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MILANO – L’Eudr mette in crisi ancora una volta in crisi la maggioranza Ursula ed evidenzia il passaggio strisciante, in seno al parlamento europeo, verso quella che qualcuno ha ribattezzato la “maggioranza Giorgia”. Il Partito popolare europeo – come osservava la settimana scorsa David Carretta su Start Magazine – ha votato il pacchetto “Omnibus I”, che semplifica sostanzialmente gli obblighi di rendicontazione e due diligence sulla sostenibilità, assieme alle destre, “rifiutando qualsiasi compromesso con gli altri gruppi che formano la maggioranza pro-europea al Parlamento europeo”.
La “maggioranza Ursula” è formata dai gruppi politici che hanno sostenuto von der Leyen nel primo e nel secondo mandato.
“Oltre al Ppe, la sua famiglia politica, ci sono i Socialisti & Democratici (S&D) e i liberali di Renew, a cui spesso si aggiungono i Verdi – continua Carretta – Sono loro che hanno garantito a von der Leyen i voti necessari per essere rieletta come presidente della Commissione e per confermare tutto il collegio dei commissari”.
Ma il rafforzamento delle destre alle elezioni europee del giugno 2024 “ha offerto al Ppe l’occasione di trovare una maggioranza alternativa per portare avanti i suoi obiettivi”, che assomiglia, in parte, a quella che regge il governo Meloni.
A formarla, oltre al Ppe, i gruppi dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), dei Patrioti (Patriots) e dell’Europa delle nazioni sovrane (Ens), che insieme hanno di 190 seggi sui 720 del Parlamento europeo, cui vanno sommati i 188 seggi del Ppe, per un totale di 378 voti.
Comunicaffè non entra mai nel merito delle questioni politiche
Se abbiamo fatto un po’ di conti – prendendo a prestito i calcoli e le riflessioni di uno dei più competenti giornalisti italiani in materia di affari europei – è semplicemente per spiegare un po’ meglio ciò che è accaduto e ciò che potrebbe accadere ancora nel tormentato iter dell’Eudr.
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