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MILANO – Cosa succederà all’Eudr dopo il nuovo rinvio di un anno dell’entrata in applicazione richiesto – questa volta – dalla stessa Commissaria europea per l’ambiente, Jessika Roswall. Rinvio motivato ufficialmente da problemi nella gestione della piattaforma informatica. Ma che appare, in realtà, una mossa tattica volta a prendere tempo per modificare più in profondità l’impianto della norma, sempre contestatissima e divisiva, a dispetto delle pur rilevanti semplificazioni già introdotte la scorsa primavera.
Dopo avere ribadito, che lo stop di un anno avrebbe motivazioni puramente tecniche, Roswall non ha infatti escluso la possibilità di riaprire il regolamento, sebbene un alto funzionario abbia successivamente chiarito e ridimensionato le sue parole. L’annuncio è stato accolto da molte parti con soddisfazione, ma non sono mancate le note critiche e anche ironiche.
“Ci sono due opzioni: o si tratta di un vero problema tecnico, nel qual caso è deplorevole che la Commissione, a tre anni dall’adozione del testo, abbia ancora tali problemi, o si tratta solo di un pretesto”, ha dichiarato a Euractiv Pascal Canfin, negoziatore di Renew sull’Eudr.
“La seconda opzione è che si tratti solo di un pretesto”, ha aggiunto, facendo riferimento all’accordo commerciale Ue-USA firmato ad agosto.
Forti pressioni e nuovi accordi commerciali
La dichiarazione congiunta sull’accordo quadro sottoscritto tra Usa e Unione Europea riconosce infatti che la produzione di importanti materie prime nel territorio degli Stati Uniti pone un rischio trascurabile alla deforestazione globale e impegna dunque l’Ue a rispondere alle preoccupazioni dei produttori e degli esportatori statunitensi relative all’Eudr, nell’intento di evitare un impatto eccessivo e immotivato sul commercio Usa-UE.
Tra i paesi extra-Ue particolarmente critici nei confronti dell’Eudr c’è anche l’Indonesia, con la quale l’Unione ha appena concluso un accordo di libero scambio, che elimina oltre il 98,5% dei dazi doganali, rimuovendo quasi tutte le barriere commerciali.
E lo stesso Brasile: il ministro dell’agricoltura brasiliano Carlos Fávaro ha dichiarato, l’anno scorso, a Bloomberg: “Non vogliamo sacrificare le nostre foreste per la crescita economica, ma l’Europa sta oltrepassando la sovranità brasiliana e prenderemo provvedimenti contro la legge”.
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