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Domori in nero per la prima volta in 20 anni: utili a 22 mila € e ricavi per 19,5 mio

Il segreto dei conti in ordine? Nel corso del 2019 la società ha intrapreso un percorso per accentuare la propria visibilità attraverso un ampliamento di gamma in linea con i nuovi trend dei mercati globali, un packaging sempre più eco compatibile, una crescita dell’e-commerce, una comunicazione social sempre più incalzante e costante in Italia e su alcuni mercati esteri

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MILANO – Novità all’interno dell’universo illy: Domori l’azienda del Gruppo famoso per la produzione di dolci a base di cioccolato di alta qualità per la prima volta in più di vent’anni torna in utile. Ricordiamo che l’ultima notizia che aveva riguardato questo marchio era stata quella relativa all’integrazione tra Domori e Prestat, il brand di cioccolato inglese fornitore della Casa Reale, entrato a far parte del Gruppo Illy nel mese di marzo. Ora, i numeri sono finalmente cresciuti, frutto delle strategie attuate in questi anni, con l’entranta dell’azienda all’interno del Polo del Gusto. Leggiamo i dettagli dal torino.corriere.it.

Domori vede premiati gli sforzi

Il Criollo è un cioccolato che al palato si definisce «rotondo», cioè privo di difetti, ma è anche una varietà che non ha bisogno di zuccheri o altri aromi, proprio per la sua aromaticità. Da oggi però ha una qualità in più e mette di buonumore. Sicuramente l’amministratore delegato di Domori, che del Criollo ha fatto il suo punto d’onore e che è arrivata a festeggiare, dopo oltre vent’anni, il suo primo bilancio «in nero», vale a dire raggiungendo la zona utili.

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«Abbiamo rinnovato i prodotti e il packaging, sposato i social network, migliorato la linea di produzione e investito sull’estero, operato sinergie nei portafogli dei nostri commerciali», risponde Andrea Macchione quando gli si chiede come ha fatto.

Il ceo è arrivato nell’aprile del 2018 e dopo due anni, a fronte del risultato, ha già scandito le prossime tappe

Due emissioni obbligazionarie e da ultimo lo sbarco a Piazza Affari. Un bel coronamento per l’azienda torinese del cioccolato nata nel 1993 dalla mente di Luca Franzoni (oggi presidente) e dal 2006 entrata nell’orbita del Gruppo Illy: oggi per la precisione fa parte della subholding «Polo del gusto» in cui sono confluite tutte le attività extra-caffè del big triestino della tazzina.

«Quando ho preso posto come ceo l’azienda fatturava 16,5 milioni con un Ebitda negativo per 300 mila euro e un milione di perdite — racconta Macchione —. Nel 2018 i ricavi sono saliti a 18,3 milioni, l’Ebitda è tornato positivo a 80 mila euro. Ma le perdite erano di 400 mila euro. Solo nel 2019 abbiamo riportato l’utile, a 22 mila euro, mentre il giro d’affari si è attestato a 19,5 milioni e l’Ebitda è salito a 660 mila euro».

Non va dimenticato che a marzo 2019 Domori ha acquisito l’inglese Prestat

«il cioccolato della regina», sancendo l’ingresso della società di None con le sue praline nel mercato britannico. Considerando Prestat a perimetro, il fatturato di Domori arriverebbe a 28 milioni di euro, specifica Macchione.

Il segreto dei conti in ordine? Nel corso del 2019 la società ha intrapreso un percorso per accentuare la propria visibilità attraverso un ampliamento di gamma in linea con i nuovi trend dei mercati globali, un packaging sempre più eco compatibile, una crescita dell’e-commerce, una comunicazione social sempre più incalzante e costante in Italia e su alcuni mercati esteri (come Stati Uniti e Regno Uniti).

Oltre che il consolidamento della fotografia come mezzo di espressione principale «e poi abbiamo supportato la rete vendita di 110 agenti in Italia: Domori nel 2018 aveva venduto per 7,2 milioni di euro, nel 2019 per 8,5 milioni vale a dire +17%-. Ora abbiamo puntato sulla Cina e abbiamo un bel progetto per gli Stati Uniti».

Dopo che alcune indiscrezioni volevano la famiglia Illy ragionare su un riassetto della sub-holding con nuovi soci finanziari, per Domori, come aveva preconizzato Riccardo Illy, si sta definendo la strada verso i listini (l’altro marchio del Polo del usto che sarebbe stato valorizzato da una quotazione era il tè di Dammann Frères).

«Ho confidenza con il mercato finanziario», rivela Macchione

Che ha lavorato in Banca Sella, Intesa Sanpaolo e Banca Intermobiliare per poi approdare al cda di Eataly Distribuzione e infine in Nutkao. «Ma l’avvicinamento deve essere graduale, per questo abbiamo calendarizzato due minibond, essendo una srl, con un taglio minimo da 50 mila euro».

L’emissione doveva avvenire nel secondo semestre del 2020, ma l’epidemia Covid-19 ha spostato la data verso la fine dell’anno o, nel caso di persistente turbolenza economica, a inizio 2021. «Invece di una emissione a 6 mesi e poi una a 12, prevediamo di farne una a 12 e poi una a 5 anni — ragiona l’ad —. Se il 2021 parte come un anno normale, di lì a cinque anni si apre la finestra per la quotazione all’Aim, il segmento delle pmi di Borsa Italiana-. Vorremmo cambiare la location del nostro stabilimento per accorpare logistica e produzione e agevolare il decollo dei nostri volumi, anche prima dello sbarco a Piazza Affari».

Nel frattempo, nonostante il Coronavirus si faccia sentire anche tra il cioccolato, le vendite per l’«en primeur» hanno registrato sold out

Domori, come i produttori di vino della Borgogna, ha consentito di prenotare tre varietà di cacao destinate a diventare cioccolato prima della raccolta delle fave.

«Quest’anno ripeteremo la struttura delle tavolette numerate su tre monoorigini e lanceremo una nuova linea di blend Criollo, un nuovo progetto per allargare la conoscenza dei nostri prodotti tra i nostri clienti». Le vendite al momento zoppicano un po’, «ma l’investimento nell’e-commerce si è rivelato giusto e ha consentito di avere un marzo meno doloroso».

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