domenica 24 Marzo 2024
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Monzini, Consorzio promozione caffè: «Così il lockdown ha azzerato gli affari dell’horeca»

Nei locali dei centri storici la tazzina di espresso cala drasticamente per via della mancanza di lavoratori. Un rischio per uno dei simboli del buon vivere italiano. La riflessione di Michele Monzini, vicepresidente del Consorzio Promozione Caffè sullo stato di salute del settore

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MILANO – Il quadro generale delle nuove abitudini di consumo che sono state influenzate dall’epidemia, possono già indicare quali prospettive future interesseranno il settore horeca: per comprendere le sue potenziali evoluzioni, è intervenuto il vicepresidente del Consorzio promozione del caffè, Michele Monzini. Un punto di vista approfondito da chi contribuisce a riunire aziende produttrici e di commercio del caffè torrefatto, decaffeinato, solubile, in cialde e capsule, ma anche di imprese che realizzano macchine professionali. L’intervista è stata realizzata da italiaatavola.net.

Michele Monzini. Buongiorno dottore, ha già preso il caffè?

“Certamente, è la prima cosa che faccio al mattino.”

Ecco, anche io ho preso il mio primo caffè e credo che almeno in questo noi italiani non si soffra di solitudine. Possiamo azzardare, lavorando di accetta e non di fioretto, che a quest’ora del mattino (ore 8:30) 35 milioni di italiani hanno preso il caffè?

“Le statistiche dicono che 1 italiano su 2 consuma il caffè la mattina a colazione e lo fa per piacere oltre che per darsi la carica necessaria a partire con il piede giusto. ”

E di questi 30 milioni circa di italiani, Michele Monzini che dispone di dati tempestivi ed accurati, sa dirci quanti al bar e quanti a casa?

“Il mercato del caffè nel canale horeca vale il 22% confrontato con il Retail che pesa il 65% mentre il Vending ne vale il 13%. Possiamo quindi dire che gli italiani sono soliti consumare molto più caffè tra le mura domestiche di quanto si faccia in bar e ristoranti. Queste percentuali però se non le contestualizziamo ci dicono poco. Lei consideri che nel canale horeca nel 2019 le torrefazioni italiane hanno distribuito più di 50 milioni di kg e per estrarre un espresso sono sufficienti 7grammi. ”

Dato molto interessante e allora, gentile dottore, le chiedo: cosa ha comportato il lockdown nel canale horeca?

Possiamo ben dire che all’incirca 10 milioni di kg non si sono consumati? E cosa comporta ciò in onda lunga? Anche qui, come nel vino, a fronte del sell-in effettuato fino a prima del lockdown, non essendosi poi verificato il sell-out, c’è un ingorgo di magazzino di cui risentono sia gli operatori horeca e sia le torrefazioni?

“Purtroppo sappiamo tutti che il lockdown ha significato un azzeramento totale del giro d’affari di tutto l’horeca e di conseguenza anche il consumo di caffè in questo canale. Parte dei consumi degli italiani soliti a prendere il caffè fuoricasa si è spostato sul canale retail facendolo temporaneamente crescere ma parte si è perso.

Questo è dovuto al fatto che come dicevamo prima gli italiani prendono il caffè la mattina per svegliarsi e darsi la carica ma durante il giorno prendono il caffè come momento di pausa e convivialità con colleghi o amici e questo gesto, rinchiusi nelle case si è necessariamente ridotto o perso.

Per quanto riguarda le criticità a monte della filiera, chiaramente il lockdown e la lenta ripresa hanno creato e stanno creando molte difficoltà alla torrefazione ed in particolare alla piccola e media torrefazione che è la più numerosa e quasi totalmente dedicata al canale horeca. In italia sono presenti circa 800 torrefattori e il 90% opera quasi esclusivamente nel canale horeca.”

Quindi, in buona approssimazione, possiamo dire che il totale del “primo caffè” è rimasto pressoché invariato ed è invece diminuito il numero dei caffè successivo al “primo della giornata”, ovvero al caffè di metà mattino, di chiusura pranzo al ristorante ed al caffè, e quello così tanto prezioso, quello estemporaneo frutto dell’incontro casuale con l’amico da cui scaturisce il gioioso “andiamo a prenderci un caffè”?

“Sì, è proprio così ma guardiamo al fatto che oggi i bar sono aperti e il caffè del bar se estratto a regola d’arte utilizzando una miscela di qualità che le torrefazioni italiane sono bravissime a fare è sempre un piacere.”

E allora, gentile dottor Michele Monzini, presumendo che il peggio sia alle nostre spalle, sebbene di situazione del tutto serena e pacifica non si possa parlare, come Lei analizza la situazione dopo due mesi circa di riapertura degli esercizi horeca, di quelli che hanno riaperto, tocca ahinoi aggiungere?

Purtroppo il canale horeca già prima di Covid19 era rappresentato da imprenditori in buona parte professionali e volenterosi ma in media abbastanza deboli sotto il profilo finanziario. Il lockdown ha chiaramente creato una carenza ancora maggiore di liquidità e il lavoro a volumi ridotti degli ultimi mesi non si può dire che stia dando tanto fiato. Purtroppo i costi fissi come gli affitti e il personale rimangono e lavorando meno l’ammortamento degli stessi risulta sempre più un miraggio.”

Lascia ciò prefigurare uno scenario, in vista dell’imminente autunno, di cessazioni di attività per gli esercenti horeca?

“Di sicuro tutto il canale sta soffrendo, chiaramente a seconda della tipologia e collocazione geografica in maniera differente. Zone a vocazione turistica specialmente straniera come le città d’arte o le zone centrali delle città con forte presenza di uffici come il centro di Milano o direttamente le aree dei centri direzionali a causa dello smart working stanno lavorando a volumi ben al di sotto del 50%.

Mentre esistono realtà più residenziali o di provincia che sono tornate ai valori pre Covid se non in qualche caso addirittura superiori. Nelle economie di mercato domanda e offerta si adattano, ma solitamente lo fanno lentamente nel tempo, la pandemia purtroppo ha sconvolto le nostre vite e lo ha fatto in un tempo brevissimo.”

Ben ponendo distanza da quanti suggeriscono agli operatori horeca di cambiare mestiere, bensì con approccio molto più responsabile e di “vision”, consapevoli che indietro non si torna e che pertanto il nuovo scenario sarà diverso da quello ante pandemia, quali suggerimenti si sente di dare a quanti, ad invarianza di attività, capiscono che comunque si tratta di agire di creatività, di rompere paradigmi obsoleti e di non avere paura del nuovo ma anzi andargli incontro e contribuire a costruirlo?

“Di sicuro il turismo tornerà come tornerà anche il lavoro negli uffici poiché lo smart working ormai è vero che ha preso piede ma gli uffici ora vuoti verranno poi riempiti da altri; quindi concentrarsi a razionalizzare i costi e contemporaneamente puntare su qualità dei prodotti e del servizio per differenziarsi da quelli che per risparmiare decideranno di tagliare proprio la qualità.”

In tutto ciò lei vede un ruolo abilitante della tecnologia? Sia in supply chain e sia in comunicazione/promozione dell’attività mediante la rete?

Michele Monzini: “Sicuramente la tecnologia e il web in generale possono essere utili per promuovere in maniera accattivante la propria attività e la propria offerta; per noi torrefattori oggi la rete offre un canale in più di vendita utile a raggiungere direttamente il consumatore a casa e recuperare un po’ di vendite perse nel canale horeca.”

Una considerazione di Michele Monzini a chiudere

A causa di questa tragedia epocale e mondiale, i cui devastanti effetti probabilmente non sono ancora tutti visibili in quanto non ancora emersi, avrà senso puntare su un’Italia che sa fare l’Italia? Il nostro modo di vivere, colazione al bar inclusa, la nostra resilienza, il nostro saper guardare avanti?

È fuorviante, a suo avviso, pensare ad una Ue che ci regala una cornucopia? Cogliamo l’occasione per pensare serenamente e seriamente ad una green economy?

“Il made In Italy ed in particolare la sua cucina e lo stile italiano di viverla è apprezzato nel mondo e chiaramente il caffè ne fa e spero ne farà sempre più parte in futuro. Come in tutti i momenti di cambiamento e di criticità anche oggi si stanno aprendo e si apriranno molte opportunità che speriamo l’Italia e i suoi imprenditori sapranno cogliere al meglio.

Di sicuro l’attenzione all’ambiente, alle politiche sociali ed in particolare alla salute dei collaboratori e dei consumatori saranno temi sempre più importanti da affiancare alla qualità dei prodotti e dei servizi per aver successo in Italia ma in particolare nel mercato globale.”

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