolari interessi economici dietro. Li ringrazio molto per questa partecipazione.”
A quanto vendete l’espresso?
“L’espresso lo vendiamo a un euro e 50 e per qualcuno è un problema, soprattutto per gli italiani. Abbiamo ricevuto molte critiche, ma noi ci siamo sempre posti in maniera costruttiva, spiegando le ragioni dietro quella cifra. Stesso discorso per lo zucchero: noi lo abbiamo a disposizione, ma non lo teniamo esposto.”
Avete avuto problemi con trovare personale formato o che comunque fosse interessato al vostro progetto?
“È stato difficile in una fase iniziale, ma sono stato molto fortunato. Ho iniziato a cercare ad aprile e infine siamo riusciti a creare una squadra capitanata dall’head barista Simone Di Matteo. È lui che si occupa della formazione di altri due ragazzi: insieme formiamo un quartetto che segue e cura il locale. Per ora siamo molto affiatati, curiosi, e ci si vuole sempre aggiornare.”
Avete dietro già un gruppo di investitori: quali sono i piani di crescita per i prossimi anni?
“In questo momento abbiamo alle spalle un gruppo che ci sostiene. Naturalmente dobbiamo innanzitutto confermare il lavoro fatto fin qui e i risultati concreti.
Una volta portato a termine questo primo step, penseremo a una seconda apertura nel 2025 ancora su Milano. Guardando ancora più lontano, entro il 2030, l’obiettivo è quello di raggiungere i 5 store: ci permetterebbe di affermarci come brand su scala nazionale per poi espandersi all’estero.”
Ma si è un po’ obbligati a espandersi con l’apertura di più punti?
“Il tema è la sostenibilità dell’azienda: ogni buon progetto, ha poi la capacità di scalare. È un’esigenza: voler aprire più punti è possibile soltanto una volta raccolti dei buoni feedback. Se un locale funziona, ha cassa e può fare investimenti: purtroppo con l’economia attuale, un locale come Specialty, se preso nella sua singolarità, ha poco margine e quindi per restare in attivo deve continuare a crescere, moltiplicarsi.
Il prodotto funziona, il concept anche, ma per continuare ad essere sostenibile ha la necessità di non fermarsi ad un solo locale. Se non si vuole erodere la qualità, bisogna aumentare i flussi di cassa e quindi fare in modo di avere più store in attivo.”