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Alcune imprese venete finiscono periodicamente nelle mani della mafia. È il caso del Caffè Pellini di Bussolengo (Verona), la cui distribuzione in Calabria, almeno fino al 2021, è stata garantita dalla cosca Mannolo fino alla sua decapitazione con l’operazione antimafia Malapianta.
Pellini Caffè non è coinvolta nelle indagini ed è estranea ad ogni addebito degli inquirenti.
Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Roberta Polese per il quotidiano Il Corriere della Sera.
Il legame tra caffè e ‘ndrangheta in Veneto
VERONA – Non se ne parla mai, eppure nelle pieghe delle indagini per mafia condotte dalle Direzioni distrettuali antimafia (DDA) dei capoluoghi di Calabria e Sicilia, ciclicamente vengono a galla dettagli che confermano la presenza della mafia a Nordest.
Nell’ultimo processo alla cosca Mannolo, che controllava i rifornimenti ai villaggi turistici calabresi, emergono due aspetti: il primo è che la ‘ndrangheta continua a prestare denaro agli imprenditori veneti, che poi precipitano nella spirale dell’usura; il secondo è che parte degli affari di grandi imprese venete finiscono nelle mani della mafia.
È il caso del Caffè Pellini di Bussolengo, la cui distribuzione in Calabria, almeno fino al 2021, è stata garantita dalla cosca Mannolo fino alla sua decapitazione con l’operazione antimafia Malapianta.
L’azienda veronese non è coinvolta nelle indagini ed è estranea ad ogni addebito. A spiegare gli investigatori come funzionava la distribuzione del caffè nei resort calabresi è stato un testimone di giustizia, Giovanni Notarianni, che protetto dalla scorta durante un’udienza a Catanzaro, ha descritto l’imposizione del caffè Pellini da parte della ditta di Pietruccia Scerbo, moglie di Dante Mannolo, rampollo del clan di San Leonardo di Cutro.
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