giovedì 11 Aprile 2024
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Howard Schultz: “Porto a Milano la quintessenza della nostra artigianalità”

Il sogno irrealizzato di Howard Schultz? È lo stesso dal 1983. E si avvera ora, a settembre, quando apriremo la Reserve Roastery Milano

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MILANO – In visione della prossima rivoluzione che vedrà come protagonisti i consumatori italiani da una parte e, il caffè americano dall’altro, affrontiamo l’arrivo di Starbucks in Italia, attraverso le parole del fondatore del colosso, Howard Schultz. Riportiamo un’intervista pubblicata sul portale di Vogue.

Howard Schultz, il mito del caffè americano

Certo, Seattle è il luogo dove la sua compagnia è nata e radicata, tanto da esserne diventata un simbolo. Starbucks oggi ha 350mila dipendenti – tutti tecnicamente partner –.

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Più di 28mila store nel mondo, una reputazione di azienda etica e responsabile, sia nella produzione che in larga parte finanzia, sia nell’impostazione strutturale che coniuga uguaglianza sociale e lavoro di team.

65 anni, quasi 40 passati a sviluppare e ingigantire il successo della “sua” Starbucks

Howard Schultz è il primo a dire ancora di esser di fronte al «sogno che si sta avverando».

Nel mondo, Starbucks ha 100 milioni di clienti a settimana, ha permesso a molti di capire la parabola del caffè e cambiare le loro abitudini. Quasi offrisse uno stile di vita.

Il sogno irrealizzato dal 1983

E si avvera ora, a settembre, quando apriremo la Reserve Roastery Milano.
Può spiegare meglio?

“Tutto è nato a Milano nel 1983, durante il mio primo viaggio di lavoro in Italia. Guardavo i bar, la gente. La vostra filosofia nell’affrontare il rito e i modi di gustare il caffè; l’interazione umana fra i clienti e i baristi, le abitudini e le diversità. Ho immaginato allora la Starbucks che si conosce oggi.”

Dove sarà la Reserve Roastery Milano?

“Nell’ex palazzo delle Poste che si affaccia sull’esedra di piazza Cordusio. Un luogo unico a Milano e un’architettura importante per storia e dimensioni. (oltre 2.300 metri quadrati, ndr).

Ho trascorso tre anni a passare in rassegna immobili, a scegliere i materiali, i dettagli, i partner; desidero il rispetto dello spazio, della sua luce, della sua storia. Porto a Milano la quintessenza della nostra artigianalità come produttori, per questo ho voluto che tutto fosse curato da artigiani italiani. Gli interni rispecchiano la nostra visione, nel rispetto del contesto storico e dell’atmosfera.”

Cosa troveremo nella Reserve Roastery?

“L’Italia non ha certo bisogno di un altro bar e non sono io a dire “veniamo a insegnare”. Il mio obiettivo è piuttosto proporre un’esperienza complementare a ciò che già esiste. Un Teatro del Caffè, si potrebbe dire, per raccontare la nostra interpretazione di un rito.

Come nelle altre Roastery, ci saranno allora ben visibili i macchinari per la tostatura, una vasta selezione dei nostri caffè Reserve; ampie aree di relax, la panetteria, curata da Rocco Princi. Sulla balconata ci sarà anche una vasta zona aperitivi, molto panoramica. Ma sarà anche un luogo da visitare. Semplicemente.”

Cosa andrà in scena in questo “Teatro”?

“Mentre i bar solitamente acquistano il caffè dalle torrefazioni, Starbucks si procura i migliori caffè nel mondo e li integra verticalmente nel business. Siamo cioè coltivatori, contadini-artigiani. Perché il processo è artigianale, compriamo il caffè, lo tostiamo e ne divulghiamo i valori.

La Reserve Roastery Milano racconterà tutto questo, mettendoci in più un tocco di romanticismo e di seduzione. Milano è una capitale aperta ma ipercritica. Lo ha sperimentato con il giardino di palme che avete collocato in piazza Duomo, criticato da una parte dei media.

È stata una vera sorpresa, il primo impatto con un pubblico a noi sconosciuto. Ma mi ha confermato quanto il fare sia preferibile alla staticità. Significa pensare a lungo termine per arrivare a guadagnarsi la stima della gente, che è sinonimo di successo.”

Sviluppare e implementare progetti etici è caratteristica di Starbucks. Richiami all’imprenditoria illuminata italiana, quella per esempio dei Crespi e degli Olivetti?

“Conosco poco l’azione dell’imprenditoria italiana più storica. Conosco però bene ciò che ha fatto e fa la moda per il patrimonio culturale. Mi riferisco agli interventi sponsorizzati da Brunello Cucinelli, Fendi, Diego Della Valle.

Comunque, in ogni nazione Starbucks mantiene inalterata la sua filosofia aziendale e l’impostazione strutturale. È il nostro drive, il modo di pensare che caratterizza tutti noi: significa restituire ciò che si è avuto, non solo reinvestire.”

Qualche esempio?

“Assumiamo veterani di guerra e le loro compagne/i; i dipendenti sono partner dell’azienda e diamo sostegno universitario ai loro figli.

Starbucks ha una fondazione per supportare progetti culturali e non. Sarà attiva anche in Italia?

“Certo. Abbiamo una partnership con l’Accademia Teatro alla Scala per programmi dedicati a giovani con background difficili; alla Galdus Academy, invece, finanziamo training e apprendistati per aspiranti barman e mixologist;

con la Fondazione Don Gino Rigoldi ci occuperemo di fare formazione per ragazzi provenienti da aree disagiate della città. Torniamo al caffè. Ho sperimentato qui una degustazione composta da quattro blend in una sorta di “coffee sommelier experience”.

È una Tasting Room, un’esperienza con i nostri esperti, quelli che approvano i singoli raccolti del caffè. La selezione per la Reserve Roastery avviene al pari di un enologo per i vini. Per Milano è stata creata una apposita miscela Reserve. Si chiama Pantheon.”

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