domenica 25 Maggio 2025

IPA Porcellane, 70 anni di attività, Amedeo Sala: “Possiamo definirci dei sarti che cuciono tazze fatte su misura e accessibili a più clienti”

Il general manager: "Mi auguro nel lungo periodo, che IPA continui con il suo Made in Italy, innovazione tecnologica, sviluppo sul territorio e famiglia. Fare ricerca rispondendo alle nuove esigenze e mode: il mondo del caffè ancora oggi continua a chiedere di trasformare un oggetto tradizionale come la tazzina."

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USMATE VELATE (Monza Brianza) – IPA Porcellane, da tre generazioni nel campo della produzione di tazzine, nel 1955 parte con la realizzazione di statue artistiche di porcellana per poi impiegare il know-how a servizio dell’HoReCa. Dal fondatore Egidio Sala, all’attuale general manager Amedeo Sala, la ricerca del prodotto perfetto – per quanto impossibile – resta il trait d’union di questa realtà che è passata dalla sua forma artigianale a quella industriale.

Ora IPA Porcellane ha una capacità produttiva di 80.000 pezzi giornalieri.

70 anni di IPA Porcellane: da dove siete partiti e sino a dove siete arrivati?

“Per raccontare la nascita di IPA Porcellane bisogna partire da una figura centrale: mio nonno, Egidio Sala. La sua prima attività era legata alla produzione di tubi di cartone, molto richiesti all’epoca. L’ingresso nel mondo della porcellana avviene quasi per caso, grazie al fratello mia nonna, Franco, che già lavorava nel settore a Usmate, storica culla della porcellana in Lombardia. Da quella collaborazione nasce nel 1955 IPA porcellane, e con essa un’avventura imprenditoriale che unisce spirito artistico e visione industriale.

Un’immagine delle artiste (foto concessa)

All’inizio realizzavamo statue in stile Capodimonte, interamente modellate e decorate a mano da un gruppo di artisti e artigiani. Erano vere opere d’arte.

ipa
Foto dei tunnel (foto concessa)

Poco dopo, Franco ed Egidio si separano in modo sereno e, all’inizio degli anni ’60, mio nonno dà libero sfogo al suo genio industriale: inventa macchine di tornitura e decorazione, acquista un grande forno a tunnel e inizia così la produzione di articoli destinati al mondo HoReCa, inizialmente focalizzati sul servizio da tavola.

Negli anni ’60, il catalogo era più ampio – come molti nel settore proponevamo anche piatti e servizi completi – ma con il tempo abbiamo deciso, a fine degli anni ‘60, di focalizzarci esclusivamente sul mondo della torrefazione: tazze e relativi accessori.

Nella torrefazione, la tazza non è solo uno strumento di servizio, ma diventa un mezzo per comunicare l’identità del brand, con esigenze funzionali precise: un equilibrio sottile tra estetica e performance tecnica. Inizialmente, proponevamo i nostri design ai clienti mantenendo un livello di personalizzazione attraverso il decoro.

Tazze personalizzate (foto concessa)

Successivamente, dagli anni ‘90, i torrefattori più grandi e più attenti hanno iniziato a curare la resa in tazza, chiedendo degli oggetti su misura per le loro miscele. Oggi giorno, possiamo definirci dei sarti che cuciono tazze su misura accessibili anche per clienti di medie dimensioni (https://ipaporcellane.it/su-misura/).

Tazze in evoluzione (foto concessa)

Essere focalizzati su una nicchia ci ha permesso di diventare estremamente efficienti, mantenendo la produzione in Italia, nel nostro stabilimento di Usmate – rendendoci l’unica fabbrica al mondo esclusivamente specializzata in torrefazione.

L’evoluzione tecnologica – insieme all’arte – è parte del nostro DNA.

Dagli anni ‘80 abbiamo sviluppato internamente macchinari per l’applicazione automatica delle decalcomanie, un tempo fatte a mano – negli anni abbiamo continuato a costruire macchine, l’ultima per la decorazione è stata inaugurata questo mese. Oggi, grazie a sistemi progettati nel nostro studio ingegneristico, stampiamo e applichiamo i decori in modo rapido e preciso. Questa trasformazione è nata da un’esigenza concreta: produrre 300.000 tazze decorate a tutta fascia per un grande cliente in soli tre mesi.

Anche la movimentazione dei carichi è un ambito in cui abbiamo innovato molto, a partire dai primi anni 2000: abbiamo creato linee automatiche per il trasporto dell’impasto verso i torni (dove formiamo le tazze), delle tazze non cotte verso la smaltatura, fino alla linea automatizzata di carico dei forni, dove i pezzi cuociono a 1400 °C per un giorno intero.

Movimentazione dei carichi (foto concessa)

I nostri forni stessi sono cambiati: siamo passati da forni a tunnel – lunghi da settare e difficili da gestire – a forni a camera, più flessibili e affidabili, che ci hanno permesso di affrontare periodi difficili come il Covid e la crisi energetica con maggiore agilità. Attualmente stiamo studiando ed analizzando forni a camera più innovativi in modo da migliorare ulteriormente l’efficienza energetica.

I forni (foto concessa)

Inoltre, introduciamo finiture e tecnologie che possano dare sempre più opzioni di decorazione ai nostri clienti, non da ultimo l’introduzione della stampa 3D per creare tazze incise sempre più estreme.

Sviluppiamo quasi tutte le nostre tecnologie in house, su misura per le nostre esigenze. È una scelta precisa, coerente con la nostra identità: lavoriamo per una nicchia, e ciò che facciamo deve rispondere a standard molto alti. Questo know-how proprietario è ciò che ci rende più agili, più veloci e più vicini ai nostri clienti.

Oltre a tecnologia e arte, un altro tratto importante del nostro DNA è la centralità della famiglia. Siamo un’azienda famigliare arrivata alla terza generazione. Oggi in azienda, abbiamo Riccardo e Roberto (coCEOs) io e le mie due cugine Sarah e Alice che si occupano rispettivamente di gestione della produzione e grafica.”

Com’è il mercato di aziende come la vostra in Italia e all’estero? C’è molta competizione?

“La produzione in Europa e in Italia è diminuita negli ultimi decenni. In Confindustria ceramica, i produttori di tazze italiani sono solo tre. Sicuramente esistono competitor che importano prodotti. Al tempo stesso, stiamo notando un trend: la richiesta da parte dei clienti di avere sempre più flessibilità, personalizzazione, un prodotto di qualità e durevole e un accorciamento della filiera produttiva per rispondere anche più velocemente ai cambiamenti di mercato – oramai diventati una norma nel settore.

Da un punto di vista dell’export, da sempre abbiamo visto le nostre tazze andare in tutte le parti del mondo tramite i nostri clienti e i lori processi di internazionalizzazione. Negli ultimi 5 anni, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’esportazione diretta raddoppiando il suo peso nel fatturato totale e abbiamo piani per aumentare sempre più questa quota.

Da un punto di vista di fatturato totale, l’anno scorso abbiamo raggiunto i 12 milioni di euro, registrando comunque una crescita che ci conforta rispetto a tutte le difficoltà affrontate sino ad oggi.”

In quante torrefazioni italiane e in quante nel mondo arrivano le tazzine IPA

“Data la lunga esperienza nel settore, posso dire che abbiamo raggiunto quasi tutte le torrefazioni italiane nella nostra storia. Ad oggi, nel 2025, abbiamo venduto a più 500 torrefattori diversi e negli ultimi 3 anni a più di 1.000 aziende. Attualmente vendiamo in 54 paesi dove i mercati più importanti, oltre all’Italia, sono Francia, Germania, Benelux e Svizzera. Oltre a questi, ci stiamo focalizzando per espandere la nostra presenza anche in nuovi mercati emergenti.”

Quanto deve incidere il design e quanto invece la funzionalità nel risultato finale?

“Entrambi i fattori sono estremamente importanti. È vero che il design di decoro e di forma è distintivo, rappresenta un veicolo potentissimo in termini di comunicazione del brand. Non ci si deve però scordare che si tratta di uno strumento di lavoro e deve poter rispondere a determinate funzioni: quando lo si utilizza in caffetteria, la tazza deve essere performante nel servizio e nel lavaggio – a volte vedo delle tazze che in realtà sono più adatte ad un utilizzo domestico.

La progettazione (foto concessa)

Quando un cliente propone un determinato design, noi cerchiamo di dare consulenza per trovare il giusto equilibrio, i nostri modellisti hanno molta esperienza e si portano sulle spalle il know-how di tanti progetti. La tazzina perfetta in assoluto non esiste, ma si può trovare la tazza perfetta per la singola esigenza valutando tutte le variabili.”

I materiali e il dispendio energetico sono un tema caldo se si considera la sostenibilità: voi come vi state muovendo?

“Chiaramente la sostenibilità si esprime in diversi ambiti. Dal punto di vista ambientale, abbiamo grande attenzione all’uso delle materie prime e dell’acqua. Riusciamo a riutilizzare all’interno della nostra produzione, intorno all’85% degli scarti di produzione e in più, abbiamo un sistemo di riciclo dell’acqua tale per cui, l’unica acqua che scarichiamo nella rete fognarie, è quella delle utenze.

Per quanto riguarda il consumo energetico, il sistema di automatizzazione dei carichi dei forni ci permette di ottimizzare le cotture al massimo: più tazze si cuociono in una volta, meno energia si usa per tazza. In aggiunta, stiamo analizzando i materiali isolanti per migliorare ancora di più l’efficienza dei forni.

Inoltre, l’utilizzo di porcellana dura feldspatica (cotta a 1.400°), l’applicazione di decorazioni in-glaze e un occhio attento al design to last nella fase di progettazione fa durare i nostri prodotti a lungo.

Per quanto riguarda invece l’impatto sociale, spingiamo nello sviluppo del lavoro nella nostra area di riferimento. Nella nostra storia abbiamo impiegato oltre 5000 persone, riteniamo fondamentale creare e mantenere posti di lavoro sul territorio.

Usiamo del cartone riciclabile in mono materiale per imballare le nostre tazze, e il 60% di esse viene prodotta da una cooperativa che favorisce l’ingresso nel mondo del lavoro a persone con disabilità. Inoltre, per alcune operazioni di imballaggio e scelta del materiale utilizziamo un’altra associazione che ha anch’essa l’obbiettivo dell’integrazione di lavoratori con disabilità (la rosa blu).

La nostra sostenibilità è anche certificata da Ecovadis dove abbiamo raggiunto ottimi risultati che puntiamo ancora a migliorare.”

Arte e tazzine, un connubio che va sempre bene: voi non siete da meno con la vostra collaborazione con gli artisti.

“Personalmente, al netto del fatto che sono nato e cresciuto in IPA, la cosa che mi affascina è proprio il connubio tra arte e industria, tra tecnologia e ricerca dell’estetica. C’è una crasi unica. Oltre a questo, siamo sempre molto contenti di ospitare artisti che realizzano opere d’arte con i nostri materiali di scarto, di riciclo. Nascono delle vere e proprie collaborazioni che poi portano a prodotti commercializzabili, come nel caso del modello Costantino.

Installazione artistica (foto concessa)

Il nome di quest’ultima tazza fa capire anche la centralità della famiglia. La maggior parte dei nomi delle nostre tazze sono ispirati alle città italiane e altre sono chiamate come i membri della famiglia. Per esempio, la tazza Ottavia, uno dei nostri best seller, è il nome di mia sorella e Costantino è il nome di suo figlio.”

Quanto costa la struttura per produrre in italia?

“Troppo – scherza Amedeo – La porcellana è sempre un prodotto che richiede un’importante manodopera. Oggi siamo, tra dipendenti, agenti e collaboratori esterni, siamo 170.”

Come festeggiate i 70 anni?

“Abbiamo già fatto una cena con collaboratori più stretti e amici all’interno della fabbrica, in mezzo ai forni: è stato molto suggestivo! Proseguiremo poi nei vari appuntamenti internazionali a Ginevra a giugno, Parigi a settembre e in Germania a gennaio.

La cena aziendale (foto concessa)

Inoltre, abbiamo fatto in collaborazione con CoffeeandLucas un video che racconta la nostra storia con immagine inedite: https://www.instagram.com/p/DJjjuBEpxWj/.

Infine, regaleremo una tazza che si chiama settanta e presenteremo 3 nuove famiglie di tazze IPA.”

I prossimi 70 anni di IPA?

“Mi auguro nel lungo periodo, che IPA continui con il suo Made in Italy, innovazione tecnologica, sviluppo sul territorio e famiglia. Fare ricerca rispondendo alle nuove esigenze e mode: il mondo del caffè ancora oggi continua a chiedere di trasformare un oggetto tradizionale come la tazzina.”

La scatola della tazza dei 70 anni IPA (foto concessa)

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