mercoledì 10 Aprile 2024
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Simonelli Group, l’ingegnere Lauro Fioretti spiega facile: “L’elettrochimica applicata al caffè con il prof. Christopher Hendon per scoprire il flavor”

Christopher Hendon, professore presso l’Università dell’Oregon (Usa), è stato selezionato tramite un bando a cui hanno partecipato tre progetti di ricerca: il suo si è distinto tra gli altri proponendo un metodo basato sull’elettrochimica che prevede l’applicazione di una tensione variabile al caffè tramite elettrodi per l'analisi dei parametri qualitativi in tazza e distinguere il grado di tostatura, la chiara dalla media dalla scura. L'obiettivo è avere informazioni sul flavor, la parte volatile, acido e amaro. Le sinergie tra analisi sensoriale ed elettrochimica

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MILANO – La ricerca e lo sguardo rivolto al futuro sono senza dubbio tra i valori fondanti di Simonelli Group (macchine professionali Nuova Simonelli e Victoria Arduino) che in quest’ottica ha voluto l’apertura del suo Campus a Belforte del Chienti (Macerata): un polo di riferimento per la ricerca e la formazione intorno al caffè che ha ospitato, lo scorso novembre, un summit di rilevanza internazionale in collaborazione con SCA, Specialty coffee association.

In questa occasione, i circa 70 partecipanti hanno potuto assistere alla presentazione del nuovo Coffee Value Assessment (CVA) di SCA e a quella dello studio condotto da Christopher Hendon, associate professor of chemistry per l’Università dell’Oregon, su nuovi strumenti di analisi dei parametri del caffè.

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Per spiegarne le origini, lo stato attuale e le potenzialità, il trainer e ricercatore ingegner Lauro Fioretti.

“Abbiamo iniziato questo studio ormai qualche anno fa, in pieno Covid e con varie forzate interruzioni, insieme alla Coffee Science Foundation che si occupa di ricerca all’interno di SCA.

L’obiettivo condiviso sin da subito era la scoperta di un nuovo modo di misurare il caffè, in particolare l’espresso, tramite la mappatura di determinate caratteristiche utili a completare le informazioni di cui disponiamo al momento.

Ad oggi ci basiamo infatti sulla brewing chart e l’unico parametro scientifico fruibile, al di fuori dell’analisi sensoriale, è il TDS: questo è il solo riferimento per l’operatore dietro al bancone con l’ausilio di un rifrattometro.

Il TDS, tuttavia, restituisce un’informazione generica sulla concentrazione dei solidi disciolti nell’acqua, senza dirci niente di più sulla loro composizione specifica. Possiamo quindi avere due caffè con lo stesso valore di TDS ma con profili sensoriali completamente diversi.

Lauro Fioretti: “Partendo proprio da questi presupposti, abbiamo voluto approfondire questo aspetto.“

“La ricerca portata da Christopher Hendon è stata commissionata da Simonelli Group in collaborazione con SCA proprio al fine facilitare e rendere più preciso il settaggio della ricetta espresso.

Christopher Hendon, professore presso l’Università dell’Oregon negli Stati Uniti, è stato selezionato tramite un bando a cui hanno partecipato tre progetti di ricerca: il suo si è distinto tra gli altri proponendo un metodo basato sull’elettrochimica che prevede l’applicazione di una tensione variabile al caffè tramite elettrodi.

Si tratta di una tecnica già usata in altri processi, ad esempio la cromatura e la doratura, la produzione di pastiglie dei freni e le batterie.

Nell’esperimento presentato da Christopher Hendon è stato generato un segnale elettrico con un potenziostato a degli elettrodi composti di un materiale particolare, variando il voltaggio – prima positivo e poi negativo – per creare così delle curve cicliche. In base alle sostanze contenute nel caffè, che sono più o meno conduttive e più o meno concentrate, in questo modo si ottengono delle reazioni differenti all’elettricità.

Come avviene nel magnetismo, la reazione determina una curva particolare che si chiude su sé stessa. Alla fine di più cicli, quello che si ottiene è un profilo composto da diverse sezioni, ciascuna corrispondente a determinate sostanze, come una vera e propria mappa.

Per ora siamo ancora in uno stadio di calibrazione dello strumento, che si è dimostrato in grado di distinguere il grado di tostatura, la chiara dalla media e dalla scura. E dato che le caratteristiche aromatiche si sviluppano diversamente in base al livello di cottura del chicco, questo si riflette poi nelle curve.

Con questo strumento siamo in grado di individuare le zone di concentrazione, ad esempio degli acidi clorogenici o della caffeina, all’interno della curva: parliamo di composti che finora non è stato possibile misurare con il solo TDS.

L’ideale sarebbe riuscire anche a tracciare e fornire informazioni sulla parte volatile, ma siamo ancora in una fase embrionale. Per ora il nostro intento era quello di verificare che il processo fosse replicabile ed in grado di distinguere tra caffè diversi e profili differenti, individuando delle zone con una concentrazione di acidi e caffeina. Ce l’abbiamo fatta ed ora stiamo lavorando alla parte legata al flavor.

Durante il Coffee educator summit, in una sala con 70 persone formate e professionisti, abbiamo svolto un test

Il professor Christopher Hendon dell’Università dell’Oregon espone il suo nuovo metodo (foto concessa)

Continua il racconto l’ingegner Lauro Fioretti: “Il test consisteva nell’assaggio di cinque tazzine diverse di espresso diluito in maniera adeguata a poterne distinguere meglio l’aroma. L’esperimento è stato condotto da un istituto di analisi sensoriale americano che collabora con Christopher Hendon e guidato dalla professoressa Elisabeth Tommasini, con il supporto di Camilla Sartori, studentessa phD che ha allestito il test alla cieca, fornendoci le istruzioni, servendo le tazze, spiegando la scheda e occupandosi della nostra calibrazione.

Abbiamo valutato acidità, corpo, mouthfeel, flavour e abbiamo affidato le nostre osservazioni al team di Christopher Hendon, che ora sta confrontando i risultati delle schede da noi compilate con quelli effettuati con l’elettrochimica. Ancora una volta l’obiettivo è quello di verificare se e quali sinergie si possano stabilire tra analisi sensoriale ed elettrochimica.

In parallelo all’estrazione del caffè per gli assaggi, una parte è stata inviata in provette negli Stati Uniti per essere analizzata con il gascromatografo e l’elettrochimica.

Ci aspettiamo di avere risultati riproducibili e distinguibili, che ci permettano di avere informazioni anche sugli aspetti gustativi ed olfattivi. Se riusciremo in questo intento, potremo avere tra le mani uno strumento portatile dal costo contenuto, facile da usare, e quindi una nuova brewing chart di riferimento, più potente e dettagliata rispetto al solo TDS.

Con questo tool innovativo, potenzialmente il barista potrà regolare con più consapevolezza la dose, la macinatura, i parametri della macchina, per migliorare l’estrazione finale.

Affidandoci al solo TDS, oggi, non riusciamo ad individuare le sostanze disciolte nel caffè estratto: con questo nuovo strumento potremmo individuare e misurare con maggiore precisione amaro, acido e gli altri flavor.

È molto importante sottolineare che parte del progetto è patent free: i risultati dello studio vengono infatti regolarmente pubblicati sul nostro sito per poter essere consultati liberamente.”

L’ingegner Fioretti:” Ovviamente questa novità non sostituirà il lavoro dell’assaggiatore”

“Pensiamo soltanto al fatto che aziende multinazionali e Università lavorano da tanti anni sulla tecnologia del naso elettronico e che ne esistono anche di iper-sofisticati nei nostri laboratori: sono macchine da diverse centinaia di migliaia di euro che, nonostante siano tra le più avanzate, al momento non sono in grado di sostituire la complessità del naso umano.

Quindi sicuramente il lavoro del cup taster rimarrà a lungo discriminante nell’assaggio. Il TDS è un supporto al cupping, ma se un giorno riuscissimo ad avere altre informazioni ed elementi sull’amaro, sull’acido, sulla caffeina e poi su qualche altro gruppo di flavor, potremmo ottenere un’estrazione meno legata alla soggettività di chi assaggia.

L’obiettivo ultimo è quello di ottenere dei dati quanto più oggettivi possibile che possano guidare verso una migliore definizione della tazza dando al barista informazioni in più rispetto a quelle che oggi fornisce il TDS: tutto ciò non sostituirà l’essere umano, il suo naso, la sua bocca, il suo cervello, ma sicuramente una maggiore qualità e profondità delle informazioni permetterà di fotografare più nel dettaglio il caffè e adattarne l’offerta ai diversi mercati e clienti.”

Come si collega tutto questo al nuovo C.V.A. (Coffee Value Assessment)?

“Partiamo dalla scheda di cupping del 2004, in cui ci sono elementi oggettivi e soggettivi: le scale di intensità verticali sono oggettive e quelle orizzontali sono qualitative e spesso legate alla soggettività di chi assaggia.

Il nuovo CVA abbraccia tutte le culture e tutti i caffè, dando una visione più completa del caffè, con 4 assessment diversi e non più un singolo cupping form. Nei nuovi assessment, quando si fa una valutazione, si considerano gli elementi della scala di intensità verticale modernizzata con range differenti, separandola però dalla parte affettiva, che si riferisce invece alle scale orizzontali un po’ rimodulate e aggiornate.

Nell’affettiva ci si può orientare nella valutazione in base al mercato e alla cultura di riferimento e poi decidere ad esempio qual è il caffè più adatto ad un milk beverage o ad un signature drink.

E a questo proposito, lo strumento che stiamo mettendo a punto con Christopher Hendon sarebbe perfetto: un metodo nuovo che aiuterebbe molto a definire il caffè giusto per la sua funzione e come ingrediente.

Dove arriveremo? Non lo sappiamo ancora: di certo il prossimo anno dovrebbe concludersi lo studio e, in base ai risultati di questa fase iniziale, decideremo come proseguire. Per ora abbiamo messo delle basi solide e il confronto con l’analisi sensoriale ci darà un ulteriore indizio importante su come si sta sviluppando la ricerca.”

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