martedì 01 Luglio 2025

Mario Rubino, presidente Kimbo: “Proprio le realtà grandi devono portare l’artigianalità alla ribalta” e poi sui rincari “Qualora la crisi rientrasse, faremo di tutto per ritornare ai prezzi precedenti”

Rubino: "Kimbo ha accettato di fare questo, dando la garanzia di un prodotto di qualità legato ad un marchio riconosciuto. È quindi molto importante ritornare al passato e ricominciare da capo"

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NAPOLI – Mario Rubino, presidente dell’azienda napoletana Kimbo, o come ha preferito raccontarsi giocosamente egli stesso, il “prodotto” Kimbo nato a 9 mesi dalla firma di suo padre e dei suoi due fratelli per la fondazione di questo marchio iconico, affronta questa nuova sfida dello specialty coffee mettendoci la faccia: il coraggio è una delle sue caratteristiche, dice, “avendo lavorato per oltre 25 anni al pronto soccorso del più grande ospedale del Mezzogiorno, il Cardarelli, non c’è niente che mi spaventi”.

E da questo suo passato professionale di medico chirurgo, trae la sua forza nel pensare anche a realizzare progetti per la sostenibilità sociale sul territorio e nel guardare senza pregiudizi e preconcetti al futuro dell’azienda famigliare. Da qui, la svolta, così l’ha definita lui, la rivoluzione, del caffè napoletano.

Mario Rubino, con Sapiente si riscrive un po’ la storia, come ha detto lei: perché un’azienda che registra grandi volumi ed entra in tutte le case degli italiani, dovrebbe e può fare specialty?

“Perché proprio un’azienda che fa grandi volumi come noi e tante altre in Italia, hanno l’expertise per parlare anche di specialty. Mi sembra più strano il contrario, ovvero che le piccole imprese oggi, possano entrare in questo mercato internazionale, senza contare su un bagaglio culturale e pretendere di dettare legge.

Invece sono proprio le realtà grandi come la nostra a dovere portare l’artigianalità alla ribalta. Kimbo ha accettato di fare questo, dando la garanzia di un prodotto di qualità legato ad un marchio riconosciuto. È quindi molto importante ritornare al passato e ricominciare da capo per delle aziende come Kimbo che sono passate dalla fase artigianale a una più industriale: torniamo quindi all’inizio, senza dimenticarci ovviamente del know-how fin qui appreso.”

Per creare questa linea, avete pensato ad una micro roastery dedicata: Mario Rubino la racconta. Quando sarà ultimata?

“Al momento è ancora un cantiere all’interno della nostra sede produttiva. È un locale a parte che sarà poi integrato con delle piccole tostatrici da 5 ai 10 chili, con una linea di confezionamento, tostatura e macinatura a mano e una parte dedicata all’assaggio per dare valore a ciascun caffè. Installeremo anche delle celle frigorifero per garantire un ambiente adatto alla conservazione di questa materia prima pregiata. Speriamo che sia ultimato già a settembre-ottobre.”

Artigianalità: è questo il filo conduttore tra 2 prodotti apparentemente agli antipodi, come Sapiente e Antica Miscela 1963?

“Innanzitutto abbiamo lanciato uno specialty in miscelazione e soprattutto abbiamo voluto dare pari dignità ad Arabica e Robusta: esistono Robusta davvero eccellenti, al pari di ottime Arabica. Abbiamo voluto così portare una novità nello specialty, che, di per sé, è già innovazione.

Le aziende però devono pensare anche alla tradizione: non si possono scindere questi due aspetti, così come stiamo facendo noi. Come grande azienda ci interessiamo al recupero di questa miscela tradizionale e al contempo una nostra parte più piccola si dedicherà all’innovazione con lo specialty, tutto però all’insegna dell’artigianalità.

In questo percorso c’è stata una scoperta anche per noi, che conferma ancora una volta lo spirito innovativo di Kimbo sin dagli anni della fondazione dell’azienda: pensavamo di trovare una prima miscela con tanta Robusta e siamo invece rimasti stupiti di trovare un 100% Arabica, il che testimonia uno spirito pioneristico dei Rubino già all’epoca, quando la scelta dell’Arabica, Napoli, negli anni Sessanta, era certamente ancora più insolita.”

Entrate nello specialty oggi che il mercato vive una profonda crisi: Kimbo come sta affrontando fin qui questo contesto, avete rialzato o rialzerete ulteriormente i prezzi? Siete cresciuti del 7,7% di fatturato nel 2024 a 208 milioni…

“Come tutti i grandi torrefattori, anche noi abbiamo dovuto attuare alcuni aumenti di prezzo. L’andamento del mercato del caffè crudo è stato talmente imprevedibile che, ogni volta che avevamo studiato un budget, poi abbiamo dovuto di nuovo fare i calcoli, con una inevitabile ricaduta anche sui prezzi di vendita al consumatore finale.

La nostra promessa però è che, qualora rientrasse la situazione critica, faremo di tutto per tornare ai prezzi precedenti: lo trovo giusto nei confronti dei nostri clienti, nel rispetto di chi ha sempre messo fiducia nel nostro marchio e nella nostra qualità.

Abbiamo retto bene fin qui, consumando il tesoretto di famiglia e con la fiducia concessaci dalle Banche nel nostro brand. Nella mia visione, una crisi per noi può essere anche fonte di opportunità. Bisogna quindi sempre credere nel potenziale della nostra azienda.”

Quali sono i prossimi mercati in cui Kimbo vuole penetrare considerati anche i dazi e l’EUDR?

Mario Rubino anticipa: “Prima di tutto pensiamo ad HostMilano a ottobre, con nuovi prodotti che parlano di caffè ma non sono caffè. Ne riparleremo. La Polonia poi, è un Paese in cui Kimbo è diventato il caffè principale e quindi continueremo a investire lì.

Solitamente questa è la nostra strategia: decidiamo dove puntare in modo massivo per creare una marca in quella zona per poi passare ad altre. Così siamo già presenti negli USA, in UK, in Francia, nei Balcani, e anche in parte nella Cina e nel Giappone: in questi ultimi mercati ci troviamo ancora ad un livello embrionale e probabilmente penetreremo meglio con gli specialty. Magari un giorno diventeremo il caffè matcha del Giappone, chissà.

Per quanto riguarda i dazi: non è una croce. Se un problema è di tutti, lo si affronta insieme. Si potrebbe pensare a produrre negli Stati Uniti ma sicuramente non è qualcosa che si organizza dall’oggi al domani. Non è detto neppure che sia una mossa strategica corretta.

L’EUDR mi spaventa solo per il fatto che forse non si avrà una certificazione che deriva da un controllo adeguato, ma che diventi un’altra complicazione, quasi una speculazione. Intanto ci fidiamo, dobbiamo sicuramente allinearci e siamo felici di farlo. Sarà cosa davvero giusta? Ancora non lo so. Lo vedremo.”

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