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martedì 10 Dicembre 2024
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Eastern Leaves: così il tè coltivato nella foresta di Nannuo in Cina s’assaggia presso la sala di Milano

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MILANO – Per conoscere Eastern Leaves bisogna andare indietro sino al 2014, quando Vivian Zhang e Lorenzo Barbieri acquistano il loro primo appezzamento di terra sul monte Nannuo, l’ultimo lembo di Cina nascosto tra una fitta coltre di nuvole, ricco di risorse naturali e culturali, contaminazione etnica, e un tè da secoli coltivato in foresta. Si tratta di un terroir antico per il tè, che rischiava di essere acquistato per essere dedicato all’allevamento, o per essere sfruttato per una coltivazione intensiva.

Raccontano i fondatori di Eastern Leaves: “Così, con un pizzico di follia, è iniziata la nostra avventura.”

L’azienda è un continuo tra l’arte classica di Vivian, in quel momento già professionista del tè diplomata all’accademia di Kunming, e Lorenzo, che porta il suo punto vista europeo e di professionista nella gestione aziendale.

Dopo una prima fase come progetto privato e personale, si sono innamorati di questo stile di vita e ne hanno fatto un’azienda che si assumesse la responsabilità verso chi si prende cura della terra. Si trattava al tempo di un settore estremamente in erba, che tuttora si appoggia molto all’aiuto degli esperti, i cosiddetti sommelier, appassionati conoscitori che condividono la storia e l’importanza culturale del tè, come fecero un tempo monaci buddisti e letterati erranti, e così come è avvenuto al vino nell’epoca pre-connoisseur.

Eastern Leaves: i vostri tè sono etichettati come “foresta selvaggia” o “alberi antichi”. Ci spiegate cosa significa questa definizione nel dettaglio e cosa cresce nella vostra piantagione?

Gli alberi da tè nella foresta (foto concessa)

“Eastern Leaves è la traduzione inglese del nome cinese dell’azienda, Dōngfāng Dàyè 东方大叶。La lingua cinese, in grado di racchiudere un mondo di significati in un limitato numero di tratti, ci rivela un valore aggiunto più difficile da trasportare nella traduzione occidentale.

Il termine Dàyè 大叶, letteralmente “foglie grandi”, è qui un concetto chiave che identifica una varietà specifica di pianta da tè, meglio conosciuta in occidente come la varietà Assamica di Camellia sinensis. Si tratta di una pianta di tè originaria dello Yunnan, di portamento e foglie più grandi rispetto alla sua controparte più conosciuta e diffusa in Cina, la varietà sinensis. Queste foglie voluminose non derivano da piccoli cespugli, ma da alberi di tè alti anche una decina di metri.

Infatti il tè, nella sua versione più naturale e primordiale, è un albero che può raggiungere diversi secoli di vita, circondato da un complesso e delicato ecosistema selvatico. In questo contesto, che amiamo definire foresta più che piantagione, l’intervento umano è limitato al controllo delle piante infestanti, lasciando che il sottobosco conservi la propria complessità: nella nostra foresta, infatti, gli alberi da tè convivono con diverse varietà di piante medicinali e alberi da frutto.

Le nostre foglie di tè dunque crescono in questo ambiente ricco e complesso, e ogni anno ci regalano, a seconda della lavorazione, i nostri tè bianchi, pu’er, e rossi.

Accanto all’appezzamento forestale sul monte Nannuo, che si estende lungo tutto il suo picco, chiamato Bama, gestiamo un appezzamento di terra sul monte Lunan, a poca distanza da Nannuo, dove crescono alberi secolari di età compresa tra 200 e 500 anni.”

Date la possibilità di acquistare una cake di foglie pressate o il classico formato di foglie sfuse: in base a cosa consigliereste un prodotto piuttosto che l’altro, a seconda delle loro caratteristiche?

“Le cake, o torte, di foglie di tè pressate (dal cinese bǐng 饼), sono foglie di tè che dopo l’essiccazione finale, ultima fase di produzione di qualsiasi categoria di tè, vengono ammorbidite tramite un veloce getto di vapore e infine pressate a pietra o a macchina allo scopo di conservarle nel tempo.

eastern leaves
Torta pressata di tè pu’er (foto concessa)

Questo formato nasce per facilitare il trasporto e la conservazione delle foglie, ed è tuttora il miglior modo di invecchiare il tè in maniera naturale. Proprio come succede con il vino, anche il tè ha ottime potenzialità di invecchiamento, e il collezionismo di tè pressati, già presente in Cina da diverse decadi, sta prendendo piede anche in occidente tra gli esperti di settore.

Il formato pressato offre le migliori potenzialità di sviluppo delle note aromatiche durante l’invecchiamento, perché mantiene le foglie vicine le une alle altre, favorendo il naturale processo di fermentazione.

Non tutti i tè però hanno la stesso potenziale di invecchiamento: pu’er e tè bianchi sono sicuramente i più adatti, tanto che in Cina esiste il famoso detto: 一年茶,三年药,七年宝 Yī nián chá, sān nián yào, qī nián bǎo, “dopo un anno è tè, dopo tre anni è medicina, e dopo sette anni è un tesoro”.

Le torte pressate sono quindi il formato ideale per chi desidera lasciar invecchiare il proprio tè per diversi anni, per poi aprirlo quando il suo sapore fresco e lievemente astringente avrà acquisito la complessità di sottobosco tipica della fermentazione. Anche le foglie sfuse possono invecchiare, ma sono generalmente più adatte ad un consumo frequente.”

Vi occupate anche di formazione: potete fare un paragone tra Italia e Cina su questo piano?

“Il nostro progetto formativo Eastern Tea Academy nasce subito dopo l’apertura della nostra sala da tè a Milano in Via Macedonio Melloni 32, alla fine del 2019, quando ci siamo affacciati verso un mercato molto curioso ma poco formato nel settore dei tè cinesi.

Da allora, abbiamo continuato i nostri corsi online, per raggiungere una comunità internazionale in continua crescita. Vivian Zhang si occupa dei diversi livelli dei nostri corsi di formazione, integrando la sua esperienza diretta di coltivatrice di tè alle nozioni teoriche codificate dai programmi formativi cinesi.

Già dalle prime edizioni abbiamo notato un grande interesse verso il mondo del tè e dell’infusione in stile orientale, e dopo cinque anni di attività possiamo confermare la crescente attenzione del mercato occidentale per il tè.

Gli studenti cinesi hanno come vantaggio la presenza del tè nella loro quotidianità, ma i nostri studenti europei e americani ci hanno sorpreso con un’attenzione minuziosa per i dettagli e il confronto con le eccellenze tipiche del loro territorio: non di rado parliamo di tè con termini paralleli ai settori dell’enologia o del caffè.”

Come mai avete deciso di aprire una vostra sala da tè a Milano, come riuscite a gestirla a distanza e come vedete il mercato italiano del tè, a livello di consumo, consapevolezza e prezzi?

La sala da tè (foto concessa)

“La sala da tè di Milano nasce sia dal desiderio di incontro e confronto diretto con i nostri clienti occidentali, sia dall’assenza, 5 anni fa, di professionisti in grado di gestire le difficoltà di un’importazione dalla Cina, e di consegnare il prodotto finale nelle mani del consumatore istruendolo sulle corrette modalità di utilizzo. Il tè è un prodotto complesso e stratificato, dove la qualità del servizio va a rendere soffusa la filiera del trasporto. E il trasporto emotivo va così a nascondere quello fisico, non però meno importante e ricco di sfide.

Così come la recente rivoluzione dello specialty coffee pone maggiore attenzione sulle modalità di estrazione, allo stesso modo vendere tè significa anche istruire il mercato ad utilizzare le giuste temperature, i giusti tempi, e i modi più corretti per degustarlo. La competenza tecnica che parte dal produttore non si ferma quindi al negozio, ma continua con il cliente, e termina solo con l’infusione, giudice finale della qualità del tè, che per essere imparziale deve rispettare regole precise.

Abbiamo scelto il mercato italiano non perché presentasse maggiore conoscenza o consapevolezza sul tè rispetto ad altri mercati, ma perché abbiamo ritrovato una maggiore attenzione per la qualità, e una maggiore disponibilità a riconoscerne il valore e pagarne il prezzo.

Milano, in particolar modo, si dimostra tuttora ricettiva verso le nuove esperienze gastronomiche, pur mantenendo viva la tradizione culinaria locale. Anche tenendo gli occhi ben fissi verso le eccellenze del made in Italy, è in grado di tendere una mano verso le innovazioni provenienti dall’estero.”

Come si struttura la vostra rete e come garantite l’approvvigionamento costante dei vostri tè che crescono senza un grosso controllo da parte vostra?

“Il nostro principale obiettivo e punto di forza è dare voce ai produttori diretti, e raccontare la loro storia. Rimarchiamo che il tè è un prodotto complesso, la cui qualità si determina innanzitutto dalla bravura del tea master, dalle condizioni di crescita della pianta, e da tutto quell’insieme di condizioni ambientali, tecniche, e di know-how che possiamo riassumere nel termine “terroir”, già reso famoso dal mondo dell’enologia.

Tuttavia, questo non basta: il consumatore è attore e partecipatore diretto nella realizzazione di un’ottima tazza di tè. Per questo investiamo molte delle nostre risorse in specifici corsi di formazione, ed offriamo completa trasparenza sull’origine dei nostri prodotti.

Ciò si rende ancora più necessario considerando che la storia del tè, nel periodo post-coloniale, è sempre stata narrata dai dealers, e la voce del produttore si è fatta negli anni sempre più flebile. Questo non suggerisce la sostituzione completa della figura del dealer, che è altrettanto importante nel panorama della diffusione del tè nel mondo, ma in un cambio di prospettiva: il professionista del tè diventa mediatore culturale.

Dopo il periodo di Riforma e Apertura operato da Deng Xiaoping a cavallo tra gli anni ’70 e ’90, la Cina si è resa disponibile a partecipare al dialogo internazionale, ma si è spesso ritrovata senza le parole per esprimersi e farsi comprendere, ancorata ad un’identità sempre più sbiadita.

Il compito del professionista del tè è quindi la traduzione culturale – ben diversa dalla semplice traduzione linguistica – per dare nuova luce alle foglie di tè e a chi se ne prende cura ed è in grado di trasformarle in un prodotto dal valore culturale inestimabile.

La nostra rete si fonda quindi su un rapporto diretto con il produttore e con il consumatore, che è l’unico vero artefice dell’ultima espressione qualitativa dei nostri prodotti.

Ricopriamo direttamente tutta la filiera, dal tè, prodotto nelle foreste di alberi selvatici dello Yunnan; alle ceramiche di Dehua e Jingdezhen, patria mondiale della ceramica, ed alle teiere Yixing, il cui valore aumenta di pari passo con la sempre più rara disponibilità della preziosa argilla porosa di cui sono composte.

E nella sala di Milano serviamo inoltre menù di degustazione, che rafforzano il rapporto diretto con i consumatori, sempre più appassionati.

Le importazioni dalla Cina all’Italia vengono sempre gestite a seconda della stagionalità, un concetto fondamentale ma spesso offuscato da una globalizzazione onnipresente che ci fa perdere di vista il rapporto con i ritmi naturali.

I volumi maggiori raggiungono la sala verso l’estate, dopo la produzione primaverile, la prima e più importante. Tuttavia, alcune tipologie di lavorazione, come la tostatura in alcuni tè wulong o la profumazione dei tè floreali avvengono in estate, e il nuovo raccolto raggiunge l’Europa in autunno.

Questo vale anche per i tè che selezioniamo da altri coltivatori cinesi, con cui abbiamo sempre un rapporto diretto di fiducia e rispetto, e che visitiamo annualmente nei nostri Tea Tour, per condividere le esperienze sulle nuove stagioni, e per portare in visita i nostri clienti, garantendo la massima trasparenza.”

Il cambiamento climatico ha qualche impatto sulla vostra produzione?

“Il cambiamento climatico ha ormai permeato completamente il nostro mondo, tanto che sarebbe impossibile per noi dire che in 10 anni di attività tutto sia rimasto come prima.

Gli ultimi 4 anni però sono stati particolarmente singolari, e la scommessa del raccolto, che differisce di anno in anno e riserva sempre qualche sorpresa, è ormai quasi completamente imprevedibile. Nel 2020, quando tutto il mondo sembrava essersi fermato, gli stessi alberi da tè crescevano a un ritmo più lento, e una stagione particolarmente secca ci ha lasciato poche foglie, ma di ottima qualità.

La stagione successiva, in cui a un iniziale periodo secco si sono alternate le tipiche piogge di stagione, ci ha fatto quasi dimenticare quanto accaduto l’anno precedente. Dopo il 2022, annata piovosa che ci ha donato dei tè dal sapore particolarmente maturo per la loro giovane età, le piogge sono diminuite sempre di più, fino ad arrivare all’ultimo raccolto di marzo 2024, il più secco finora.

Nonostante, a livello qualitativo, abbiamo raggiunto complessità aromatiche finora inespresse e una dolcezza zuccherina inaspettata in tè di primo raccolto, i quantitativi di foglie disponibili per la produzione sono sempre minori, e nel lungo periodo la sopravvivenza dei nostri alberi antichi sarà posta in serio pericolo.”

Attraverso quale filiera o rete siete riusciti a immettere nel mercato i vostri tè e come si traduce in termini di volumi prodotti in media all’anno e in termini di fatturato?

“Oltre alla vendita diretta, è sicuramente fondamentale il rapporto con altri negozi specializzati, ma anche con il settore horeca, dove il tè ha ancora un ruolo marginale ma si sta sempre più facendo spazio tra le richieste di alternative analcoliche che possano valorizzare i piatti, o nella ricerca di nuove esperienze sensoriali.

Negli ultimi anni sentiamo sempre più vivo l’interesse delle scuole professionali e di alta ristorazione, e notiamo con piacere una sempre maggiore integrazione di moduli dedicati al tè nella loro offerta formativa, una grande lacuna che grazie a diverse realtà leader di settore si sta finalmente sanando.

Questo giova non solo ai volumi di fatturato, che dopo le prime difficoltà poste dal 2020 sono duplicati, ma anche alla creatività nella nostra produzione, che è ora in grado di raggiungere nuove frontiere di complessità aromatica grazie ad un mercato sempre più pronto ad accoglierle.

Ciò si traduce inoltre in un maggiore interesse dei produttori asiatici verso il mercato occidentale, che finora non è riuscito a raggiungere l’attenzione e i livelli di qualità pretesi dai mercati interni, i quali storicamente hanno assorbito le qualità di tè più elevate.”

Qual è il vostro principale mercato e verso dove vorreste spingervi nei prossimi anni?

“Attualmente ci stiamo concentrando sull’Europa, dove prestiamo grande attenzione alla partecipazione ai festival di settore, come il Berlin Tea Festival, a cui abbiamo partecipato come espositori per anni, ma anche a nuovi eventi come il Festival del tè di Bruxelles.

Un altro impegno attuale consiste nel riavvicinare il mondo occidentale al rapporto diretto
con la Cina, e i nostri fondatori sono costantemente in viaggio per accompagnare i nostri ospiti in diverse province cinesi alla scoperta dei vari modi di coltivare e vivere il tè.

In futuro continueremo ad approfondire il rapporto con i settori della ristorazione, dell’enologia e della caffetteria, che sono gli attuali motori della definizione delle nuove esperienze di sapore e i futuri protagonisti della diffusione della cultura del tè al di fuori della sua nicchia.

Ci auguriamo così di approcciarci a un Occidente più ricco di professionisti in grado di costruire una filiera ancora più solida del tè di qualità, e di esportare i nostri corsi di formazione in diverse città europee, per poi spingerci verso grandi mercati come Asia e Stati Uniti.”

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