mercoledì 10 Aprile 2024
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ICO, parla Gerardo Patacconi sull’ipotesi di un cambio sede: “Italia buona opzione politica, economica e anche strategica”

Patacconi: “Dal punto di vista di ritorno d’immagine, un Paese che si pone sul palcoscenico mondiale del caffè acquisisce una certa rilevanza. La relazione che l’ICO ha già con l’industria e il Governo italiano, si rafforzerebbe ulteriormente, portando nuove risorse. Il Consiglio dell’ICO che si svolge due volte l’anno sarebbe un momento di aggregazione interessante per i donatori, le industrie, i Governi.”

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MILANO – Gerardo Patacconi, responsabile delle operazioni dell’International Coffee Organization (ICO) dal gennaio 2018, torna a parlare dell’ipotesi di cambio sede dell’organizzazione dal Regno Unito all’Italia, scendendo nei dettagli di questa operazione ancora in fase embrionale.

Da Londra a Roma nel 2027: Patacconi, perché l’Italia dell’espresso si candida in questo momento storico come prossima sede dell’ICO? Quali sono i vantaggi di scegliere questo Paese rispetto ad altri membri dell’Organizzazione, o la stessa Inghilterra?

“Al momento si parla ancora di un’ipotesi, ma il processo è partito sotto la spinta di due esigenze: innanzitutto è stato approvato nel 2022 il nuovo International Coffee Agreement che è attualmente in fase di ratifica. Ancora operiamo rispettando il precedente accordo del 2007 che sta per essere sostituito e questo periodo di transizione ha determinato la necessità di capire se fosse possibile rinnovare il contratto della sede londinese in scadenza.

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Tuttavia lo spazio a Londra ha bisogno di esser ristrutturato e questo non ci ha potuto dare la certezza di restare. Allora abbiamo svolto un’analisi dei costi per studiare il luogo migliore in cui l’ICO si potrebbe spostare, prendendo in considerazione i costi come l’affitto, e gli stipendi – ogni nazione ha una sua griglia di riferimento determinata dalle Nazioni Unite– e privilegiando quindi le sedi in cui esiste una forte rappresentanza diplomatica dei nostri Paesi membri (Roma, Ginevra, Londra stessa).

È stato quindi chiesto agli stessi membri, chi fosse disposto a ospitare ICO e abbiamo ricevuto per ora la proposta da parte del Governo italiano, dal Ministero degli Esteri, al fine di considerare la possibilità di trasferire la nostra sede a Roma.

Questo processo è solo il principio, perché l’Italia si coordinerà con i partner europei: l’espressione dell’interesse italiano va formalizzata rispetto alle discussioni che avverranno all’interno dei comitati specifici in seno comunitario a Bruxelles.

Altri Paesi si sono fatti avanti, senza l’ufficialità di una lettera ma mostrandosi interessati ad ospitarci.

Per ora ci stiamo organizzando per restare a Londra per altri 4 anni, ma prevedendo di dare la disdetta nel marzo-aprile del 2027 se ci fossero opzioni più convenienti da un punto di vista economico e strategico.

Nel frattempo, altri Paesi potrebbero arrivare con soluzioni alternative a Londra che siano meno costose. In Italia la spesa dell’affitto sarebbe a zero, piuttosto vantaggiosa rispetto alla cifra elevata che paghiamo attualmente a Londra, con un’incidenza sul budget del 15%, insieme alla riduzione della voce dello staff che ha stipendi molto elevati per essere proporzionati all’elevato costo della vita di Londra.

Tra Roma e Londra ci sarebbe un taglio circa del 30%.

Un aspetto che voglio chiarire: nello stesso International Coffee Agreement del 2007 e in quello successivo, si definisce la sede dell’ICO a Londra salvo che il Consiglio non decida diversamente. Il rappresentante inglese ha confermato l’interesse di mantenere l’ICO a Londra nel medio e nel lungo periodo: staremo quindi a vedere.”

Nella proposta dei Paesi membri cosa deve esserci?

“L’esempio su cui noi ci siamo basati è stato quello dell’ICCO – un processo di trasferimento durato oltre 7 anni – che si è spostata da Londra in uno dei Paesi produttori (Costa d’Avorio).

Tutto questo è avvenuto attraverso una serie di passaggi che nel caso si dovranno seguire: il primo consiste nella proposta che deve includere la messa a disposizione di uno spazio, la possibilità di interazione con la realtà locale e una serie di vantaggi relativi al Paese specifico, come costi, integrazione in un sistema più ampio internazionale, l’interesse per il caffè. Non abbiamo ricevuto ancora proposte dai Paesi d’origine ma potrebbero arrivare.

Il Consiglio poi deciderà quali proposte siano le più strategiche e vantaggiose rispetto alla partecipazione all’ICO. Voglio aggiungere che questo è un momento che vede un rinnovato interesse verso l’ICO che non c’era in passato, per via del grande impegno per rispondere alle grandi sfide del settore caffè, dalla sostenibilità, alla lotta alla deforestazione, dal reddito dignitoso per i produttori, a trasformare il settore attraverso, economia circolare, agricoltura rigenerativa e la digitalizzazione.

Sfide che siamo in grado di affrontare anche grazie all’integrazione del settore privato attraverso la task force pubblico-private con i governi ed i leader mondiali del settore. Ora ICO è molto più attraente e diversi Paesi proprio per questo si stanno offrendo per ospitarla.

È una competizione aperta e non definita: il prossimo incontro sarà a metà settembre a Londra con la riunione del Consiglio Internazionale del Caffè che sarà l’occasione per analizzare i dettagli delle proposte raccolte. A quel punto si deciderà come muoversi.”

Cosa significherebbe per il comparto caffè, già rilevante in Italia, questo cambio di sede?

“Dal punto di vista di ritorno d’immagine, un Paese che si pone sul palcoscenico mondiale del caffè acquisisce una certa rilevanza. La relazione che l’ICO ha già con l’industria e il Governo italiano, si rafforzerebbe ulteriormente, portando nuove risorse. Il Consiglio dell’ICO che si svolge due volte l’anno sarebbe un momento di aggregazione interessante per i donatori, le industrie, i Governi.”

Ma Roma è una città internazionale e strategica quanto Londra?

“Assolutamente sì. Con il grosso vantaggio che collaboriamo già con altre organizzazioni con sede a Roma come FAO e IFAD e tutti i Paesi produttori di caffè hanno già la rappresentanza diplomatica a Roma – ciascuna affiancata da uno specialista in agricoltura che potrà dedicarsi al caffè – oltre al risparmio sui costi.”

Lo sviluppo e l’impegno sostenibile sono uno dei punti di forza dell’Italia, sottolineati dallo stesso Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo Stefano Gatti: come quindi il nostro Paese avrebbe sin da ora la forza di sostenere i Paesi d’origine lungo tutta la filiera per un futuro più sostenibile economicamente e socialmente?

“Assolutamente. Esiste un grande sforzo del Ministero degli Esteri proprio sul caffè e la sostenibilità. ICO lavora con il Ministero molto da vicino e possiamo confermare che l’interesse e l’impegno italiano è tangibile per quanto riguarda il sostegno ai Paesi produttori. Siamo coinvolti direttamente con altri partner: la leadership italiana su questa materia prima è evidente e l’impegno preso a livello internazionale è esemplare.”

Lei sarebbe contento di questo cambio di sede?

“Ne sarei molto contento, al di là del fatto che sono italiano. Londra è una città bellissima ma altrettanto cara e complessa: in effetti lo staff qui abita fuori Londra e vive da pendolare. Penso in ogni caso che l’Italia sia una buona opzione dal punto di vista politico, economico e strategico.”

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