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Crisi: il quadro dell’Unioncamere sulle aziende in affanno, “Più dura per i piccoli e c’è Una strage di bar: in Italia chiude il 7%”

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MILANO – Si allarga, con la crisi, la forbice tra supermercati e piccoli negozi. Mentre i primi, in 4 casi su 10, prevedono di aumentare le vendite nell’ultimo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente, confidando nelle vendite natalizie, i piccoli sono convinti che nemmeno il consueto scambio di regali porterà benefici al settore. È quanto emerge dalla periodica indagine congiunturale effettuata dal Centro studi di Unioncamere.

Le attese sono ancora negative anche per le imprese industriali, a causa di una contrazione ulteriore delle vendite in Italia solo in parte bilanciata dalla sostanziale tenuta dell’export.

Nel mercato domestico e nella evidente contrazione dei consumi continuano infatti ad annidarsi le maggiori criticità per le nostre imprese, soprattutto per quelle di più piccole dimensioni (come nel caso della filiera turistica, dove per la fine dell’anno non sono attesi miglioramenti), tanto da far emergere una situazione di disagio che potrebbe ulteriormente colpire le regioni economicamente più fragili del Paese, sottolinea Unioncamere.

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Le imprese industriali, prosegue Unioncamere, prevedono per la fine del 2012 un ulteriore peggioramento del contesto. Per quasi tutti gli indicatori monitorati resta ancora negativo il saldo fra la quota di imprese con attese di crescita e quella relativa a una ulteriore flessione.

Tuttavia, la quota degli ottimisti prende in alcuni casi a risalire, specialmente per gli ordinativi esteri, dove emerge un saldo positivo (4,8 punti) sia per le piccole, ma di entità più attenuata (2,1), che per le medio-grandi (6,3) imprese.

Non riacquista il terreno positivo, invece, l’outlook in termini di produzione e fatturato, anche se i rispettivi saldi (-11,2 e -9,5) sembrano segnalare una contrazione inferiore rispetto ai trimestri precedenti.

Le prospettive peggiori in termini di produzione e fatturato vengono espresse dal sistema moda, dal comparto metallurgico e da quello del legno-arredo. Più attenuate ma pur sempre negative le attese per la meccanica, le altre industrie (comprendenti alcuni settori del made in Italy, come la gioielleria e la lavorazione di minerali non metalliferi) e il comparto chimico-farmaceutico.

L’alimentare e l’elettronica sono i settori in cui emerge più chiaramente l’ottimismo per le vendite del periodo natalizio (rispettivamente, +6,3 e +7,2 punti il fatturato), a fronte di un rallentamento della produzione, per la quale si esprimono aspettative sostanzialmente neutre.

Entrambi i settori, poi, attendono di ricevere un contributo rilevante anche dagli ordinativi esteri (+16,5 e 22,7 i saldi).

La sfiducia maggiore sul versante della produzione

Emerge nelle regioni settentrionali, con saldi peggiori della media nazionale. Invece, in termini di fatturato è il Sud e Isole ad aspettarsi un andamento particolarmente negativo delle vendite, seguito dal Nord Est.

Le regioni del Centro esprimono l’outlook migliore, sebbene negativo, rispetto a entrambi gli indicatori (-7,5 punti). Nel Centro, Sud e Isole e Nord Ovest si evidenziano previsioni in cui prevalgono le aspettative di aumento degli ordinativi esteri.

Il Nord Est è invece caratterizzato da un sostanziale equilibrio tra ottimisti e pessimisti in entrambe le classi dimensionali.

I risultati a consuntivo del III trimestre 2012 mostrano ancora pesantemente i segni della crisi del tessuto manifatturiero. Su base tendenziale la produzione flette del 6,9%.

Solo il portafoglio ordini esteri limita il calo allo 0,3% (nel confronto con il III trimestre 2011). E la diversa capacità di stimolo tra domanda interna e estera spiega anche la differenza tra l’andamento del fatturato totale (-6,8%) e quello estero (-0,5%).

Tutti i settori e tutti i territori condividono i ridimensionamenti degli indicatori monitorati

Le uniche eccezioni, di segno solo lievemente positivo, sono sperimentate dalle performance dell’export in alcuni settori del made in Italy. Come l’alimentare, il sistema moda e il legno-arredo, e nella chimica. E, tra i territori, dal Nord Est.

Per quanto riguarda il commercio, l’avvicinarsi della fine dell’anno non risolleva complessivamente le prospettive delle imprese commerciali. Questo rispetto al III trimestre (-11,9 punti il gap tra ottimisti e pessimisti). Ma ripropone un differenziale tra le previsioni degli operatori con più di 20 dipendenti e quelli più piccoli (rispettivamente, +31,1 e -28,6 punti).

La distanza nelle prospettive tra le classi dimensionali è particolarmente profonda tra i dettaglianti no-food e la Gdo; per quest’ultima, in particolare, le attese per le vendite legate alle festività sono decisamente positive. Con oltre la metà delle imprese che punta a realizzare aumenti.

Differenziate le previsioni su scala territoriale: il Nord esprime previsioni migliori della media nazionale (-4,7 Nord Ovest e -9,5 Nord Est), mentre al Centro-Sud le prospettive si mantengono peggiori (-15,5 Centro e -16,9 Sud e Isole).

Il consuntivo del III trimestre 2012 su base tendenziale per il commercio è in drastico calo: le vendite perdono l’8,3%. I dettaglianti di prodotti non alimentari subiscono un ridimensionamento del fatturato di oltre il 10%, mentre la Gdo riesce a contenerlo nell’ordine dell’1,5%.

A fronte di una maggioranza di operatori che puntano sulla stabilità dei risultati per il IV trimestre rispetto al III, emerge uno squilibrio a favore dei pessimisti di 12,1 punti, frutto di un sentiment negativo per la generalità delle imprese.

I settori che si attendono criticità più pesanti sono la filiera del turismo (-52,4) e i servizi alle persone (-17,7), mentre Ict e servizi avanzati vedono prevalere le attese di aumento.

I giudizi sul trimestre finale del 2012 sono particolarmente negativi per il Sud e Isole. Nelle regioni del Centro, invece, le previsioni hanno un tono meno fosco.

In linea con la media nazionale le regioni del Nord.

Il consuntivo del III trimestre 2012 per gli ‘altri servizì evidenzia un calo del volume di affari su base tendenziale del 4,8%, frutto di differenze tra piccoli (-5,6%) e medio-grandi (-3,4%) operatori più contenute rispetto a quanto emerge per il commercio.

Tuttavia il segno negativo accomuna tutti i settori e tutte le classi dimensionali, con perdite vicine al 7% per la filiera turistica e le mense e servizi bar, mentre i cali sono meno marcati della media nei servizi avanzati (-3,0%), nella logistica (-3,3%), nell’Ict (-4,5%) e nei servizi alle persone (-4,6%), conclude Unioncamere.

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