giovedì 11 Aprile 2024
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Fipe prevede il 40% di fatturato in meno nei prossimi 30 giorni per i locali

Il nuovo Dpcm lascia insoddisfatti i gestori e il settore dei pubblici esercizi. Da Confcommercio a Confesercenti, categorie in rivolta contro i limiti imposti dal dpcm sui locali. "Ennesima batosta, con queste restrizioni si fa prima a chiudere"

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MILANO – Il nuovo Dpcm di ottobre è stato firmato dal premier Conte e porta con sé delle nuove misure che sono un’ulteriore stretta alle casse di molti locali. La chiusura obbligatoria ad una cert’ora e le altre restrizioni che riguardano il servizio, lasciano l’amaro in bocca ai gestori e, ovviamente, le organizzazioni rappresentanti la categoria, non sono rimaste in silenzio. Così, Fipe-Confcommercio ha voluto commentare un contesto ormai sempre più insostenibile. Leggiamone il contenuto dall’articolo di Gabriella Cerami per huffingtonpost.it.

Fipe-Confcommercio dalla parte dei gestori

“Al posto di controllare le persone che sostavano davanti ai locali senza mascherina, il governo ha preferito colpire i pub, le birrerie e i cocktail bar che non sono certo la causa dell’aumento dei contagi Covid”. Matteo Musacci, vice presidente nazionale di Fipe-Confcommercio, a nome di tutta la categoria aveva chiesto “più controlli nella zona della movida, proprio per non colpire il pubblico esercizio che voleva continuare a lavorare in sicurezza”. Adesso con il nuovo decreto del presidente del Consiglio, che vieta di sostare davanti ai locali, viene preventivata la chiusura definitiva di molte attività.

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Anche perché, senza quest’ultimo provvedimento, veniva stimato che almeno50mila imprese avrebbero abbassato le saracinesche, tra ristoranti e bar, entro la fine dell’anno. “Questa – dice Musacci – è l’ennesima batosta per un settore che stava trainando la ripresa economica, che almeno stava galleggiando. Con queste restrizioni si fa prima a chiudere”.

Il governo tuttavia dovrebbe stanziare fondi per altre 18 settimane di cassa integrazione per un totale di tre miliardi da destinare a queste categorie duramente colpite. Ci dovrebbe essere inoltre la proroga dell’esenzione Tosap, ovvero la tasse sui tavolini. Ed è anche vero che i gestori qualche responsabilità ce l’hanno, visto che non tutti hanno sfruttato questi mesi per adeguare i propri locali.

I sindacati di categoria però respingono le accuse e non sostengono come l’assistenzialismo non basti. Ritengono piuttosto che in questi mesi abbiano fatto molto per adeguarsi alle nuove normative e all’emergenza Covid: tavoli distanziati, menù digitali, molti imprenditori hanno comprato più tavoli e si sono attrezzati con le stufette all’aperto. Ma non per tutti è possibile per ragioni di spazio. “Ci sono bar per esempio nelle città medievali o nei piccoli centri che – spiega Musacci –per ragioni di spazio, hanno tre tavoli e tutto il resto è da asporto, quindi in piedi”. Non si può fare in altro modo.

A Ferrara invece in estate è stata transennata l’area della movida e grazie allo studio di un perito, che ha indicato quante persone potevano stare in piedi rispettando le norme di sicurezza, gli ingressi erano contingenti. “È un modello che ha funzionato benissimo, che doveva ripartire questo week end di ottobre e doveva essere un modello da presentare a Torino affinché diventasse un modello Italia. Ma ora non è più attuabile perché non si può sostare davanti ai locali”.

Secondo i calcoli di Confesercenti, illustrati dal presidente Fiepet Giancarlo Banchieri, “nei giorni scorsi le nostre imprese hanno perso il 20% del fatturato, circa un miliardo di euro in un solo mese. Percentuale che nei prossimi 30 giorni, per le attività costrette alla chiusura anticipata, salirà fino a toccare il 40%”.

Crisi che coinvolge anche i ristoratori, penalizzati perché non sarà più possibile organizzare feste con i più di trenta persone

Così anche Michele Boccardi, presidente di Assoeventi, l’associazione di Confindustria dei settori Events, Luxury e Wedding, se la prende con l’esecutivo: “È assurdo fissare un numero arbitrario, per giunta così basso, di persone che possono partecipare ad un evento senza considerare le dimensioni e le caratteristiche della struttura che ospita quell’evento. Un vero e proprio lockdown per i matrimoni. Sarebbe stato più semplice se il Governo ci avesse detto direttamente di chiudere le nostre imprese”.

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