giovedì 11 Aprile 2024
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Godina: «Coca-Cola Plus Espresso per meditare sul futuro del caffè»

Il lancio della Coca-Cola al gusto di espresso è lo spunto per una riflessione di Andrej Godina sull'essenza e sul concetto di caffè all'italiana a fronte dei recenti trend di mercato

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MILANO – La nostra notizia edella scorsa settimana sul lancio di Coca-Cola Plus Café Espresso in Brasile, primo produttore al mondo di caffè e secondo consumatore dopo gli Stati Uniti, ha provocato molte reazioni. In particolare abbiamo ricevuto e pubblichiamo questo contributo di Andrej Godina.

di Andrej Godina

In questi ultimi giorni ero in Toscana, a Pistoia e durante una chiacchierata con un torrefattore di zona abbiamo condiviso qualche pensiero sulla notizia del lancio in Brasile da parte di Coca-cola della bevanda “PLUS café espresso” in lattina.

Dopo aver letto la notizia pubblicata su Comunicaffè e aver dato un’occhiata ad alcuni canali social di operatori di settore siamo arrivati a 3 considerazioni che, spero, possano essere utili spunti di ragionamento.

Primo: cos’è l’espresso?

Il primo punto su cui ci siamo confrontati, prima di affrontare la notizia “Coca-cola” è stato cercare di rispondere alla domanda “cos’è l’espresso?”, una domanda apparentemente semplice e di banale risposta ma che in realtà offre uno spunto nuovo di pensiero e ridefinizione. Oggi la definizione di espresso non è più una sterile ricetta; ovvero i tradizionali numeri inerenti i parametri di preparazione 7 grammi di dose, temperatura dell’acqua 88-92°C, 20-30 secondi di erogazione, 20-30 ml di volume in tazza. Ma è qualcosa di più. La definizione di espresso parte dal risultato in tazza e deve tenere in considerazione il pensiero e il trend creato dalla nuova community che persegue le linee guida dello specialty coffee e che ha superato e (ahimè) oltrepassato la ormai obsoleta citata ricetta.

Per definire l’espresso è necessario ripartire prendendo in considerazione la tazzina: l’espresso è una bevanda bifasica composta da una porzione di liquido scuro sovrastata da una porzione di schiuma con caratteristiche precise di colore, tessitura, consistenza e persistenza. L’espresso offre agli organi di senso un’eccezionale complessità aromatica, un equilibrio piacevole tra i gusti acido, dolce e amaro, un corpo intenso con caratteristiche qualitative positive, un retrogusto piacevole e di lunga durata. Tutto questo è ottenibile in fase di erogazione derogando dalla tradizionale vecchia ricetta dell’espresso.

Secondo: il termine espresso genera confusione

Premessa la citata definizione di espresso il lettore, credo, non può fare altro che concordare con me. Che cioè l’utilizzo del termine espresso sulla lattina di bevanda venduta da Coca Cola “plus café espresso” non può fare altro che creare confusione. Nel consumatore e in qualche modo nel mondo del caffè. In quanto si utilizza quale termine che descrive in in modo approssimato una caratteristiche sensoriale della bevanda, che sia una descrizione aromatica o di flavour?

Se è così “esattamente cosa si intente per espresso quale etichetta descrittiva; applicata a una bevanda in lattina che certamente non è stata preparata con il metodo espresso?

Tra i vari commenti visti sui social network di operatori di settore qualcuno ha definito questa decisione di Coca-cola di utilizzare il termine espresso come un traguardo positivo. raggiunto dal sistema caffè espresso Italiano quale riconoscimento che questo sia l’evidenza che l’espresso è un trend internazionale. A mio parare è esattamente il contrario.

Terzo: il caffè espresso italiano è morto?

La mia personale lettura di questa notizia? Può essere la definitiva evidenza che il tentativo della filiera dell’espresso italiano di rivendicare la paternità e il marchio dell’espresso come noi tutti lo conosciamo non ha funzionato. L’evidenza che a livello internazionale l’espresso non è più una bevanda con determinate caratteristiche; quelle che si ottengono con un ben predeterminato metodo di estrazione. Ma in realtà può essere anche molto più semplicemente una caratteristica sensoriale di una bevanda. E questo rende la mia convinzione più concreta.

E per finire mi chiedo, l’espresso Italiano è davvero mai esistito? Se penso alla tazzina di caffè espresso che in Italia si beve a Napoli (predominanza di caffè Robusta, tostatura ultra scura, volume di tazza di 10-15 ml): E quella che si beve a Bolzano (predominanza di Arabica, tostatura chiara, volume di tazza 25-30 ml), entrambe città italiane, è possibile racchiuderle in un’unica convincente definizione omnicomprensiva?

Lascio quindi al lettore trarre le proprie personali considerazioni e risposte alle domande emerse in questo mio breve intervento.

Andrej Godina

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