giovedì 02 Maggio 2024
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Andrea Illy: “Ci concentriamo su tre elementi: agricoltura rigenerativa, Stati Uniti e Cina; investimento di un miliardo l’anno per il caffè green”

Andrea Illy: "Il rischio sistemico è la testimonianza di tutti i danni che possono accadere nel mondo in modo contemporaneo. La situazione nel Canale di Suez è tutto sommato gestibile. Per noi è un problema per l'esportazione di caffè tostato verso l'Asia, ma non vediamo troppi problemi sotto questo fronte. Di contro, per la materia prima c'è già qualche problema con gli approvvigionamenti dall'Etiopia. Ma è in generale, quando parliamo di commodity agricole, l'impatto della crisi climatica che preoccupa di più. In fondamentali, in molti casi, sono assai tirati. E bisogna adattarsi"

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Andrea Illy, presidente di illycaffè, in un’intervista pubblicata su La Stampa condotta da Fabrizio Goria, ha delineato gli obiettivi dell’azienda nei prossimi mesi. Il patron del brand ha previsto che si vedrà una crescita graduale nei consumi che andrà a superare i livelli pre pandemia. L’azienda, in particolare, si concentrerà su tre aspetti fondamentali: agricoltura rigenerativa, Stati Uniti e Cina.

Con un fondo ad hoc per la resilienza della caffè-coltura, illycaffè, scendendo nei particolari, stima circa un miliardo di dollari l’anno a regime per migliorare e rinnovare le piantagioni (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito l’intervista di Fabrizio Goria per La Stampa.

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Gli obiettivi di illycaffè

MILANO – “La crescita riprenderà vigore, ma occhio alla situazione globale. Sebbene la crisi del Mar Rosso sia gestibile, l’incertezza geopolitica rimane elevata e fare programmazione industriale resta difficile”. Andrea Illy, numero uno di illycaffè, delinea i prossimi mesi dell’economia, con un occhio al Paese e uno al resto del mondo. E sottolinea quanto sarebbe necessario puntare a investimenti sostenibili non solo “di facciata”. “Serve più parternariato pubblico-privato per il “green”. È per questo che punto a creare un fondo da un miliardo di dollari l’anno per le colture del caffè”, spiega.

L’inflazione resta a livello ancora elevato, in alcune nazioni sale addirittura. Cosa aspettarci per i consumi?

“Vediamo una crescita graduale dei consumi, che andrà poi a superare i livelli pre Covid. In generale non mi aspetto una contrazione del ciclo, anzi. In alcuni casi stiamo già vedendo un piccolo rimbalzo economico. Quello che è certo è che siamo in un periodo incerto e instabile. Quindi bisogna essere proattivi per adattarsi alle sfide globali.
Noi guardiamo a tre elementi: agricoltura rigenerativa, Stati Uniti e Cina”.

E per il caffè nello specifico?

“La nostra domanda è abbastanza anelastica. Ma c’è un aspetto positivo. Non si parla più del caffè come una commodity, come un bene utile solo a fornire caffeina per lavorare o migliorare la soglia di attenzione. Si pensa già più all’esperienza di bere un buon caffè, che non per forza deve essere meglio se “espresso”… Da prodotto funzionale il caffè è passato all’essere un prodotto esperienziale”.

La crisi del Mar Rosso quanto sta pesando sull’economia?

“Il rischio sistemico è la testimonianza di tutti i danni che possono accadere nel mondo in modo contemporaneo. La situazione nel Canale di Suez è tutto sommato gestibile. Per noi è un problema per l’esportazione di caffè tostato verso l’Asia, ma non vediamo troppi problemi sotto questo fronte. Di contro, per la materia prima c’è già qualche problema con gli approvvigionamenti dall’Etiopia. Ma è in generale, quando parliamo di commodity agricole, l’impatto della crisi climatica che preoccupa di più. In fondamentali, in molti casi, sono assai tirati. E bisogna adattarsi”.

Come?

“Adattamento dell’irrigazione, delle piantagioni, delle colture. Ma questo processo di adattamento non è gratis.

I costi di produzione aumentano mentre la produttività tende a non incrementare.
Questo si riflette sull’aspettativa futura del prezzo di quel bene”.

Come mitigare il trasferimento ai consumatori?

“Nel nostro caso con l’agricoltura rigenerativa. Meno suolo sprecato, meno emissioni, meno chimica, più qualità complessiva dei prodotti, che anche organoletticamente sono migliori”.

E meno fertilizzanti.

“Certo, fattore che ci ha permesso di produrre chicchi anche senza gli approvvigionamenti dall’Ucraina dopo la brutale invasione russa. Adesso tutti ne parlano, ma mi permetta di dire che siamo stati tra i pionieri nell’agricoltura rigenerativa”.

È Il futuro delle colture?

“Beh, consumiamo meno suolo, utilizziamo meno acqua, usiamo meno fertilizzanti, aumentiamo la biodiversità, riduciamo le emissioni, aumentiamo la cattura di anidride carbonica: mi pare che l’equazione sia chiara sembra troppo bella per essere vera, no?”.

Anche per il consumatore?

“Certo, è un modello di business che spero permetterà di avere una migliore formazione dei prezzi”.

Come investire di più?

“Utilizzando l’equity ma direttamente nei Paesi che finora sono stati lasciati indietro.
Le faccio un esempio”.

Prego.

“Con un fondo ad hoc per la resilienza della caffè-coltura, che sia un mix fra pubblico e privato che possa investire quanto necessario – stimiamo circa un miliardo di dollari l’anno a regime – per migliorare e rinnovare le piantagioni.

Uno sforzo gigantesco, ma necessario. L’obiettivo è investire denaro occidentale nei Paesi produttori per creare un circolo virtuoso vizioso di sostenibilità”.

L’Italia che ruolo può avere?

“Di primo piano. Il Piano Mattei si rivolge all’Africa, che è il continente più flagellato dal punto di vista climatico, nonché il più bisognoso di risorse. Il caffè ha già dimostrato di essere in grado di impattare positivamente sulla popolazione. Basti pensare al caso dell’Etiopia, dove c’è un decennio di esperienza in sostenibilità. Per l’Italia può essere un’opportunità importante”.

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