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martedì 10 Dicembre 2024
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A Bologna c’è anche Meleé cafè, il locale specialty di Miriana: “Ora posso fare quello che so esser giusto”

La titolare: "Riuscire ad attirare i giovani è stata dura. Inizialmente il mio locale dava l’idea di un posto molto impostato e serio, ma dopo è diventato un circolo per i ragazzi. Siamo riusciti a trasmettere anche la nostra visione: qualità non deve esser per forza esser seria e le persone l’hanno capito.”

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  • Dalla Corte
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MILANO – Quando si ha a che fare con lo specialty coffee, spesso il racconto gira attorno a due cardini portanti: passione e formazione. Una volta che si sposa la filosofia per un prodotto di qualità elevata, preparato bene, trasparente e sostenibile per i coltivatori, il gioco è fatto: lo sa bene la giovane Miriana, che nella sua caffetteria Meleé cafè a Bologna, ha realizzato il suo sogno.

Dentro il locale, 8 posti a sedere più due sgabelli al bancone, un dehors con un’altra ventina di sedute.

Racconta lei: “Siamo partiti in due come soci – io con un passato nei bar di Bologna e lui che voleva cambiare vita – appena usciti dal lockdown abbiamo scelto di lanciarci in questa nuova avventura nel gennaio 2021. Abbiamo aperto così, timidamente, in via Zanardi vicino a Porta Lame.

Funzionavamo, abbiamo preso piede molto in fretta.”

Meleé café: dagli esordi a oggi, un’evoluzione

“Inizialmente servivamo solo Caffè Terzi e subito dopo sono venuti a trovarci i ragazzi di Pacamara coffee lab che ci hanno parlato dei loro prodotti.

Non ero ancora riuscita a lavorare con gli specialty ma li conoscevo. Mi sono lasciata contagiare presto dall’entusiasmo, e ho scelto di provarci. Non è stato facile, perché a Bologna bisogna incuriosire i clienti.

Molte persone nella nostra zona arrivano dal sud e quindi hanno una tradizione molto forte legata al classico espresso.

Poi però, soprattutto grazie alla mia passione, sono riuscita a trasmettere lo specialty, tra un assaggio all’altro.

L’espresso Pacamara (foto concessa)

Ho iniziato così a collaborare stabilmente con Pacamara, mantenendo parallelamente Caffè Terzi (70% arabica e 30% robusta) e addirittura un 100% Robusta che per le persone del sud è il top.

Per i caffè filtro ho iniziato con un blend Pacamara particolare e ho messo fisso Cascavel, un Brasiliano 100% Arabica naturale.

Le origini di Nordic (foto concessa)

In seguito ho conosciuto Marco Pizzinato, che mi ha parlato dei suoi caffè. Sono rimasta rapita dal suo catalogo e sono partita con Nordic, registrando da subito una risposta meravigliosa.

Li ho provati prima in cold brew e le persone ormai lo chiedono subito appena entrano. Una ragazza si è addirittura innamorata e ha scoperto con noi questa estrazione.”

Da barista a gestore: un altro rito di passaggio

“Pensavo di essere pronta – confessa Miriana – ma in realtà ci sono milioni di cose da fare e da imparare. È stato talmente rapido il passaggio verso l’imprenditoria, che sul momento non abbiamo realizzato bene cosa tutto fosse necessario.

Per me in particolare, nel tempo si è rivelato devastante, l’ho vissuta con una certa angoscia perché sono piuttosto perfezionista e ogni dettaglio doveva esser impeccabile.

Dovevo dimostrare di esser capace inserendomi in un contesto già competitivo, da giovane e da donna: per me è stato pesante. Ma, nonostante il sacrificio, è stato comunque un sollievo poter scegliere di svolgere le mie mansioni come decidevo io.

È stato proprio liberatorio, perché ho sempre sofferto lavorando altrove nel sapere di dover fare le cose in maniera sbagliata e che, anche quando si prova a comportarsi correttamente, gli sforzi vengono resi vani.

Era frustrante. Ora posso fare quello che è giusto.

Il marchio Meleé cafè (foto concessa)
Il marchio Meleé cafè (foto concessa)

Con il tempo mi sono creata una clientela di super affezionati e quando le persone mi ringraziano e dicono “A domani” mi dà un senso di pienezza. Parliamo di una relazione che si è creata nel tempo.

Persino mia madre da 100% robusta ora beve 100% arabica e monorigine.

Così, ho già vinto. Oggi, rimanendo da sola senza essere più affiancata da mio socio e passando un mese in cui ho fatto fatica a dormire la notte, assumendo nuovo personale e pagando lo stipendio mio e di altre due persone, mi son detta: ce la devo fare.

Mi sono dovuta impegnare tanto, ma ce l’ho fatta. “

E a proposito di personale: com’è la situazione da Meleé cafè?

“In realtà sono stata molto fortunata. Mi sono rivolta a un mio collega e amico, e l’ho pregato di lavorare insieme.

Una persona molto capace, che ha accettato di entrare nel nostro progetto. Poi un nostro cliente di 28 anni, che veniva da noi tutti i giorni, ha scoperto del posto vacante e si è offerto di venire a lavorare con noi che siamo diventati un po’ la sua famiglia lontano da casa sua, la Toscana.

E a me questo è piaciuto, perché significa che sono riuscita a creare una comunità di riferimento.

Il filtro da Meleé cafè (foto concessa)

Idealmente, avrei bisogno di almeno un’altra risorsa. Ci sono operazioni che non riesco a svolgere da sola, come la preparazione di un V60 a regola d’arte, che per ora non ha uno spazio adatto e comodo.

E poi, da noi si lavora bene e si corre, per cui bloccare una persona per 6 minuti è complesso. Quando posso lo faccio, è la mia estrazione preferita, ma dipende da tanti fattori e tempistiche da incastrare.

Il mio locale non è nato come caffetteria, ma come locale per la sera.

Anni fa il creatore l’ha pensato per somministrare gli alcolici e del caffè non si parlava. Quindi è tutto strutturato per un altro tipo di servizio.

Stesso discorso per i macinini: non ho lo spazio per infilarne quanti ne vorrei. Ne tengo uno sempre libero, per cui quando mi chiedono una miscela e un monorigine e ogni volta ci vuole tempo e più operazioni. “

Le altre attrezzature?

“Adesso abbiamo come macchina per espresso La Cimbali M100 con l’autosteam, doppio gruppo, per ragioni di spazio.

Prima avevo la mia E61 Legend che però ha ceduto dopo sei anni di servizio. La mia prima bambina, che è messa a disposizione per i miei colleghi colpiti dall’alluvione, qualora ne avessero bisogno. Poi ho fatto imparare ad usare la macchina anche ai miei colleghi, soprattutto a pulirla.

Abbiamo poi un macinino grande della Fiorenzato con la campana da mezzo chilo e tra macinini piccolini automatici che tengo per il 100% arabica, il 100% robusta e poi il blend.

Parliamo allora del caffè di Meleé cafè

“L’espresso base è a un euro e 20 e qualcuno ci ha dato dei pazzi. Gli specialty in espresso sono un euro e 40 e un euro e 60. Caffè filtro, estratto con una macchina automatica dell’Anima Express in batch brew, dai 2.50 ai 3 euro.

Ci sono oggi persone che vengono da noi soltanto per quello. Riesco anche a farne almeno 3 litri al giorno e sono tanti per la città in cui siamo, soprattutto pensando che inizialmente dovevo buttarlo, l’evoluzione è avvenuta.

Ho cominciato a proporlo, ad offrirlo, a mascherarlo con diverse ricette anche con il latte e la gente si è lasciata affascinare.

Da Meleé cafè (foto concessa)

Riuscire ad attirare i giovani è stata dura. Inizialmente il mio locale dava l’idea di un posto molto impostato e serio, ma dopo è diventato un circolo per i ragazzi.

Siamo riusciti a trasmettere anche la nostra visione: qualità non deve esser per forza esser seria e le persone l’hanno capito.”

Faccio anche piccoli pranzi, brunch, che sono riuscita a infilarlo in una situazione irreale. Sabato e domenica lavoriamo tantissimo e facciamo fatica, ma resta un momento incredibile per raccontare i filtri.

Ho creato un tasting piattone”, in cui è incluso un’estrazione alternativa.

Ed è andato a ruba. Ho scelto inizialmente dei Pacamara Bourbon giallo con delle note di tè, di miele, frutta secca, mi sembrava quindi di inverno il gusto più vicino ai pancake con lo sciroppo d’acero.

Ora in estate, se mi chiedono, propongono i brew: ho fatto una pagina dedicata. Ora ne ho 4 fissi: 3 Nordic e un Pacamara con i sentori di mirtillo, ananas, pesca.”

Prossimi progetti per Meleé cafè?

“Sogno grandissimo: vorrei avere almeno un dipendente in più per riuscire a fare tutte le estrazioni possibili e immaginabili.

Vorrei dare la giusta importanza alle diverse estrazioni e a far arrivare i giusti messaggi alle persone, trovando il modo di far provare più cose ai clienti: chemex, aeropress, V60.

Mi piacerebbe fare persino la moka. Perché vorrei anche che le persone assistessero al rito della preparazione, mettendomi al tavolo con il cliente per spiegargli cosa sta avvenendo nella brocca, nella tazza.

Dovrei avere più espressi disponibili e più tempo per le estrazioni alternative.”

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  • Brambati

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